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Buoni cointestati a soggetto defunto: il rebus della riscossione

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CPFR”: questo acronimo, che compare sul fronte dei buoni postali collocati mediante modulo cartaceo fino alla fine degli anni ’90 è in realtà una clausola contrattuale che attribuisce a ciasuno dei cointestatari il diritto di richiedere il rimborso del titolo o, meglio, il diritto di rivenderlo all’emittente che, simmetricamente, si è obbligato a riacquistarlo.
Con riguardo ai buoni postali ancora fruttiferi e non prescritti al 30 luglio 1999 (data di promulgazione del D.Lgs. n. 284/99 che ha abrogato la disciplina qui esaminata), si è posto il problema di capire se, in caso di sopravvenuto decesso di uno dei cointestatari, tale diritto rimanga inalterato in capo agli altri o se  il suo esercizio a cura dei superstiti sia subordinato alla preventiva raccolta del consenso degli eventuali coeredi del defunto.
Due le risposte che, allo stato, sono emerse dall’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale.
Da un lato c’è chi sostiene che sia necessaria la preventiva quietanza degli eventuali altri eredi del defunto, in applicazione degli artt. 187 dpr 156/73 e 203 Dpr 256/89 (norma che consente l’applicabilità ai buoni postali delle regole dettate per il rimborso dei libretti cointestati a defunto) – in questo senso da ultimo Cass. ord. 11137/2020 -.

Dall’altro chi sostiene che il rimborso debba avvenire a semplice richiesta di uno dei superstiti ai sensi degli artt. 178 DPR 156/73 e 208 dpr 256/89 – in questo senso, CA Milano sent. 2527/2020;  ABF coll. coord. 22747/2019 -.

Per la rassegna delle argomentazioni a favore dell’una o dell’altra tesi si rinvia all’articolo: Rimborso dei buoni postali in caso di morte di un cointestatario.

Pare invece utile evidenziare un ulteriore aspetto poco – o nulla – indagato dalla giurisprudenza sino ad ora formatasi in argomento e, invece, valorizzato dall’ABF in quanto assorbente sul resto.

La legittimazione alla richiesta di rimborso sussistente in capo a tutti e ciascuno dei contitolari del buono si esaurisce con la morte del soggetto che la detiene e, diversamente dal diritto di credito, non è suscettibile trasmissione mortis causa.

Posto che i buoni postali sono, appunto, titoli di legittimazione e non di credito (Cass. 2005, Cass. n. 13979/2007, Cass n. 3963/2019), la morte di uno dei contitolari consolida la legittimazione al rimborso in capo agli altri, senza coinvolgere gli eventuali eredi del defunto.

Per questo motivo l’esecuzione delle operazioni di rimborso  non può essere subordinata alla preventiva raccolta della quietanza degli eredi, trattandosi di soggetti estranei a questo profilo ed interessati al solo diritto di credito fondato non già sul buono postale, ma sul contratto di deposito fruttifero ad esso sotteso.

Lo scopo perseguito è quello di preservare l’immediata liquidabilità del titolo quale caratteristica specifica dell’investimento postale e non quello di tutelare gli eventuali eredi del contitolare defunto che, se del caso, potranno regolare la questione successoria con il contitolare eventualmente negligente che avesse omesso di informarli dopo aver riscattato i buoni.

Rifiutando il rimborso ai titolari superstiti sprovvisti del benestare all’incasso degli eredi, l’intermediario subordina l’esercizio del diritto al rimborso alla realizzazione di  finalità estranee alla norma, ossia da un lato la tutela dei terzi e, dall’altro, quella di proteggersi dall’eventuale coinvolgimento in vicende processuali innescate dagli eredi del defunto, per così dire, “pretermessi”.

In questo contesto, il titolare superstite che si veda negare il rimborso di buoni postali cointestati a soggetto defunto, ben potrà trovare tutela rivolgendosi all’ABF.

Si deve rilevare, però, che a differenza di una sentenza emessa dalla giurisdizione ordinaria, la decisione resa dall’ABF non è suscettibile di esecuzione forzata e, anzi, la parte – intermediario o risparmiatore – in disaccordo con quanto disposto, ha la facoltà di non adeguarsi alla decisione e, cioè, di non adempiere al pagamento se intermediario, o di adire la giustizia ordinaria, se risparmiatore che si vede respingere un ricorso.

Fatto salvo il diritto di entrambe le parti di rivolgersi al giudice, l’effetto decongestionante del sistema giustizia  perseguito con l’istituzione dell’ABF fa leva sulla natura tecnica ed altamente qualificata della decisione, non sempre garantita, invece, della sentenza ordinaria stante la formazione a-specifica dei giudici spesso assegnatari dei fascioli in materia.

Ciò costituisce una forma di moral suasion, ossia di “spinta gentile” tesa a spronare l’intermediario soccombente ad adempirere e il risparmiatore perdente a desistere dal proseguire in sede giudiziale, così circoscrivendo gli strascichi della vicenda all’ambito della procedura avanti l’ABF.

Si deve rilevare, tuttavia, una recente inversione di tendenza da parte degli intermediari aderenti soccombenti che, anche in tema rimborso buoni postali, non solo dichiarano di non voler adempiere alla decisione, ma giustificano tale inadempimento facendo leva sul contrasto esistente tra quanto decisio dall’ABF e quanto stabilito dalla giurisprudenza in casi analoghi.

Tale prassi, riconoscendo la preminenza della decisione giudiziale sebbene atecnica, ha l’effetto immediato e diretto non solo di delegittimare il ruolo dell’ABF quale organismo altamente specializzato, ma anche di onerare il risparmiatore vittorioso ad intraprendere la strada della vertenza giudiziale.

È poi altrettanto chiaro che i rischi e costi connessi all’avvio dell’iniziativa giudiziale costituiscono un efficace deterrente per il risparmiatore su cui l’intermediario inadempiente non può non contare.

Il risultato pratico è un diniego di tutela, che riporta la situazione dell’utente dei servizi bancari (e banco posta equiparati ai primi) al periodo ante 2009, ossia precedente all’istituzione dell’ABF , quando era costretto, per così dire, a “combattere ad armi ìmpari”.

Non si può, dunque, che confidare in una immediata e tempestiva reazione corale da parte di Banca d’Italia, MEF, Ministero della Giustizia e Parlamento perchè, ciascuno per le proprie competenze, intervengano al fine di arginare questo “ritorno al Medioevo”.


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