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1° Maggio. Basta morti bianche, rimettiamo il lavoro al centro della politica e della democrazia

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Per il ministro del lavoro, Andrea Orlando, “non esiste una correlazione diretta con l’indice di disoccupazione o con l’andamento dell’economia, non è vero che diminuendo il lavoro, cala il numero degli infortuni, e viceversa. Gli incidenti non sono il prezzo della crescita o il frutto della decrescita economica, ma sono correlati alla legalità del lavoro”

di redazione

Morti sul lavoro, continua la strage infinita. In Italia si registra una media di almeno tre morti al giorno sul lavoro. Nel 2021 sono state 1221 le morti ufficialmente denunciate.  Si muore nelle fabbriche, nei cantieri, nei campi, per le strade. Il presidente Mattarella ha definito i continui infortuni sul lavoro “scandalosamente gravi” e lo scandalo consiste nel fatto che dietro ogni incidente ci sono sempre precise responsabilità, che lo Stato ha il dovere di individuare e di sanzionare in modo esemplare. E, soprattutto, compito dei governanti è quello di prevenire, lavorando sulla formazione e sui controlli.

Dai dati resi pubblici dall’Inail relativi al primo trimestre di quest’anno emerge un aumento del numero delle donne morte sul lavoro. Se nei primi tre mesi del 2021 hanno perso la vita 14 lavoratrici e 171 lavoratori, quest’anno sono già 24 donne e 165 uomini.

Non tutti gli infortuni, naturalmente, sono mortali. Nel 2021 le denunce d’infortunio sono state complessivamente 555.236 (+0,2% rispetto al 2020). Nel primo trimestre di quest’anno si registra un ulteriore aumento rispetto allo stesso periodo del 2021 sia degli incidenti non mortali avvenuti sul posto di lavoro, cresciuti da 115.286 del 2021 a 176.545 del 2022 (+53,1%), sia di quelli in itinere, che si sono verificati durante la percorrenza da casa al lavoro e viceversa, passati dai 13.385 del 2021 ai 17.561 del 2022 (+31,2%).

A tutto marzo di quest’anno le denunce di infortunio nei comparti industriali e dei servizi sono aumentate del 46,6%  (dai109.662 casi del 2021 ai 160.813 del 2022),  nel comparto statale si è registrato addirittura un incremento degli infortuni del 109,1% (da13.118 a 27.427), mentre in agricoltura si è visto un calo dello 0,4% (da 5.891 a 5.866).

I casi di infortunio sul lavoro sono aumentati in tutte le regioni italiane, ma il Sud, come sempre, paga il prezzo più alto, con un aumento dei decessi del 64%, il record degli infortuni spetta alla Campania con un + 116,2%. Nel Nord-Ovest l’incremento è stato del 63,4%, nelle Isole del 60,7%, al Centro del 51,3%. Più ridotta l’incidenza dei casi nel Nord-Est, che comunque registra un incremento degli infortuni del 31,8%.

La fascia d’età più colpita, quasi la metà dei casi, è quella compresa tra i 40 e i 59 anni.

Né vanno dimenticate le patologie di origine professionale, sempre in aumento, Dai dati Inail relativi al primo trimestre dell’anno risultano denunce in tal senso presentate da 14.517 tra lavoratrici e lavoratori (in tutto il 2021 le denunce sono state 55.288, +22,8% rispetto al 2020). Le malattie professionali si manifestano spesso con processi lenti e progressivi sull’organismo dei lavoratori. Sono malattie contratte provocate il più delle volte da lavorazioni rischiose o dal rischio ambientale insito nell’ambiente in cui si svolgono le lavorazioni.

Da marzo 2020 a dicembre 2021 sono 191.046 le denunce di infortunio sul lavoro provocate dal Covid-19. I lavoratori deceduti per avere contratto il Covid 19 sul posto di lavoro sono state 811, nel 2020 una persona su tre è morta avendo contratto il Covid-19 sul luogo di lavoro, nel 2021 invece una su sette. Nel perido peggiore della pandemia  la categoria più colpita dai contagi contratti sul lavoro è stata quella dei tecnici della salute (37,4% delle denunce, di cui tre quarti relativi a donne). Di queste denunce l’82,6% ha riguardato gli infermieri, il 17,9% gli operatori socio-sanitari, l’8,6% i medici, il 6,7% gli operatori socio-assistenziali, il 4,8%, gli impiegati amministrativi e il 4,7% gli ausiliari, i portantini e i barellieri. Percentuali più basse riguardano pure  gli addetti ai servizi di pulizia (2,2%), i conduttori di veicoli (1,3%), gli impiegati addetti al controllo di documenti e allo smistamento e recapito della posta (1,0%), gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (1,0%) e i docenti (0,9%).

Come ha rilevato lo stesso ministro del Lavoro, Andrea Orlando, gli infortuni sul lavoro, il numero di vittime è purtroppo assolutamente inaccettabile per la coscienza collettiva di questo Paese. “Gli infortuni pesano sul Pil nella misura del 2,6%, gravando sul sistema sanitario, previdenziale, assicurativo, amministrativo e giudiziario, pesando sull’economia sana e lo stato sociale”. “Osservando la curva degli infortuni sul lavoro negli ultimi trent’anni – ha detto poi il ministro Orlando parlando in Senato davanti alla commissione di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia – si nota che non esiste una correlazione diretta con l’indice di disoccupazione o con l’andamento dell’economia, non è vero che diminuendo il lavoro, cala il numero degli infortuni, e viceversa. Gli incidenti sul lavoro non sono il prezzo della crescita o il frutto della decrescita economica, ma sono correlati alla legalità del lavoro.”

“Gli infortuni aumentano – ha aggiunto il ministro – quando ci sono pochi controlli, maglie larghe nella contrattualistica, una più debole rappresentanza dei lavoratori. Queste linee rappresentano, pertanto, le direttrici su cui muoversi con urgenza e vanno accompagnate da un profondo lavoro culturale di educazione alla legalità perché il solo approccio repressivo non basta”

Ed era stato lo stesso ministro Andrea Orlando a dire, in un’altra occasione, che “Si dovrebbe smettere di chiamarle morti bianche perché ci sono sempre responsabilità dietro ogni incidente. La svalutazione del lavoro ha portato alla precarizzazione e a una crescita dell’insicurezza. Gli incidenti sono più frequenti nelle piccole imprese, dove ci sono condizioni di precariato e lavoro nero. Il lavoro va rimesso al centro della nostra azione politica e della nostra democrazia”.