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NATALE AL MUSEO. “L’Hotel des Roches Noires à Trouville” di Claude Monet (1870)

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di Gianni De Iuliis

L’HÔTEL DES ROCHES NOIRES À TROUVILLE – CLAUDE MONET (1870)

Tecnica: olio su tela; Dimensioni: 81×58,5 cm; Luogo: Musée d’Orsay, Parigi

Il più coerente e prolifico dei pittori impressionisti francesi. Sin da piccolo si manifesta il suo amore per la pittura. In particolare, il suo carattere libero, il suo carisma, la sua personalità forte, la sua idiosincrasia con le regole e la sua incompatibilità con gli spazi chiusi ne fecero uno studente non modello, ma in compenso un artista potenziale, amante degli spazi aperti, della vita en plein air. Così parlava di se stesso durante gli anni della maturità:

«Nella mia infanzia odiavo obbedire alle regole. Vivevo la scuola come una prigione e odiavo trascorrere il mio tempo lì, anche se per sole quattro ore giornaliere. Disegnavo ghirlande sui margini dei miei libri ed ero solito ricoprire la fodera blu dei miei eserciziari con ornamenti fantastici, o magari con raffigurazioni irriverenti dei miei insegnanti, soggetti a distorsioni estreme».

Uno dei momenti topici della sua biografia, che influenzò notevolmente la sua arte e la sua ispirazione, fu il servizio militare prestato ad Algeri. Visse in Africa uno dei momenti più gioiosi della sua vita. La capitale algerina lo affascinò e riuscì a soddisfare la sua curiosità culturale e la sua insaziabile sete di meraviglia, rafforzando la sua vocazione pittorica.

Al ritorno in Francia Monet visse un breve periodo a Parigi, ove nacque un’amicizia fraterna con Renoir e Pissarro. In tale periodo la sua arte era ormai definitivamente matura per una radicale svolta impressionistica. Tuttavia la piena maturità artistica fu raggiunta quando si trasferì ad Argenteuil, un piccolo villaggio che sorge lungo la Senna, di un certo interesse architettonico e storico. Quindi la vita di Monet fu un continuo girovagare tra Parigi e altre località francesi ed europee, sembra in cerca di nuova ispirazione, nuovi soggetti e nuove ambientazioni. Fra le mete più significative del suo girovagare la costa azzurra, Bordighera, Norvegia, Londra.

L’opera che proponiamo fa riferimento al periodo in cui Monet si trasferì, dopo il matrimonio, a Trouville, una cittadina che sorge lungo la costa normanna, all’epoca rinomata località di vacanza, ricca di stabilimenti balneari, hotel di lusso e casinò. I quadri di Trouville rappresentano le terrazze dei grandi alberghi sul lungomare, come l’appena costruito ed elegante Hôtel des Roches Noires, le spiagge affollate, ma soprattutto la gente di città che si trasferisce nelle località balneari in cerca di svago.

In questo quadro è rappresentato una parte del lungomare di Trouville, con a destra l’Hotel che dà il titolo all’opera. Lungo il tratto che separa l’oceano dall’albergo alcune figure eleganti, spensierate che si godono la vacanza. Monet adotta un taglio compositivo rivoluzionario e innovativo, simile alla fotografia. In altre parole l’osservatore sembra sbalzato immediatamente e fugacemente in una scena che sembra quasi fotografata casualmente, distrattamente. Infatti l’autore coglie spontaneamente la luce, il vento, i colori, le scene di vita come se si fosse girato di scatto e avesse per sbaglio fotografato quanto gli stava intorno in quel momento. Il risultato è ricercatamente un carattere della rappresentazione non ricercato, informale, spontaneo: infatti si vede sulla sinistra il pennone della bandiera che occupa inopinatamente il primo piano dell’intera scena, come se un fotografo principiante avesse sbagliato lo scatto.

Abbiamo scelto questa opera, una delle meno famose di Monet, poiché sembra rappresentare il senso più profondo dell’Impressionismo di Monet e della sua rivolta contro l’Accademismo. Forma e spazio erano i protagonisti dell’arte accademica, che faceva un uso costante della prospettiva e del chiaroscuro per elaborare un’opera documentaristica. Monet invece conferisce priorità alla luce e ai colori, abolendo la prospettiva geometrica. Rappresenta istintivamente, senza filtri artistici e intellettuali e quindi superando l’immobilismo accademico. Il risultato è un reale colto con spontaneità, freschezza, nella fugacità e nell’immediatezza dell’attimo. In questo senso l’arte di Monet richiama i procedimenti della fotografia, che coglie solo un’impressione senza documentare nulla. Ogni opera di Monet sembra proprio scaturire dalla dialettica tra oggetto e soggetto, cogliendo le percezioni che la realtà produce nella sensorialità dell’artista.