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Mesina in fuga a Orgosolo, paese che vuole dimenticare

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AGI – Graziano Mesina intuiva che stavolta non sarebbe andata liscia che quella condanna, l’ennesima, a 30 anni per associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, sarebbe stata confermata in Cassazione. Così l’ex ergastolano si era preparato a lasciare la casa della sorella Peppedda, che si affaccia sulla strada principale di Orgosolo (Nuoro) il suo paese, prima dell’arrivo dei carabinieri.

A 78 anni, sebbene stanco e rassegnato, l’ex Primula Rossa del Supramonte ha un’unica certezza: dopo oltre 40 anni di carcere, non vuole tornare dietro le sbarre. Viene descritto come un uomo solo, molto cambiato rispetto a quella scintilla e quel furore che hanno alimentato il suo mito di bandito, conteso dai media, fra i protagonisti di una quarantina di tesi di laurea in criminologia per le quali si era fatto intervistare, e richiamo irresistibile per decine di donne, anche se non in epoca recente.

Viaggio nel paese di Grazianeddu

Nelle strade di Orgosolo, in un giorno di fresco maestrale dopo una settimana di caldo infernale, il primo fine settimana di luglio si incontrano soprattutto turisti, anche stranieri, incantati dai circa 350 murales cui il paese deve la sua fama.

Gli oltre 4 mila abitanti sono ormai abituati ai visitatori, sanno stupirli con un’ospitalità d’altri tempi e temono che a causa del Covid-19 arriverà solo una minima parte dei 150 mila turisti che ogni anno, in media, si fermano nel paese, anche per godere della natura selvaggia dei dintorni.

Ci si imbatte in qualche giovane nei tanti bar coi tavolini all’aperto e negli anziani seduti a chiacchierare in piazza, a pochi passi dalla casa di Corso Repubblica dove ‘Grazianeddu’ ha trascorso l’ultimo anno dopo che sono scaduti i termini di scarcerazione.

‘Tzia’ Peppedda non abita piu’ con lui, da tempo: malata, è stata portata a Nuoro da una figlia che se ne prende cura. Anche alle altre sorelle, Antonia e Rosa, che vivono assistite da una figlia, nel centro del paese, non lontano dalla casa di Peppedda e di Graziano, la vecchiaia e gli acciacchi hanno portato il bisogno di ritirarsi e proteggersi, anche dall’ombra ingombrante del fratello e dei suoi guai con la giustizia.

Il taccuino della cronista si riempie di storie, di frammenti della personalità sfaccettata di ‘Grazianeddu’, racconti tutti rigorosamente anonimi, se si vuole comprendere davvero cosa rappresenti davvero Mesina per la sua comunità.

Fermo e gentile, non si lascia scappare niente neanche il parroco, don Salvatore Goddi, originario di Orune (Nuoro), tornato da tre anni a Orgosolo, dove aveva trascorso i suoi primi cinque anni da giovane sacerdote, dopo la sua ordinazione.

Ha una parrocchia gioiello, in cui luccicano le più numerose fra le sempre più scarse vocazioni del territorio. Invece, Orgosolo fa eccezione, con un diacono e giovani che si iscrivono alla facoltà di Teologia o in seminario.

Parla, invece, il sindaco, Dionigi Deledda, che preferirebbe soffermarsi sulla bellezza, indiscutibile, e sulle potenzialità del suo paese, più che ritrovarsi da giorni assalito dai giornalisti sulla storia del residente più conosciuto di Orgosolo o interpellato sul duplice raid vandalico che in una settimana ha messo fuori uso le telecamere della videosorveglianza davanti alla piazza principale del paese, a pochi passi dalla casa di Mesina.

Ma non si sottrae: “Umanamente è una vicenda che dispiace, ma la giustizia deve fare il suo corso”, spiega il primo cittadino, paziente e disponibile con tutti, sintetizzando le due anime del paese. C’è chi vuole bene a ‘Grazianeddu’ per la generosità di cui molti hanno goduto e c’è chi gli rimprovera di essere stato un cattivo maestro e di aver portato solo guai.

Sono tutti d’accordo, invece, sul carisma del personaggio, sul fascino che ha sempre esercitato sugli altri, anche se si era affievolito dopo che si era giocato la grazia ricevuta nel 2004 dal presidente della Repubblica quando, neanche 10 anni dopo, si era scoperto che era tornato a delinquere. “Ha avuto la sua occasione, l’ha gettata via”, si rammaricano i suoi compaesani, che nell’ultimo anno lo incontravano tutti i pomeriggi mentre attraversava Corso Repubblica, la strada principale del paese, per raggiungere la caserma e firmare.

Mesina non l’ha fatto il giorno della sentenza, non si è presentato dai carabinieri e non si è fatto trovare nella casa che condivideva con un nipote. Quando i militari sono andati da lui per notificargli l’atto che confermava la condanna a 30 anni, ‘Grazianeddu’ si era rifugiato altrove.

La fuga di Mesina

Le forze dell’ordine lo cercano ovunque, soprattutto in paese e nei dintorni, dove qualcuno potrebbe averlo ospitato. L’ex ergastolano non guida, si faceva accompagnare da amici e conoscenti che poi spesso gratificava con denaro o pranzi in ristorante prima di ritrovarsi di nuovo inguaiato.

Nel suo periodo d’oro, dopo la grazia, era spesso invitato e mangiava gratis nei locali, forte della sua notorietà dovuta alle molteplici interviste, ai libri che parlavano di lui, alle tantissime conoscenze, anche fra persone che contano e fra i politici della Sardegna.

Ma ora, nell’ultimo anno, ‘Grazianeddu’ non era più lo stesso: emerge da tutti i racconti. Gli piaceva ancora stare al centro dell’attenzione, ma ora aveva preso a fermarsi a parlare con gli anziani in piazza, cosa che prima di essere arrestato di nuovo, nel 2013, non faceva.

Rientrato dal carcere, dopo la grazia, si era circondato anche di giovani, faceva la guida per gli escursionisti nel Supramonte che conosceva cosi’ bene e poi, come hanno scoperto le indagini, anche affari loschi che hanno portato alla condanna a 30 anni.

Dal giugno 2019 ‘Grazianeddu’ si poteva muovere esclusivamente in paese, aveva l’obbligo di dimora, si fermava a parlare con cordialità per strada, con tutti, perché a Orgosolo, anche quando c’è risentimento non sia mai che non ci si saluti o non ci si offra un caffè.

Al sindaco qualche tempo fa aveva segnalato un palo rotto. “Dionigi, guarda qui”, gli aveva segnalato, perché il primo cittadino provvedesse. Chi lo conosce bene dubita che possa togliersi la vita, come qualcuno aveva ipotizzando: e’ convinto, invece, che ‘Grazianeddu’ sia nascosto da qualche parte, non lontano da Orgosolo (se non addirittura in paese), e che voglia trattare prima di consegnarsi, per non dover tornare in cella, per scontare la pena con un’alternativa al carcere. Di questo negoziato non ci sono conferme.

Polizia e carabinieri, che presidiano il territorio con pattuglie e posti di controllo agli ingressi del paese, si sono chiusi in un riserbo assoluto, concentrati sulle ricerche dell’ex ergastolano. Il suo mito e’ sbiadito, molti a Orgosolo hanno dimenticato le ragioni per cui è stato condannato e c’è chi arriva a pensare che sia il caso, alla soglia di 80 anni, di lasciarlo in pace, perché più di metà della sua vita l’ha trascorsa in carcere. La comunità ormai vuole lasciarsi alle spalle l’epoca del banditismo, il ruolo di Mesina e proporsi come un paese accogliente e vivace. Il paese non è più quello di “Banditi a Orgosolo”.

Vedi: Mesina in fuga a Orgosolo, paese che vuole dimenticare
Fonte: cronaca agi


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