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Lotta all’evasione fiscale, la maggioranza fa un passo indietro

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di Marco Leonardi e Leonzio Rizzo

Tutti i governi vorrebbero spendere molto e tassare poco, i governi si distinguono però tra quelli che, almeno a parole, vogliono recuperare soldi dall’evasione fiscale e quelli che invece degli evasori fiscali ne fanno un serbatoio di voti. In un paese come il nostro, con un numero molto elevato di lavoratori autonomi e dove l’evasione fiscale del lavoro autonomo raggiunge il 70% del reddito stimato, la tentazione è forte. Peccato perché una delle novità proposte dal governo Meloni, il concordato preventivo biennale (cioè l’accordo tra Agenzia delle Entrate e contribuente su una dichiarazione “ragionevole” per i prossimi due anni), poteva essere un modo promettente per convincere “con le buone” gli evasori a dichiarare volontariamente qualcosa di più con la promessa in cambio di minori accertamenti. Invece rischia di essere un aiuto agli evasori.

Oggi il fisco ha a disposizione una mole di dati pressoché infinita per capire dove sta l’evasione e ha strumenti nuovi come la fatturazione elettronica (che già ha fatto molto in passato per ridurre l’evasione) e le comunicazioni giornaliere delle banche sulle transazioni dei POS che sono potenzialmente decisive per stanare gli evasori. Per ora l’Agenzia delle Entrate (AdE) usa come strumenti presuntivi gli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità), degli indicatori da 1 a 10 a seconda della “affidabilità” della dichiarazione che scaturiscono dalla combinazione di dati di un modulo che ogni contribuente compila sulla base del suo bilancio e di poche altre informazioni aggiuntive (come il numero dei dipendenti e la superficie della sua attività).

Per essere utile, il concordato deve essere basato su dati obiettivi, migliorando gli ISA e aggiungendo anche qualche verifica sul campo, non può essere basato sulle dichiarazioni passate. Per il motivo banale che un evasore è uno che dichiara poco, se basi il suo concordato sulle sue dichiarazioni passate vuol dire che lo stai autorizzando a continuare a dichiarare poco: la maggioranza parlamentare sta proponendo esattamente questo. Si noti che il governo non aveva ancora specificato come intendesse declinare la delega e quindi applicare in pratica il concordato preventivo e la maggioranza parlamentare gli sta suggerendo il modo sbagliato di farlo.

La Commissione Finanze guidata dal senatore Massimo Garavaglia propone di emendare la proposta del governo sul concordato fiscale biennale che consentiva l’accesso al concordato solo a coloro i quali avessero un punteggio ISA uguale o superiore ad 8 (un attestato di affidabilità relativa al reddito dichiarato). In un precedente articolo obiettavamo il fatto che, se si crede che gli ISA effettivamente consentano di distinguere tra contribuenti affidabili (sopra il punteggio di 8) e poco affidabili (sotto il punteggio di 8), non aveva molto senso proporre un concordato fiscale a coloro i quali risultavano affidabili. Il concordato, se si voleva recuperare gettito, si sarebbe dovuto proporre ai non affidabili. Ma come sempre il diavolo sta nei dettagli, ovvero nella proposta di concordato da fare ai contribuenti non affidabili. Nel nostro articolo proponevamo che l’Ade offrisse al contribuente con ISA minore di 8 un concordato che si concretizzasse in una somma da dichiarare pari a quella che guadagna un contribuente simile in tutto e per tutto (caratteristiche dell’attività e della sua localizzazione) ma con un ISA di 8 o superiore, usando così tutte le informazioni e i dati a disposizione dell’AdE non per punire i contribuenti ma per confrontarsi con loro su una dichiarazione “ragionevole” in una fase di dichiarazione spontanea che non comporta nessun vincolo e nessun accertamento. Ovviamente il contribuente con ISA basso accetterebbe solo se la minaccia dei controlli in caso di rifiuto del concordato fosse credibile.

È vero che Commissione guidata da Garavaglia propone di estendere il concordato anche a coloro i quali hanno un ISA inferiore ad 8, e fa bene, ma propone che l’Ade possa chiedere a coloro i quali aderiscono al concordato di dichiarare un reddito pari ad un valore non superiore al 10% di quanto dichiarato l’anno precedente alla stipula del concordato. Cioè un concordato tutto basato sulle dichiarazioni del passato, quindi potenzialmente infedeli al 70% come indica la percentuale di reddito evaso, con buona pace del ruolo possibile che avrebbero potuto giocare gli ISA. Questo, per coloro i quali hanno un ISA molto basso rappresenta un incentivo, ad esempio, per il 2024 a tenersi su un livello molto basso di reddito, che sarà poi il riferimento su cui si calcolerà il possibile incremento da dichiarare nell’anno successivo in cui si aderirà al concordato, che permetterà di congelare le imposte da pagare per due anni. Questo sarebbe il meccanismo perfetto, non già recuperare l’evasione, ma per giustificarla.

Liberta’ Eguale