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L’intelligenza artificiale cambia il modo di fare radiologia

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L’innovation day di Bracco ha discusso l’impatto dell’artificial intelligence in numerosi ambiti dell’industria healthcare, con un occhio di riguardo al core business della casa

Nel 2016, le ipotesi di Geoffrey Hinton sul futuro della radiologia ai tempi dell’intelligenza artificiale avevano suscitato un certo dibattito, in particolare nella comunità degli addetti ai lavori; l’esperto aveva prefigurato uno scenario dove, nell’arco di cinque o dieci anni al massimo, il deep learning sarebbe riuscito a fare meglio dei professionisti, mettendo in discussione l’opportunità di continuare a formarne altri. Qualche anno dopo, la situazione appare più complessa e al contempo molto vitale: la rivoluzione esiste, è profonda e va approfondita e governata sotto numerosi aspetti.

La conferma arriva dal Bracco Innovation Day, di scena a Milano il 18 settembre presso l’Auditorium dello Human Technopole, una giornata intesa di lavori articolata in tre sessioni sotto il titolo – manifesto Unlocking the A.I. Revolution – A Symposium on the future of the Healthcare Industry and Diagnostic Imaging in the era of Artificial Intelligence. Nella prima sessione del mattino, si è discusso l’impatto dell’Ai sulle scienze della vita e sull’industria della salute. Nella seconda, il futuro della radiologia nell’era dell’intelligenza artificiale. Infine, spazio alla voce delle istituzioni per approfondire le modalità con cui, nei loro ambiti di competenza, si confrontano con l’impatto dei cambiamenti che investono l’industria healthcare e quindi, nella vita di ogni giorno, cittadini e territori.

Particolarmente cara a Bracco, la discussione sull’influenza dell’Ai nel settore della radiologia e non potrebbe essere diversamente per un gruppo che vende mezzi di contrasto in oltre 100 paesi nel mondo.

Questa branca della medicina si rivela un settore particolarmente incline a valorizzare il portato dell’innovazione tecnologica ma non privo di domande e dubbi. Come rivelavano le conclusioni di una survey dell’European Society of Radiology che ha coinvolto 690 professionisti, citata all’evento dal professore emerito presso Erasmus Mc Gabriel Krestin, sebbene gli algoritmi di intelligenza artificiale siano utilizzati per un ampio spettro di casi d’uso nella radiologia clinica europea, e la maggior parte degli utenti li consideri generalmente affidabili e privi di grossi problemi, “solo una minoranza di utenti ha riscontrato una riduzione del carico di lavoro del personale medico radiologico grazie agli algoritmi”.

Tra le ragioni fornite da 363 dei 690 partecipanti al sondaggio per non voler acquisire un algoritmo basato sull’intelligenza artificiale certificato per la pratica clinica di riferimento figura l’assenza di valore aggiunto (44%) o, nel 22% dei casi, un incremento del carico di lavoro. Lo sviluppo delle tecnologie “per ondate” a volte si rivela un problema, perché malgrado le opportunità siano infinite, non tutti i bisogni vengono realmente evasi.

Ai grandi temi della fiducia e dell’integrazione si affiancano anche questioni all’apparenza meno “alte” ma fondamentali come quelle sui modelli di business ai fini dell’adozione (abbonamenti flat, pay per use, canoni fissi, ecc).

E nell’ambito del macroframe interpretativo su “minacce e opportunità” entra in gioco anche la relazione tra Ai e agenti di contrasto, come spiegato da Giovanni Valbusa, Digital innovation R&D Project Manager Bracco Imaging, e Silvia Gonella, Ai Imagin Specialist CDI & Artificial intelligence Engineer Bracco Imaging.

Valbusa, con Alberto Fringuello Mingo (MRI Lab Researcher Bracco Imaging) figura tra gli autori dello studio “Amplifying the Effects of Contrast Agents on Magnetic Resonance Images Using a Deep Learning Method Trained on Synthetic Data”.

I metodi di intelligenza artificiale, come rimarca lo studio, “possono essere applicati per migliorare il contrasto nelle immagini diagnostiche oltre quello ottenibile con le dosi standard di agenti di contrasto normalmente utilizzati nella clinica”, a vantaggio di una maggior comprensione e precisione diagnostica. Lo studio propone un metodo per generare set di dati sintetici da utilizzare per addestrare una rete neurale in grado di prevedere il contrasto dell’immagine a dosi più elevate. Se l’intelligenza artificiale basata sul deep learning si basa su set di dati “sufficientemente ampi e diversificati”, tuttavia, afferma la ricerca, “non sono comunemente disponibili ampi set di immagini diagnostiche acquisite a dosi di agenti di contrasto al di fuori dello standard di cura”.

Secondo le conclusioni dello studio, attraverso questo approccio “è possibile generare un contrasto superiore a quello ottenibile con dosi standard di agente di contrasto a base di gadolinio, con vantaggi significativi nel rilevamento di piccole lesioni cerebrali” (il metodo è stato messo a punto e convalidato in uno studio preclinico su un modello murino di glioma cerebrale ed esteso a un ampio set di dati clinici retrospettivi sull’uomo).

Come spiegato da Valbusa e Gonella, se la contrast augmentation appare come un’opportunità indubbia, più complessi e distanti appaiono altri scenari, come quello del virtual contrast, attualmente infattibile, o della dose reduction, fattibile ma rischioso.

Complessivamente, la discussione sull’Ai nella radiologia si muove nel bisogno di una sintesi tra fughe in avanti, dovute a evoluzioni tecnologie molto rapide, e atteggiamenti da “wait and see” e un giusto bilanciamento va cercato tra le competenze umane che restano imprescindibili e la rivoluzione delle abitudini possibili grazie al progresso e a cui sarebbe sbagliato rinunciare in termini di vantaggi concreti.

Anche quest’anno, come sottolineato dalla presidente e ad Diana Bracco, l’Innovation Day si è quindi confermato quell’appuntamento in cui i ricercatori di Bracco “si confrontano con speakers prestigiosi su temi strategici e di frontiera” nella consapevolezza che le diagnosi precoci sono essenziali non solo per il paziente ma per tutto il sistema sanitario e che si va sempre più verso “una medicina che pone al centro le caratteristiche della patologia nel singolo paziente”.

 

 

Fonte: https://www.wired.it/