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Le conseguenze sulla Siria della guerra a Gaza

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Una Siria divisa e debole dopo 12 anni di guerra civile e’ tornata nelle ultime settimane al centro dell’attenzione, teatro di scambi di colpi tra Israele e l’Iran. Il continuo peggioramento della situazione nella Striscia di Gaza, la difficolta’ di giungere a un cessate il fuoco, non sono buone notizie per il governo di Bashar Al Assad. Sono molte le ragioni per temere che le ripercussioni per il Paese possano essere pesanti. Nonostante gli scontri abbiano considerevolmente perso intensita’, la guerra non e’ finita e sono diverse le aree contese.
Al contempo le condizioni dei civili rimangono drammatiche: meta’ della popolazione pre-conflitto ha abbandonato la Siria o risulta sfollata all’interno stesso del Paese. Secondo una stima Onu i due terzi degli abitanti attuali della Siria versa in stato di bisogno. Piu’ di un episodio ha fatto temere che il conflitto potesse allargarsi al di fuori della Striscia di Gaza: il piu’ eclatante, dopo diversi attacchi israeliani e lanci di razzi verso Israele da territorio siriano, e’ stato il bombardamento dell’ambasciata iraniana a Damasco dello scorso 1° aprile. Assad e’ tenuto in piedi da Mosca e Teheran ed e’ al momento impegnato in un equilibrismo tra le posizioni prese dai due influenti alleati. Mosca, che ha relazioni diplomatiche con Israele e vuole una Siria quanto piu’ stabile possibile, ha agito per tenere Assad fuori dal conflitto; al contrario l’Iran e’ deciso ad utilizzare il territorio siriano come avamposto per azioni di disturbo nei confronti dello Stato ebraico.
Sulla Siria pende sia il rischio che il conflitto si allarghi fino ai propri confini, ma soprattutto la prospettiva concreta di perdere attenzione e aiuti umanitari. Bashar Al Assad e’ deciso a non entrare del conflitto, ma la guerra civile ha lasciato sul territorio siriano una miriade dei gruppi fuori dal controllo di Damasco e sotto l’influenza di Teheran, gia’ finiti nel mirino di Israele. Prima dell’attacco all’ambasciata iraniana a Damasco, lo Stato ebraico aveva gia’ colpito aeroporti e infrastrutture utilizzate dai pasdaran iraniani nella capitale e ad Aleppo. Israele accusa la Siria di fungere da tramite per far arrivare le armi iraniane agli Hezbollah libanesi. Una circostanza che dipende piu’ dalla presenza dei pasdaran iraniani che dal volere del governo di Damasco. Il rischio che la Siria finisca nel conflitto arriva pero’ anche dall’Iraq. Negli scorsi mesi, e due attacchi nelle scorse settimane, un gruppo chiamato “Resistenza Islamica irachena” ha lanciato dei razzi contro diverse basi americane, sia in Siria che in Iraq. Milizie sciite dietro cui si cela ancora la longa manus di Teheran cui gli Stati Uniti hanno poi risposto. Una situazione ulteriormente complicata dalla guerra in corso. Periodicamente l’aeronautica siriana, con il supporto dei russi, colpisce la provincia di Idlib nel nord ovest del Paese e in mano a fazioni ribelli. Nel nord est a maggioranza curda, oltre agli scambi di colpi tra milizie sciite e americani ci sono le operazioni militari turche dirette a colpire i separatisti curdi di Ypg. Con l’ulteriore deterioramento della sicurezza nel Paese le prime conseguenze hanno riguardato l’abbandono di progetti da parte di Ong ed operatori umanitari. İ raid israeliani su alcune delle poche infrastrutture funzionanti del Paese hanno spinto l’Onu a mettere in guardia dalle ‘serie conseguenze umanitarie’ di questi atti. In sospeso rimangono gli aiuti che l’Onu vorrebbe portare alla martoriata popolazione del nord ovest del Paese attraverso la Turchia. Ankara ha dato il via libera anni fa, ma per sbloccare la situazione manca il semaforo verde di Assad, che non controlla ma bombarda l’area, ed e’ restio ad approvare l’invio di aiuti in una zona dove vivono quelli che considera terroristi.
Con il 70% delle case distrutte, un milione e mezzo di sfollati, Gaza in questo momento e nel prossimo fututo attirera’ aiuti umanitari e attenzione, distogliendoli dalla Siria. Se si guarda al 2023 si nota come solo un terzo dei progetti Onu nel Paese siano stati effettivamente finanziati. A giugno 2023 World Food Programme ha tagliato della meta’ il fondo da 5.5 milioni di dollari destinato alla Siria e sospeso del tutto il programma lo scorso gennaio. I recenti scambi di attacchi tra Israele e Iran hanno fatto aumentare il rischio di un conflitto regionale che inevitabilmente riguarderebbe anche la Siria. Hwzbollah e Israele continuano a scambiare colpi al confine tra Israele e Libano, il bilancio dei morti sul quel fronte aumenta e cosi’ il rischio che una delle due parti commetta un passo capace di mandare la situazione fuori controllo.
Hezbollah e Iran hanno una forte presenza in Siria, operano sul territorio e ne utilizzano le strutture e un’eventuale allargamento del conflitto finirebbe inevitabilmente per rendere la Siria il campo di battaglia tra Israele e Iran. (AGI)
TUY/RED