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La storia della CGIL

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Il Patto di Roma Nel biennio 1943-1945, negli anni di crisi della nazione come entità territoriale e di crisi delle sue diverse istituzioni sociali, economiche e politiche, si colloca il processo di rinascita del libero sindacato che approda il 4 giugno del 1944 alla firma del cosiddetto “Patto di Roma”, atto costitutivo della CGIL unitaria. In un Paese militarmente occupato e spaccato in vari centri di potere diversamente legittimati (gli Alleati, la Repubblica di Salò, il Governo Badoglio, il Comitato di Liberazione, la Wehrmacht) la CGIL unitaria costituisce un elemento di assoluta novità, poiché precedentemente non era mai esistita un’organizzazione che raggruppasse forze di ispirazione cattolica, socialista e comunista, formalmente autonoma dai partiti politici, dallo Stato, dal governo e indipendente dal sistema economico. La spinta all’unità sorgeva dalla comune lotta contro il nazifascismo, ancorata profondamente nella realtà nazionale che si voleva riscattare come testimoniava icasticamente la “I” (italiana) che fu assunta nella sigla CGIL e che non appariva nella CGL socialista prefascista. L’organizzazione sindacale costruita su ispirazione di Giuseppe Di Vittorio, di Bruno Buozzi e di Achille Grandi (il Patto di Roma porta le firme di Giuseppe Di Vittorio, Achille Grandi e Emilio Canevari a causa della tragica morte di Bruno Buozzi assassinato dai nazisti che si ritiravano da Roma il 3 giugno 1944, proprio alla vigilia della nascita della CGIL, ma porta la data del 3 giugno per confermare e ricordare il ruolo di Buozzi nel lavoro di ricostruzione del rinato sindacato), fu una grande e autonoma organizzazione di rappresentanza dell’insieme del mondo del lavoro, comprensivo dei braccianti e dei contadini, degli impiegati dei servizi, dei lavoratori dell’industria ed estesa fino alla massa dei disoccupati. Nell’inedita forma di squilibrio tra dimensione della sovranità del governo nazionale e dipendenza internazionale che accompagnò la sconfitta militare del paese, la CGIL unitaria nasceva come istituzione attraverso la quale, dopo la fase finale della guerra di liberazione, doveva passare la necessaria ridefinizione della legittimazione politica del lavoro e delle sue forme di rappresentanza. La CGIL unitaria, rappresentando e disciplinando larghe masse di lavoratori, rappresentò al centro-sud un fattore di ordine interno che favorì la stabilizzazione delle zone liberate dagli alleati che risalivano la penisola, mentre divenne un punto di riferimento essenziale per la Resistenza nelle regioni centrosettentrionali. Dopo il 25 aprile del 1945 fu elemento indispensabile di stabilizzazione nei difficilissimi primi anni del dopoguerra. L’unità delle forze sindacali, la loro indiscussa legittimazione e autorevolezza conquistate sul terreno della Resistenza di un antifascismo antico quanto il fascismo e, infine, il prestigio di cui godeva tra i lavoratori e in tutti i diversi territori della nazione e nelle sue diverse articolazioni professionali consentirono al mondo del lavoro di assumere una centralità del tutto nuova e originale nella storia d’Italia tanto da diventare il valore fondativo della Repubblica che si apprestava a nascere e uno dei dati di grande discontinuità con la storia precedente del Paese. Non a caso Umberto Terracini, Presidente dell’Assemblea Costituente, dopo la promulgazione della Costituzione volle commentarla rilevando innanzitutto il “riconoscimento” avuto dal lavoro: Il lettore della nuova Costituzione vede ricorrere in essa molte volte la parola ‘lavoro’, completamente ignorata dallo Statuto Albertino del 1848. Sta di fatto che, dopo decenni e decenni di lotte tenaci, pur attraverso la parentesi obbrobriosa del fascismo, i diritti del lavoro hanno avuto finalmente il loro riconoscimento decisivo, diventando materia costituzionale e cioè parte integrante della legge fondamentale della Repubblica. Dopo decenni di lotte tenaci e dopo essere stato una decisiva forza in campo contro il fascismo, in un paese sconfitto e distrutto dalla guerra, il mondo del lavoro fu tra i soggetti contraenti del patto costituzionale colmando l’atavica separazione tra lo Stato, le sue istituzioni, le sue classi dirigenti e le grandi masse dei lavoratori. Il sindacato unitario, in questa inedita veste, assumeva un ruolo di corresponsabilità del destino del Paese tutto, rappresentando con l’interesse dei lavoratori un interesse che diventava davvero nazionale. Infatti, il primo obiettivo che la CGIL unitaria stabilì per i lavoratori e dei lavoratori fu la Ricostruzione per la quale si spese, anche a costo di scelte molto difficili, fino alla fine della sua esperienza. La CGIL unitaria, non riuscendo ad affermare la sua sostanziale autonomia, non sopravvisse alle tensioni della guerra fredda e dello scontro politico ma conferì al sindacalismo italiano un’importanza mai venuta meno nella struttura e nel funzionamento della nostra democrazia, un ruolo che ha arricchito in misura notevole la storia della Repubblica.

Fonte: fondazionedivittorio.it/