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La lunga estate calda del Presidente Draghi

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Lo spread ha cominciato a salire. Sul Pnrr, che sembra rispettare le scadenze concordate, ci troviamo di fronte, a causa dell’inflazione, ad una necessaria revisione degli stanziamenti. È su questo fronte che si vedrà la capacità del nostro presidente del consiglio di portare a compimento questo vasto programma che costituisce un cambio di marcia dell’Ue nell’affrontare i temi economici europei

di Renato Costanzo Gatti

L’estate si è preannunciata con un crollo in borsa di notevoli dimensioni, l’inflazione era partita prima dell’aggressione della Russia all’Ucraina ma a maggio ha toccato limiti massimi inusitati in tutti i paesi ma soprattutto negli USA, le banche centrali hanno aumentato i tassi di interesse e la BCE ha deciso di non comperare più titoli di stato dei paesi membri, decisione, quest’ultima, comunque provvisoria.
Lo scenario pare abbastanza chiaro, d’estate gli attacchi ai paesi con alto debito diventano più probabili, ed anche se noi abbiamo a capo del governo una persona autorevolissima, lo spread ha cominciato a salire. Certo il debito è aumentato a causa della pandemia, l’economia reale soffre la debolezza di una domanda stagnante, tranne per il settore edile che sta godendo di una eccezionale regalia da parte della legge sul superbonus, regalia che tuttavia si sta scontrando con uno stanziamento valido per il 2022 e 2023 che si è esaurito a metà 2022 ma che, e qui non vedo rimedio, ha ormai assorbito per i prossimi 5 anni tutte le imposte prevedibilmente compensabili da parte delle banche.
Sul PNRR, che sembra rispettare le scadenze concordate, ci troviamo di fronte, a causa dell’inflazione, ad una necessaria revisione degli stanziamenti. È su questo fronte che si vedrà la capacità del nostro presidente del consiglio di portare a compimento questo vasto programma che, con tutti i suoi limiti, ha costituito e costituisce una cambio di marcia dell’Europa nell’affrontare i temi economici europei.
Il PNRR rappresenta infatti la politica alternativa a quella della troika; ovvero quanto era miope e “ragionieristica” la politica europea nelle passate crisi (paradigmatica quella verso la Grecia) tanto è coraggiosa e con vasto orizzonte la politica del recovery fund contro la pandemia, tanto che si parla di un nuovo programma per i problemi economici creati dalla guerra Russia-Ucraina.
Ma i programmi come il PNRR comportano prestiti che ci fa l’Europa e che vanno comunque (anche se non in toto) restituiti, e per restituirli è necessario che i soldi investiti ora producano in un futuro ravvicinato redditi tali da poter onorare le rate in scadenza. Altrimenti aumenta il debito a carico delle future generazioni (next generation) e il pericolo di default.
Certamente ci sarà una diversa sensibilità tra paesi frugali e paesi in debito, che spingerà a soluzioni differenziate, che si assommeranno alle diverse posizioni nei confronti del conflitto tra Russia e Ucraina, rimane comunque la convinzione che, nonostante le tante cose che non vanno, solo all’interno della comunità europea si potrà impostare una soluzione sistematica e duratura.
Un tema da affrontare è quello di verificare se per combattere l’inflazione, oggi, sia necessario aumentare il tasso di interesse; questa pratica ha un senso in caso di inflazione da eccesso di domanda, di circolante, di consumi, di surriscaldamento dell’economia. Un più alto tasso di interesse dissuade dal ricorrere al debito per aver fondi da mettere in circolazione, raffredda l’ambiente economico. Ma in presenza di inflazione dovuta all’aumento dei costi dell’energia e delle importazioni non è detto che l’incremento del tasso di interesse sia lo strumento più adatto a combattere l’inflazione e non sia al contrario un mezzo per provocare una recessione.
Nel contempo non va dimenticato il fatto che se gli USA aumentano il prime rate, il mercato dei capitali non può non rimanerne indifferente e sarà necessario prendere misure adeguate. Né si può dire che sia la guerra in Ucraina ad aver causato l’impennata inflazionistica negli USA, visto che quel paese da questo conflitto ha più vantaggi che difficoltà, quanto invece l’enormità (1.900 miliardi di $) della manovra espansiva per combattere la pandemia.
Non va neppure dimenticato che l’aumento del prezzo dell’energia è antecedente all’aggressione all’Ucraina, e che, come denunciato dal ministro Cingolani, quell’aumento è una truffa che deriva sia dal SMP System Marginal Price, ma anche dal mercato dei futures che hanno sbagliato le loro scommesse e hanno contribuito ad esasperare questa “truffa”. Per combattere queste cause è facile consentire che l’aumento del tasso di interesse o la sospensione dell’acquisto di titoli di stato non siano per nulla efficaci. Sul fronte del SMP il presidente Draghi ha proposto un “price cap” sul cui esito restiamo in attesa, ma sul fronte del capitalismo finanziario popolato di scommettitori speculativi non credo proprio che le forze politiche vogliano o possano fare qualcosa.
Le nubi che si accumulano sull’orizzonte autunnale richiederebbero un intervento sull’economia di tipo programmatorio che prenda alfine atto che l’intelligenza umana, grazie anche alle moderne tecnologie, può apportare un tot di razionalità sufficiente a superare l’anarchico sistema fondato sul profitto quale fattore risolutore dell’equazione dello sviluppo economico. Alcuni punti aiutano a capire l’approccio:
a) Basta con la pletora di “bonus” (se ne contano più di 50) che non risolvono i problemi e costituiscono spesso elemosine elettorali, ciascuna con la bandierina del partito proponente.
Non è regalando sussidi con nomi fantasiosi che si risolvono i problemi economici, ma con una seria programmazione quale può essere rappresentata dal PNRR.

b) Attenti all’attuazione del PNRR che deve finanziare investimenti produttivi o infrastrutturali senza che un euro sia destinato a spese correnti, privilegiando investimenti utili alla società e non spese improduttive; i soldi del PNRR vanno restituiti, anche quelli cosiddetti “a fondo perduto” (anche se non al 100%)
c) Investire in produzioni ad alto contenuto scientifico che nel medio termine ci svincolino dalla dipendenza dall’estero utilizzando i fondi non per trasferire sussidi e risorse al capitale (pratica che stiamo testardamente attuando) ma per creare campioni nazionali in campi quali:
• la fusione nucleare, ovvero il futuro energetico, settore nel quale è presente, ad esempio, Eni. Claudio Descalzi nella sua recente visita negli Stati Uniti ha visitato l’impianto di Commonwealth fusion systems (Cfs), la start-up in collaborazione con il Mit , di cui Eni è uno dei maggiori azionisti. «Una vera rivoluzione», secondo Descalzi che parla della tecnologia come in grado di produrre energia pulita senza lasciare scorie e soprattutto elettricità a bassissimo costo e accessibile.
• pannelli fotovoltaici la cui produzione non è ineluttabilmente dipendente dalla Cina, come sostengono i detrattori del fotovoltaico. La 3Sun di Enel Green Power, in Sicilia, ad esempio, si prepara a diventare la più grande fabbrica europea per la produzione di moduli fotovoltaici bifacciali ad elevate prestazioni. Obbligare l’installazione di pannelli fotovoltaici, meglio se di produzione nazionale, è il più grosso aiuto che si possa dare alla battaglia ecologica che stiamo combattendo.
• computer quantistici, promuovendo un progetto europeo, i cui risultati non smettono di stupire. Recentemente un computer quantistico ha impiegato soli 36 microsecondi per risolvere un’operazione che avrebbe richiesto almeno 9.000 anni: è il nuovo successo raggiunto dai computer quantistici ed è stato ottenuto programmando, per la prima volta, particelle di luce (fotoni).
Solo obiettivi della natura di quelli sopra menzionati sono in grado di riportare la politica alla sua essenza.