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ILLUSIONI PERDUTE

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La monumentale opera di Honoré de Balzac, coraggiosamente trasposta in film, in questi giorni sugli schermi nazionali

di Franco La Magna

Cinismo, corruzione, cattiveria, perdita d’idealità di fronte all’insopprimibile aspirazione all’escalation sociale per scrollarsi di dosso l’umiltà delle origini.

Manipolando, come spesso avviene e amalgamando la complessa materia letteraria di Honoré de Balzac, il regista e sceneggiatore francese Xavier Giannoli (non notissimo in Italia) riprende l’opera chiave del grande narratore d’oltralpe “Illusioni perdute”, impietoso ritratto della Parigi degli inizi del XIX secolo, opera chiave della grande “commedia umana”, traguardata attraverso le aspirazioni d’un talentuoso giovane provinciale, giunto nella capitale francese con la pia illusione d’affermarsi attraverso la letteratura. Subito introdotto nel mondo del giornalismo, il giovane idealista (dapprincipio divenuto amante d’una influente dama blasonata, andata sposa ad un vecchio riccone, ma poi da questa subito abbandonato), ne scala rapidamente gli sdrucciolevoli gradini divenendo presto una delle penne più perfide e velenose avverso l’altera e dominante aristocrazia, salvo poi vendersi e consegnarsi all’odiato nemico per conquistarne l’impossibile accesso. Ne uscirà pesantemente sconfitto e sarà costretto a fare ritorno ai patri lidi.

Rispettoso dello spirito dell’imponente romanzo dello scrittore francese, di cui trascura tutta la prima parte, Giannoli porta in scena soprattutto il corpus centrale della “commedia umana” (“Un grand’uomo di provincia a Parigi”), modificandone non poco l’intreccio balzachiano e chiudendo con il ritiro in provincia della giovane promessa piegata e vinta.

Trascurando gli artificiosi e noiosi intrighi della terza parte del romanzo (“Le sofferenze dell’inventore”), puntando soprattutto sul putridume della società del tempo e sulla perdita delle illusioni (pregevole la ricostruzione dell’atmosfera della Parigi dei primi decenni dell’800), il film risulta tuttavia troppo algido e compassato per riuscire a suscitare nuove e palpitanti emozioni attraverso questa coraggiosa (e forse pretenziosa) “sintesi” cinematografica della monumentale opera letteraria, accolta senza particolari entusiasmi dal pubblico di casa nostra.