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Il tonfo della produzione industriale è solo all'inizio

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La produzione industriale italiana è in picchiata e peggiorerà ancora ad aprile: gli effetti sul Pil 2020 saranno devastanti, anche se si può immaginare un rimbalzo. In questo quadro è indispensabile che lo Stato italiano sostenga la domanda, che registra un inevitabile crollo, dal momento che i consumatori subiscono il taglio dei redditi o in ogni caso sono frenati nei consumi dalla mancanza di fiducia. Questa l’analisi di economisti e centri studi.

Secondo Prometeia, la produzione industriale potrebbe subire un tracollo del 45,9% ad aprile, mese durante il quale il lockdown ha fatto sentire per intero il proprio peso sull’industria tricolore. La riduzione della produzione tra marzo e aprile arriverebbe al 61%. 

Un quadro drammatico                                                                

La perdita attesa nel II trimestre del 2020 è pari al 28% e l’impatto sul Pil della sola caduta della manifattura sarà nell’ordine del 5%, cui andranno sommate le contrazioni di altri settori come quello delle costruzioni e, in particolare, dei servizi. Il rimbalzo nei mesi successivi sarà “molto deciso”, pari all’84% a maggio e al 20,6% a giugno, ma “recupererà solo parzialmente le perdite subite”. 

L’analisi definisce il quadro “drammatico”, facendo notare che i dati della produzione industriale sono ben peggiori rispetto a quelli di principali Paesi europei (-16% in Francia, -12% in Spagna, -9% in Germania).

Convinto che ad aprile i numeri saranno ancora peggiori è anche Luca Paolazzi, economista partner di Ref Ricerche, secondo cui è inevitabile che il Pil venga rivisto al ribasso. Calcolando che la stima per il primo trimestre era -4,7% e sapendo che la produzione industriale pesa circa un quinto, il Pil risulterebbe già in calo del 5,5%. Ma a questo dato, si aggiungerà quello del fatturato dei servizi privati, che pesa molto di più sul Pil e sarà anch’esso peggiore di quanto avevano imputato per calcolare la variazione trimestrale.

Guardare nell’abisso

“Nessuno riesce a immaginare un crollo di tali dimensioni – osserva Paolazzi – anche se sai che c’è un abisso, guardarci dentro è impressionante. Tutti i dati verranno rivisti”. Secondo la congiuntura flash di Ref, nella prima settimana di riapertura i consumi elettrici sono passati da -20/22% di aprile a -13% nella scorsa settimana. Ora naturalmente saliranno ancora.

“È ovvio immaginare che ci sarà il rimbalzo, perché se riapre il bar anche al 30% della capacità produttiva, il +30% rappresenta una forte ripresa. Il problema è però se e quando si recupereranno i livelli precedenti alla crisi: nutro forti preoccupazioni anche per Paesi dove ci sono state politiche espansive.

Il problema – fa notare l’economista – è il comportamento dei consumatori che frena la domanda: il 69% degli americani ha paura e quindi è titubante nel riprendere le abitudini precedenti al Coronavirus. E’ uno stato d’animo che vale per tutti. A questo si aggiunge che prima di tornare a fare acquisti importanti, si dovranno affrontare le spese rinviate, a partire dalle rate dei mutui e dagli affitti.

Occorre poi fare i conti con la paura del domani: il timore che possa ripetersi l’emergenza sanitaria e l’insicurezza sul fronte del lavoro porta al risparmio precauzionale. Negli Usa si è registrato a marzo un aumento del tasso di risparmio speculare al crollo della fiducia”.

Per far fronte a questa situazione serve, secondo Paolazzi, “iniettare grandi dosi di fiducia”: per prima cosa avere al più presto le terapie e il vaccino per il Covid-19, quindi, sul piano economico, tracciare delle linee di sviluppo che tengano conto delle nuove priorità: sanità, ambiente, informatizzazione. “Se si indica un sentiero di sviluppo che va incontro a queste nuove priorità si rassicurano le persone e si crea un clima sociale più favorevole alla crescita”. 

La strada indicata da Fabio Sdogati, professore di Economia internazionale al Mip Politecnico di Milano Graduate School of business, è quella di una spesa pubblica che riesca a compensare il crollo della spesa privata.

Una crisi di domanda

Anche Sdogati stima previsioni sul Pil italiano 2020 “molto buie, le peggiori d’Europa”. “In una crisi di tale gravità – è la sua analisi – le famiglie aumentano i risparmi perché hanno paura. Sono i cosiddetti risparmi precauzionali, superiori a quelli normali. Aumentando il risparmio, diminuisce la spesa e viene a mancare la domanda privata: questo ha effetti devastanti sull’industria manifattura, sui servizi, sull’agricoltura.

Senza domanda, le imprese non investono e non producono. La conseguenza è la disoccupazione e un ulteriore calo dei consumi. È il circolo del moltiplicatore negativo”.

Come spezzarlo questo circolo? “Serve che tutti i governi aumentino la spesa pubblica per compensare la perdita di spesa dei privati. La  banca centrale ha già cominciato a fare il suo mettendo a disposizione maggiore liquidità”. 

Il dibattito verte quindi su quanto deve spendere il governo: “Gli Usa hanno già stanziato e speso una marea di soldi per trasferire potere acquisto ai consumatori. Il governo italiano è stato rapido a mettere in campo le prime misure ma ora occorre dell’altro di fronte ad una crisi che rischia di generare milioni di nuovi poveri”.

Secondo il Fmi, il rapporto deficit/Pil nel 2020 negli Usa sarà di oltre il 15% contro il 5,8% del 2019; in Germania sarà del 5,5% contro un attivo dell’1,4%; in Italia sarà dell’8,3% contro l’1,6% dello scorso anno. 

Vedi: Il tonfo della produzione industriale è solo all'inizio
Fonte: economia agi


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