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Il (o la) Presidente che vogliamo

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L’opinione pubblica deve poter vedere nella persona del Presidente una figura unificante, completamente autonoma dal consenso attribuitogli da questo o quel partito, un esempio di correttezza e di impegno civile e sociale, una guida morale

di Loan

Ormai ci siamo. Si vota per eleggere il nuovo, o la nuova, Presidente della Repubblica. Tramontata l’impresentabile candidatura di Berlusconi ed osteggiata, non per plausibili riflessioni di opportunità costituzionale ma per calcoli di bottega politica, l’ascesa al Quirinale del Presidente del Consiglio in carica, la discussione tra le forze politiche, come il più delle volte è accaduto anche in passato, andrà avanti in corso di votazione, mostrando ancora una volta la debolezza della politica.
Il dialogo, anche in sede riservata, fra le componenti parlamentari è indispensabile tanto quanto il pubblico dibattito sui mass media. Ma non ci si può limitare ad un banale toto-presidente né guardare alla personalizzazione della carica, agli intrecci politici contingenti, più che ai doveri e ai poteri che la più alta carica dello Stato comporta. Una dirigenza all’altezza degli interessi generali del Paese e consapevole delle responsabilità imposte dal grave momento di difficoltà che la comunità nazionale sta attraversando, senza precedenti nella storia repubblicana, farebbe bene ad approcciare il problema della scelta della figura più adatta partendo da una valutazione attenta dei compiti e delle responsabilità del Presidente, sancite chiaramente dalla nostra Costituzione.
La Costituzione italiana non è un documento d’indirizzo, è una legge cui ci si dovrebbe sempre uniformare. La complessa procedura prevista per l’elezione del Presidente della Repubblica (in base all’articolo 83 della Costituzione, il Capo dello Stato è eletto dal Parlamento in seduta comune a cui si aggiungono 58 delegati regionali. La votazione avviene con scrutinio segreto ed è richiesta la maggioranza dei due terzi per le prime tre votazioni, a partire dalla quarta basta la maggioranza semplice) trova la sua ragione nella natura e nella dell’importanza della sua funzione di “estrema garanzia” della tenuta dell’assetto democratico disegnato dalla Carta costituzionale. Il Presidente della Repubblica, infatti, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione” (art. 91) e ciò esclude personalità che abbiano fin qui manifestato progetti e posizioni politiche che profilano, di fatto o di diritto, l’abbandono della Carta del 1948. Anzi, il Presidente ha il compito di ristabilire l’ordine costituzionale quando questo sia minacciato o violato da alterazioni anomale. Il suo è un ruolo fondamentale di controllo sull’operato delle altre istituzioni e di tutela nei confronti di tutti i cittadini.
“Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale” (articolo 87 della Costituzione) e, di conseguenza, egli non può essere rappresentante di una parte politica, se lo è stato deve potersi spogliare di tale veste, raccogliendo attorno al suo nome il più ampio consenso possibile. L’opinione pubblica deve poter vedere nella persona del Presidente una figura unificante, completamente autonoma dal consenso attribuitogli da questo o quel partito, un esempio di correttezza e di impegno civile e sociale, una guida morale.
I poteri attribuiti dalla Costituzione al Capo dello Stato non sono soltanto formali, come la presidenza del Consiglio superiore della magistratura e del Consiglio supremo di difesa, ma sostanziali come, ad esempio, la nomina del Presidente del Consiglio dei ministri (il cui governo dovrà poi ricevere la fiducia da parte del Parlamento) e di un terzo dei membri della Corte Costituzionale. Egli può rifiutarsi di firmare un decreto legge del governo quando non presenti le caratteristiche di necessità e di urgenza richieste dalla Costituzione.
Il Presidente della Repubblica “presiede il Consiglio Superiore della Magistratura” (art. 87 e 104) e ciò rende indispensabile che egli sia una figura in grado di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura da qualsiasi altro potere. Peraltro logica vuole che la persona scelta sia, senza possibilità di dubbio in proposito, una figura integerrima, indiscussa e indiscutibile.
Poiché il Presidente della Repubblica “ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere” (art. 87 Cost.), occorre scegliere una personalità impegnata nella difesa della pace nel mondo, che si impegni nel pieno rispetto dell’art. 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Infine, per essere interpreti e custodi della lettera e dello spirito della Costituzione repubblicana, non basta essere “afascisti”, non si può mostrare equidistanza tra fascismo ed antifascismo. La legge fondamentale su cui poggia il nostro vivere civile esige che il Presidente della Repubblica sia esplicitamente, dichiaratamente antifascista. Tutta l’architettura costituzionale su cui regge lo Stato è improntata alla necessità di impedire rigurgiti autoritari ed all’affermazione dei principi antitetici al fascismo. E non è certo un fuor d’opera che il Forum delle Associazioni antifasciste e della Resistenza abbia ricordato che “la Costituzione italiana è dichiaratamente antifascista”; “per questo motivo il nuovo Presidente della Repubblica dovrà essere scelto tra le personalità che si riconoscono pienamente e senza riserve in tali valori di democrazia, libertà, giustizia sociale, solidarietà, pace”.
In Italia non mancano uomini e donne, di diverse posizioni politiche, che possono identificarsi in questo profilo. È una scelta che non si può sbaglare.