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Il lungo cammino verso il baratro

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Il lungo cammino verso il baratro

MARIO SECHI

Il 2024 sarà un anno formidabile per capire che cosa è la destra e che cosa è la sinistra (Giorgio Gaber è per sempre). Un ingenuo direbbe che in fondo è facile, ma basta dare un’occhiata alla cronaca degli ultimi vent’anni per capire che i ruoli si sono ribaltati: la destra fa la sinistra, la sinistra fa la destra. Nel primo caso è un sottosopra consapevole e ineludibile, una trasformazione dei conservatori; nel secondo siamo in presenza del progressismo che ha esaurito la sua funzione storica, la “spinta propulsiva” che citò Enrico Berlinguer. Si pensa che la sinistra difenda i più deboli, domi gli animal spirits del capitalismo, svolga un’opera di riequilibrio delle opportunità, della ricchezza e perfino del talento. Niente di più falso, è la destra che si è incaricata di svolgere questa missione, mentre la sinistra ha perso di vista le sue radici operaie, ha mancato l’appuntamento con la trasformazione del lavoro e del capitale e oggi di fatto rappresenta un gruppo sociale che si pensa mediamente più colto ma è decisamente più ignorante su come va il mondo.
La trasformazione di Fratelli d’Italia da partito anti-sistema posizionato a destra in una formazione di governo, popolare, conservatrice, con numeri da grande Democrazia Cristiana è la prova di un cambiamento profondo non solo nella mappa dei partiti. Siamo ben oltre la rupture dell’operaio di Sesto San Giovanni che nel 1994 vota Forza Italia e manda al tappeto tutte le analisi pre e post operaiste. Meloni nell’immaginario è “Giorgia”, fin dal nome siamo di fronte a un fenomeno pop, contemporaneo, sintonizzato con la borghesia e la classe media dell’Italia, con le classi lavoratrici (esistono) e con i produttori (sempre sottovalutati). Dopo un anno di governo Fratelli d’Italia cresce, l’area della maggioranza è stabile, mentre quella dell’opposizione è un cumulo di macerie. La crisi del Pd non è quella di Elly Schlein, ma è un partito che si guarda senza riconoscersi, perché s’immagina ciò che non è e che non può essere: non è popolare, non è il partito del lavoro, non è democratico, non è. È una “cosa” che rotola e si consuma dal 1989 (anno di caduta del muro di Berlino) senza mai fermarsi. Il paradosso è che la segreteria di Schlein ha provato a disegnare quel partito secondo canoni inversi, cioè provando ad arare il terreno dei giovani, il sottobosco non rappresentato dell’associazionismo, dei liberal che pure esistono.
Dov’è il fallimento? È esattamente nell’illusione di costruire una forza popolare post-Festa dell’Unità sommando tutte le minoranze e dunque dimostrando di non capire la realtà italiana, dove le elezioni non si vincono nelle metropoli ma in una grande provincia tutta diversa ma in fondo tutta uguale, la cui rivoluzione ha un nome preciso: stabilità. Esattamente quello che il Pd non può assicurare e Meloni invece per ora mantiene.

Fonte: Libero