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Il documentario che la famiglia Jackson vuole bloccare a tutti i costi

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Dopo la presentazione allo storico Sundance Festival, è stato diffuso il trailer di “Leaving Neverland”, il documentario che racconta i lati più oscuri della vita di Michael Jackson. Un documentario, cui regia è firmata da Dan Reed, che ha già fatto discutere e diviso gli spettatori del Sundance, dato che va ad indagare approfonditamente, a dieci anni dalla morte del re del pop, sulle accuse di pedofilia per le quali, mentre era in vita, è finito anche davanti ad un giudice e fu totalmente assolto.

Ma le testimonianze raccolte da Reed nel documentario potrebbero riaprire ferite che si credevano ormai rimarginate. In particolare, le interviste a James Safechuck e Wade Robson, che dichiarano di aver subito violenze sessuali all’interno del leggendario Neverland Ranch, l’immensa villa di Michael Jackson adibita a una sorta di parco giochi, quando la frequentavano in giovane età. I racconti dei due uomini, ora rispettivamente 40 e 36 anni, sono crudi e lasciano ben poco spazio alla fantasia.

Un inferno quel Neverland Ranch, fatto di dolciumi, attenzioni, regali di immenso valore e, allo stesso tempo, pornografia della peggior specie. Non ci sta la famiglia del cantante che, secondo The Guardian, avrebbe minacciato invano ripercussioni legali sui canali che hanno prodotto e trasmetteranno il film: HBO e Chanel 4. “Leaving Neverland non è un documentario, – dichiarano – è quel genere di massacro da tabloid di un personaggio che Michael Jackson ha sopportato in vita, e che ora gli tocca anche dopo la morte. Il film prende accuse non confermate legate a cose che presumibilmente sono accadute 20 anni fa e le tratta come fatti”.

Controversa, infatti, sempre secondo i familiari, la posizione di uno dei due testimoni, Robson, che deve la sua carriera da coreografo proprio a Michael Jackson e ai vent’anni passati frequentando la sua casa. Fu proprio Robson a salvare la star in tribunale quando fu processato per reati legati alla pedofilia; ma oggi, secondo i parenti di Michael Jackson, dopo essere stato escluso dal cast tecnico di uno spettacolo del Cirque Du Soleil in omaggio alla popstar, la sua versione dei fatti è sospettosamente cambiata: “Mi ha detto che se avessero mai scoperto cosa stavamo facendo, lui e io saremmo andati in prigione”.

La famiglia Jackson ha anche mandato una lunga lettera di dieci pagine al CEO di HBO, negando ogni reato e accusando il regista di non aver mai parlato né coinvolto membri della famiglia o del team legale della popstar nello sviluppo del progetto.  Il regista risponde alle accuse dicendo “Questo non è un film su Michael Jackson che abusa di ragazzini. È un film su due famiglie e su come due famiglie hanno fatto i conti con quello che i loro figli hanno rivelato loro molti anni dopo la morte di Jackson”.

La trasmissione in Tv del documentario era stata programmata negli Stati Uniti il 3 e 4 marzo ma il tutto potrebbe oggi essere messo in discussione dato che la fondazione guidata dalla famiglia di Michael Jackson e che ne protegge gli interessi anche oggi dopo la sua morte, ha fatto causa trovando un cavillo che potrebbe costare caro alla HBO: 100 milioni di dollari, per l’esattezza. Quando infatti nel 1992, la rete contrattualizzò con la popstar la messa in onda di “Michael Jackson in Concert a Bucarest: The Dangerous Tour”, firmò una clausola che gli impediva da lì in poi di denigrare il cantante per qualsiasi motivo. Una sorta di amicizia “in aeternum” acquistata a suon di dollari. Una rottura che oggi, come spiegano i legali della fondazione Jackson in una lunga documentazione di 53 pagine, potrebbe costare molto cara, secondo loro infatti il documentario in questione altro non è che “una maratona unilaterale di propaganda senza scrupoli per sfruttare spudoratamente un uomo innocente che non è più in grado di difendersi”.

Dello stesso identico parere la rete che non ha accolto affatto bene l’anteprima del film, e non ha perso occasione per attaccare duramente sui social sia il film che i due accusatori. Una protesta talmente vibrante da costringere il regista Reed a definire, in un’intervista a Vice, i fans di Michael Jackson come una vera e propria “setta” che in questi anni ha soltanto fatto gioco alle tesi legali dei difensori dell’artista e che ha condannato inevitabilmente le famiglie delle vittime al silenzio.

HBO a quanto pare, con una nota ufficiale ripresa da The Guardian, annuncia l’intenzione di voler andare avanti con la programmazione “Nonostante i tentativi disperati di minare il film, i nostri piani rimangono invariati”. Nel frattempo, a peggiorare la situazione, anche l’intervista del popolare talk australiano “60 Minutes” a Adrian McManu, ex governante del Neverland Ranch, che rispetto alla vicenda si dichiara per niente sconvolta dalle storie raccontate da Safechuck e Robson: “Ho visto un sacco di carezze, abbracci, petting, baci. La prima volta che ho pulito la sua camera da letto, non sapevo nemmeno da dove cominciare”. E poi ancora su Michael Jackson: “Aveva un lato gentile e un lato oscuro. Mi disse che se avessi mai raccontato in tv quello che avevo visto avrebbe assunto un killer per tagliarmi la gola e non avrebbero più nemmeno trovato più il mio corpo”.

Tutto solo gossip insomma, quel gossip che inesorabilmente colpisce personaggi celebri specie dopo la loro morte; ma che stavolta incontra il documentario, e il mix, per tutte le parti in causa, potrebbe risultare esplosivo.

Vedi: Il documentario che la famiglia Jackson vuole bloccare a tutti i costi
Fonte: estero agi


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