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Il braccio di ferro tra il ministro della Giustizia di Trump e il Congresso

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Il ministro di Giustizia Usa, William Barr, cancella la sua seconda testimonianza in Congresso sul Russiagate, esacerbando la sfida politico-giudiziaria con i parlamentari democratici che lo accusano di agire come avvocato personale di Donald Trump.

Messo sulla graticola per 5 ore mercoledì in Senato, a guida repubblicana, Barr sarebbe dovuto comparire alle 9 di Washington davanti alla commissione Giustizia della Camera, controllata dai democratici. “Forse ha paura a fornire una testimonianza sotto giuramento visto che è stato così disonesto”, è stato il commento del presidente del panel, il deputato democratico Jerry Nadler.

La motivazione ufficiale è che non sarebbe stato trovato un accordo sul format dell’audizione alla Camera che era stata programmata prima dell’esplosiva rivelazione sulla lettera inviata dallo speciale procuratore Robert Mueller a Barr per contestare la sintesi del dossier sul Russiagate illustrata al pubblico e al Congresso dal ministro.

I democratici stanno valutando il ricorso al “subpoena“, ovvero al mandato di comparizione per Barr che, se rifiutasse, potrebbe essere accusato di oltraggio o sottoposto all’impeachment, la messa in stato di accusa. Barr ha già bollato come illegittimo il “subpoeana” della stessa commissione perché venga consegnata al Congresso la versione integrale del rapporto da 448 pagine di Mueller sulle possibili collusioni tra la campagna presidenziale di Trump e il Cremlino.

Durante l’audizione in Senato, Barr ha definito “snitty” la lettera di Mueller dello scorso 27 marzo. L’espressione slang, diventata trending topic sui social, è subito stata spiegata dal dizionario Merriam-Webster che sul suo account Twitter ha scritto: “essere ‘snitty’ significa essere sgradevolmente nervosi. Capito?”.

Nel rapporto di Mueller vengono resocontati contatti estensivi tra il team di Trump e Mosca durante le presidenziali del 2016, a favore del miliardario e per danneggiare la rivale democratica Hillary Clinton. Il dossier riferisce anche di numerosi tentativi da parte di Trump volti a bloccare l’inchiesta.

Mueller, ex direttore dell’Fbi, non ha accusato Trump di intralcio alla giustizia ma non lo ha neppure esonerato, come sostenuto da Barr nella sua presentazione al pubblico del dossier. In soli 11 mesi in carica, Barr, 68 anni, al suo secondo giro come ministro di Giustizia, è riuscito a diventare il principale bersaglio dei democratici, dopo Trump. Ma non sembra risentirne.

Durante l’audizione è rimasto impassibile, limitandosi a contestare cavilli legali o a puntualizzare il significato di parole come “sommario” o “suggerire”. Si è spinto fino a dire che la richiesta del presidente ai suoi collaboratori di mentire “non è un crimine”. Nadler ha intanto fatto sapere che Mueller sarà ascoltato in audizione a maggio, auspicabilmente il giorno 15.

Vedi: Il braccio di ferro tra il ministro della Giustizia di Trump e il Congresso
Fonte: estero agi


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