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Flussi migratori: sbagliato farne una questione di convenienza

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Flussi migratori: sbagliato farne una questione di convenienza
Il dibattito sull’accoglienza si è spostato dall’aspetto umanitario a quello economico: tutti a dire che l’Italia ora è isolata e che questo ci costerà tanto in termini economici. Un’impostazione perdente
Astolfo Di Amato · 18 Nov 2022

L’Italia è rimasta sola! Lo scontro sui migranti con Parigi può avere ripercussioni su tutti i dossier che, a livello europeo, interessano l’Italia, a cominciare dalla riforma del patto di stabilità. Ne può essere influenzata la stessa erogazione dei fondi del Pnrr e ne potrebbero soffrire i rapporti economici con Germania e Francia, che sono essenziali per il futuro del paese. Il governo Meloni non si rende conto dei gravissimi rischi di vera e propria bancarotta che sta facendo correre all’Italia con la sua politica sui migranti, contraria alle regole europee. Così, all’unisono, i partiti di opposizione e molti commentatori politici. La polemica interna sulle politiche in tema di immigrazione si è, dunque, spostata. Se prima essa riguardava i temi dei diritti fondamentali, della dignità delle persone, della necessità di tutelare i più deboli, dell’accoglienza come dovere morale di un paese civile, oggi riguarda l’interesse egoistico del popolo italiano: ci conviene accogliere i migranti e non litigare con gli altri paesi europei, perché questi ultimi possono, altrimenti, metterci in ginocchio. In altri termini, prendiamoci i migranti perché è il male minore. Se non lo facciamo le conseguenze possono essere infinitamente peggiori e, perciò, un sano governo della cosa pubblica dovrebbe indurre a passare sopra la questione dei migranti e a fare buon viso a cattivo gioco. È questo il succo, davvero sconcertante, della polemica scatenata dall’opposizione, soprattutto dal Partito Democratico, contro la politica del Governo Meloni.
Che il tema dell’immigrazione sia un tema molto delicato e difficile da maneggiare è pacifico. Quando si parla, spesso alla carlona, di “accoglienza” si dimentica che si tratta di un concetto complesso, che non si limita, quando come in questo caso riguarda una massa di persone, a consentire lo sbarco in un porto sicuro, ma che implica la cura sanitaria, la sistemazione in alloggi dignitosi e, soprattutto, l’integrazione. Operazione, quest’ultima, di difficilissima realizzazione, come testimoniato dalla condizione delle banlieue parigine o delle periferie londinesi. Le migrazioni hanno un impatto molto significativo sulla popolazione residente: se tutto va bene implicano un importante drenaggio di risorse; se la gestione non è adeguata, implicano invece, e troppo spesso è così, una spinta al degrado. Certamente non c’è accoglienza, nel senso indicato, rispetto ai migranti abbandonati a sé stessi che chiedono l’elemosina agli angoli della strada o che vengono arruolati dalla criminalità organizzata e sono protagonisti delle piazze di spaccio. Del resto, che l’accoglienza implichi un impegno molto gravoso, è testimoniato dalla estrema riluttanza con cui tutti i governi del mondo trattano la materia: basta pensare agli Stati Uniti, dove l’amministrazione democratica non ha affatto smantellato le iniziative dell’odiatissimo Trump per osteggiare l’immigrazione clandestina o alle rigidissime regole in vigore in paesi considerati civili, come l’Australia o il Canada. Se si guarda, poi, all’Europa non si può non registrare l’esistenza, oggi, di una politica migratoria estremamente severa da parte di tutti i governi, siano essi di destra o di sinistra. È sufficiente ricordare, se vi fosse bisogno di una conferma, i respingimenti, irrispettosi sovente di qualsiasi minimo livello di solidarietà umana, che si verificano da parte dei francesi alla frontiera di Ventimiglia, o la vera e propria “guerra” combattuta dall’Inghilterra contro le imbarcazioni, cariche di extracomunitari partenti dalla Francia, che cercano di superare la Manica. A sua volta, la tanto invocata solidarietà europea ha manifestato tutti i suoi limiti, nel momento in cui gli sbandierati ricollocamenti sono stati di poche decine, a fronte di svariate decine di miglia di ingressi in Italia.
In questo contesto, i cui dati di fatto non sono contestabili, è ovvio che le uscite come quella di qualche ministro francese, che avrebbe vigilato sul rispetto dei diritti umani da parte dell’Italia, assumono, quantomeno rispetto al tema dell’immigrazione, il sapore sgradevole di una ingerenza da parte di chi non è legittimato a parlare non solo sul piano istituzionale, ma anche, e soprattutto, sul piano morale. La conseguenza non può che essere stata, da parte del cittadino medio, quella di sentirsi, per usare una espressione gergale, “cornuto e mazziato”: non solo costretto a subire i costi, nient’affatto irrilevanti se si considerano non solo quelli economa mici ma anche quelli sociali, dell’immigrazione clandestina, ma anche costretto a subire l’insulto da parte di chi, nel concreto operare, si comporta in questa materia molto peggio dell’Italia.,
I partiti, che hanno combattuto alle elezioni il centrodestra anche facendo appello agli interventi a gamba tesa di politici stranieri, si devono essere resi conto che continuare a mettersi al traino di dichiarazioni prive di qualsiasi coerenza logica e morale avrebbe potuto essere controproducente. E, quindi, la geniale sterzata è stata: pessima la condotta del Governo Meloni, in quanto ci conviene subire il flusso migratorio sulle nostre coste, perché altrimenti gli altri stati dell’Unione Europea, che sono più potenti di noi, diventano ostili e ci puniscono. La questione dell’immigrazione, con il suo drammatico carico di umana sofferenza, è divenuta, dunque, materia di mera convenienza e, addirittura, di ricatto. Anche quel supereuropeismo metafisico del Partito Democratico, per cui tutto quello che viene dall’Europa è buono a prescindere, non ha retto di fronte all’evidenza della poca credibilità degli altri paesi europei su questo tee si è andato a rifugiare in una più modesta valutazione di convenienza, per non subire ritorsioni da parte dei più forti.
Occorre riconoscere che solo la Chiesa cattolica, attraverso le parole di Papa Francesco, ricorda ogni volta che proteggere i migranti “è un imperativo morale da tradurre adottando strumenti giuridici, internazionali e nazionali, chiari e pertinenti; compiendo scelte politiche giuste e lungimiranti; prediligendo processi costruttivi, forse più lenti, ai ritorni di consenso nell’immediato; attuando programmi tempestivi e umanizzanti nella lotta contro i trafficanti di carne umana che lucrano sulle sventure altrui; coordinando gli sforzi di tutti gli attori, tra i quali, potete starne certi, ci sarà sempre la Chiesa”. La questione dei flussi migratori, dunque, non è una questione di convenienza. Chi la riduce a questo livello dimostra solo che sinora l’ha utilizzata come uno strumento di lotta politica, senza alcuna reale intima convinzione. E’, invece, una questione morale, nel senso alto del termine, e ha una dimensione tale da rendere ipocrita qualsiasi atteggiamento che ritenga di poter addossare la soluzione sulle spalle di un solo paese. Bene, dunque, fa il Governo Meloni ad alzare il livello dello scontro, mentre gli altri paesi europei, prodighi di belle parole sui diritti dei rifugiati, si voltano dall’altra parte quando si tratta di essere concretamente coinvolti nella soluzione della questione. Su una materia di tale importanza non può certamente essere la minaccia di ritorsioni a mettere la museruola. Assolutamente non condivisibile è, viceversa, che il braccio di ferro sia giocato sulla pelle di persone vulnerabili ed indifese. Non è, certamente, parlando di “carico residuo” ed invocando una avvenuta protezione dei più fragili che si può ignorare che tutti coloro che, rischiando la morte, attraversano il Mediterraneo alla ricerca di un futuro dignitoso, fanno parte di una umanità dolente, cui è doveroso cercare di dare assistenza e rispetto. Se il Governo Meloni non si rende conto di questo, resta anch’esso dalla parte del torto.

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