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Energia: NYT, CCS chiave per salvare industria e posti di lavoro

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La cattura e lo stoccaggio (CCS) della CO2 come soluzione per salvare le industrie ‘hard to abate’ e i posti di lavoro ad esse collegate. Lo scrive Stanley Reed, columnist del New York Times, sul progetto CCS a Ravenna. “Rinomata per le antiche chiese e la tomba di Dante, la città di Ravenna e i suoi dintorni lungo la costa adriatica italiana ospitano anche industrie di vecchio stampo, come quella dell’acciaio e dei fertilizzanti. Gli impianti industriali sono di scarso interesse per i tanti turisti che contribuiscono a sostenere l’economia della zona, ma questi siti impiegano decine di migliaia di persone”, scrive Reed che si chiede per quanto tempo ancora tali aziende potranno ancora andare avanti a fronte delle regole e dei costi derivanti dalle norme europee.
“Abbiamo molta paura per il futuro delle nostre industrie”, ha affermato Michele De Pascale, sindaco di Ravenna. “Dobbiamo raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2, ma vogliamo farlo senza distruggere le nostre industrie”, ha sottolineato. “Eni – scrive il NYT – che ha una presenza storica a Ravenna, sta promuovendo un progetto che secondo il sindaco potrebbe aiutare a preservare le industrie pesanti della regione: creare un progetto di cattura e stoccaggio delle emissioni”. L’azienda propone di costruire una rete di condotte per catturare l’anidride carbonica dai siti industriali e immagazzinarla in vecchi giacimenti di gas naturale. La società vede nella cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), una nuova promettente linea di business che aiuterebbe il passaggio ad attività più pulite. Eni, evidenzia il NYT, sta lavorando a progetti simili anche altrove in Europa, in particolare in Gran Bretagna, dove molti giacimenti maturi di petrolio e gas offrono un grande potenziale di stoccaggio. Esistono altri progetti di cattura del carbonio in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, spesso però volti a ridurre le emissioni derivanti dalla produzione di petrolio e gas naturale.
Eni ritiene di poter fare leva sulle infrastrutture esistenti, come pozzi e gasdotti, utilizzando la propria forza lavoro. Il ceo Claudio Descalzi intende trasformare la cattura del carbonio in una società ‘satellite’ che potrebbe attrarre altri investitori; i profitti, secondo le previsioni, potrebbero essere di circa il 10% all’anno. La transizione verso un’energia più pulita avrà successo solo se genererà imprese sostenibili, ha affermato Descalzi. “Altrimenti fallirà”, ha aggiunto. “Perché le risorse sono limitate e non puoi bruciare soldi”.
Se la prima fase (di Ravenna) andrà bene, Eni passerà a un progetto molto più ampio, dal costo iniziale di 1,5 miliardi di euro, che collegherà fabbriche e altri grandi emettitori in Italia e forse anche in Francia, per stoccare fino a 16 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno.
Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA), un’organizzazione intergovernativa, la cattura del carbonio deve rappresentare l’8% delle riduzioni cumulative delle emissioni se si vuole che il mondo raggiunga il net-zero entro il 2050.
La pressione dei clienti e le tasse sul carbonio stanno spingendo le aziende a considerare seriamente i progetti di cattura del carbonio. Alcuni analisti prevedono che la carbon tax dell’Unione Europea salirà ben al di sopra dei 100 euro a tonnellata nei prossimi anni. In questo modo, spiega al quotidiano americano Guido Brusco, Direttore Generale Natural Resources di Eni, la proposta di Eni di 80 euro a tonnellata diventa più appetibile.
La tecnica della Ccs non dispiace nemmeno a Greenpeace. “Se il rilascio di CO2 nell’atmosfera da parte di un impianto industriale è inevitabile, allora è meglio catturarlo”, ha affermato Doug Parr, capo scienziato di Greenpeace UK. (AGI)

RED