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Emanuele Timothy Salce, talento senza esercizio di presunzione

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Egli è un talentuoso attore e costituisce privilegio poterlo vedere in teatro perché è lì che riesce a rendere davvero la propria personalità:

 

Di Claudia Lo Presti

 

Sovente accade che i figli “cosiddetti “d’arte” vengano valutati sulla scorta di un inevitabile confronto, aggravato da una punta di benevola invidia, nell’attesa che l’appartenenza cromosomica e il respiro di un’atmosfera necessariamente impregnata di eccellenza, generino un talento proporzionato. Insomma, non gli si fanno sconti.

In Italia, il testimone tradotto da madre/padre in figlia/figlio è stato raccolto nella maggiore parte dei casi in maniera brillante e soddisfacente: ciascuno per proprio conto è riuscito a tratteggiare per sé uno spazio in cui prevalessero caratteristiche somiglianti per natura, ma declinate poi con uno stile personale che affranca gli attori e le attrici con cognomi “ingombranti” da continue rincorse a fare meglio e di più di.

Emanuele Salce di questi fardelli ne porterebbe ben due, essendo già figlio di Luciano (indimenticabile attore e regista, coraggioso e geniale interprete di un’epoca troppo ipocrita per coglierne appieno il valore) e figliastro – dall’età di due anni – di Vittorio Gassman che sposò la mamma Diletta D’Andrea. Ecco, Emanuele non se ne cura affatto, piuttosto con un riservato e decoroso distacco afferma le proprie origini, senza prodursi in quel balletto fatto di passi avanti e passi indietro rispetto al proprio cognome. E ci sarebbe da aggiungere che, sebbene la scelta sul mestiere di attore sia stata effettuata in età adulta, nessuno gli ha regalato nulla.

È stato diretto da Ettore Scola (Concorrenza sleale, Che strano chiamarsi Federico!); Pupi Avati (Il figlio più piccolo), Pappi Corsicato (Il Volto di un’altra), Roberto Andò (Una Storia senza nome). Ultimi lavori cinematografici sono Il Principe di Roma di Edoardo Falcone e Siccità di Paolo Virzì, col quale aveva lavorato già in Notti magiche. In Televisione, lo abbiamo visto in numerose fiction: Nero Wolfe (ep. Champagne per uno), Ho sposato uno sbirro (ep. Scoop), Il commissario Manara (ep. Uno strano incidente di caccia), Un Matrimonio (Pupi Avati), Camera Café. Nel 2009, ha scritto diretto ed interpretato insieme ad Andrea Pergolari “L’uomo dalla bocca storta”, dedicato al padre Luciano.

Egli è un talentuoso attore e costituisce privilegio poterlo vedere in teatro perché è lì che riesce a rendere davvero la propria personalità: in “Mumble Mumble”, (visto nel febbraio del 2020 al Teatro Angelo Musco nell’ambito della rassegna MUST e con cui adesso è in tournée con la versione intitolata  “Diario di un inadeguato ovvero Mumble Mumble Atto II, sempre in collaborazione con Andrea Pergolari e con la regia di Giuseppe Marini), narra con toni via via crescenti due momenti importanti della sua vita ed uno grottesco. L’attore racconta Emanuele quasi in sordina all’inizio, come spettatore delle dinamiche familiari che assimila in modi diversi anche per una faccenda anagrafica, accadendo i fatti in due momenti temporalmente distanti: ricalca, a mio parere in modo assai convincente, il proprio approccio all’esistenza, passando davanti ai fatti come un avventore qualsiasi: sarà lo spettatore a scoprire poi inconsapevolmente che la narrazione è autobiografica. Il terzo capitolo è un manuale di bravura incommentabile!

  • Nel magnifico spettacolo “Mumble Mumble, confessioni di un orfano d’arte”, di cui è autore insieme ad Andrea Pergolari, lei narra di vicende legate ai suoi “padri”, Luciano Salce e Vittorio Gassman e di una tragicomica esperienza personale: prodotto teatrale a mio parere perfetto in cui i suoi talenti di autore, narratore ed attore hanno modo di essere espressi egregiamente.  Qual è la storia di Emanuele bambino e ragazzo, anch’egli dotato della stoffa dell’artista, che si confronta con un ambiente così unico?

 

<<Sono partito fuggendo da questo mondo apparentemente bizzarro pieno di stravaganze e contraddizioni. Non ho mai nemmeno per un attimo pensato che avrei dovuto seguire le “orme paterne” e non sentivo alcun “sacro fuoco” dentro di me. Per la cronaca non ho mai nemmeno ricevuto particolari incoraggiamenti a cimentarmi. Ma ero già fortemente convinto che il talento non si ereditasse e che bisognasse prima di tutto capire cosa si fosse capaci di fare (prima di pretendere di voler fare chissà cosa a tutti i costi…) e solo dopo, eventualmente, procedere in una direzione.

Solo tardivamente, quando ho poi capito (ed ero già un po’ stempiato…) che fuggivo non solo dal confronto con i miei “padri” ma soprattutto dal confronto con me stesso, e che sarei dovuto passare dalle assi di un palcoscenico per sfidare i miei demoni, ho preso il toro per le corna e le mie responsabilità. Ovviamente c’è voluto un po’ di tempo, ricevendo parecchie cornate, ma alla fine ho chiuso il cerchio e mi sono appropriato della mia vita di uomo, di cui quella d’artista è solo un aspetto.>>

 

 

  • Oggi, tutti si cimentano come scrittori, anche se ahimè, alcuni di costoro farebbero meglio a desistere: lei, che in realtà ha davvero i modi e gli argomenti, ha pensato di scrivere un libro raccontando fatti di vita professionale e personale che riguardano lei e la sua famiglia? Sarebbe davvero un gran regalo per l’umanità…

 

<<La ringrazio della stima, è che non riesco ad immaginarmi l’umanità in attesa di un mio scritto riguardo fatti privati, come un fatto plausibile. E se poi lo fosse, chissà, sarebbe anche più strano per me. Posso dirle però che le uniche due volte che mi sono cimentato davanti ad una pagina bianca, cosa che per me è sempre una montagna da scalare, l’ho fatto sempre sentendo una necessità interiore. Non dico, con ciò, che debba essere questa la chiave giusta, tutt’altro. I maestri ci insegnano proprio il contrario, ovvero che la scrittura è anche e soprattutto frutto di una grande disciplina e di costante esercizio. Ed io sono tremendamente pigro e scostante… Almeno prima di iniziare. Ma mai dire mai.>>

 

  • Dai social non traspare granché, tanto che lei sembra essere una persona piuttosto riservata; ma mi piacerebbe conoscere le sue passioni oltre al teatro, hobby, la pianificazione di una sua giornata tipo, cosa la fa stare bene e cosa la fa arrabbiare…

 

<<Dai social traspare poco perché li uso poco. Quelli bravi che ne hanno capito l’importanza e le possibilità ci investono tempo e risorse ed ottengono risultati quali “follower” e “visualizzazioni” e questo pare possa portare anche dei benefici in visibilità ed in alcuni casi persino vantaggi economici. Ma io non mi ci vedo a postare tutti i giorni immagini accattivanti o di presunta normalità al solo scopo di accalappiare qualcuno. Li uso ogni tanto per lavoro, per condividere qualcosa che mi ha colpito o, che so, per delle imprese sportive (di altri).

La mia giornata tipo invernale è starmene la domenica a casa, in tuta, sul divano a guardare qualcosa di avvincente in tv smangiucchiando schifezze. Mentre quella estiva è sicuramente al mare, in un posto isolato, sotto un ombrellone a leggere un libro.

Mi fanno arrabbiare la falsità, la disonestà, la cialtroneria, i bugiardi cronici, quelli che vivono di alibi, i qualunquisti, gli ignoranti saccenti, gli stupidi presuntuosi, gli inutili che si credono indispensabili… poi, per carità, tutti dobbiamo sopravvivere in qualche modo e c’è spazio per tutti… E, in ultima analisi, bisognerebbe soprattutto chiedersi sempre come veniamo considerati noi dagli altri.>>

 

  • Emanuele Salce, lontano dal lavoro, è un tipo più sorridente e compagnone oppure rifugge i luoghi affollati e preferisce isolarsi?

 

<<Sono compagnone in ambienti protetti, fra amici o persone che conosco. Vivo nei luoghi affollati per lavoro, per lo svago ed il relax prediligo decisamente quelli isolati. Ma in buona compagnia!>>

 

5 -Recentemente, lei è stato insignito del prestigioso Premio Flaiano per “Diario di un inadeguato ovvero Mumble Mumble Atto II”: ce ne vorrebbe parlare?

 

<<Che dire… Ho preso un premio importante, si. Il primo della mia vita. Avendo cominciato tardi questa professione, non mi ero mai considerato uno che potesse poi arrivare ad essere anche considerato dal ‘sistema’. Ma è accaduto. E non mi è affatto dispiaciuto. Credo di esserne stato meritevole tutto sommato. A dirla tutta, sono arrivato anche nella terna finalista di un altro importante premio (Le Maschere del Teatro Italiano) come miglior novità italiana. Ma alla fine, mi creda, quello che realmente conta è il feedback che hai dal pubblico durante lo spettacolo e soprattutto dopo. Quello è il vero nutrimento dell’anima che ti dà l’energia per andare avanti.

Diario di un inadeguato è stata una grande sfida per me. A dodici anni di distanza dal mio primo testo di cui ero autore e interprete, che pensavo sarebbe stato un unicum e invece… È un testo ancora più intimo e difficile, di grande onestà. Avevo bisogno di complicarmi la vita sulla scena evidentemente, questo ha richiesto di dover alzare l’asticella sulla scena. È andata bene. Oltre le aspettative (che non avevo peraltro). A fine novembre lo riprenderò a Roma per un mese. >>

 

 

6 – A cosa si sta dedicando adesso? Lavori in corso e progetti futuri?

 

<<Adesso sto seguendo la mostra per il centenario dalla nascita di mio padre. Luciano Salce: l’ironia è una cosa seria. Un lavoro immenso, anche questo curato assieme ad Andrea Pergolari. Un lavoro di mesi e mesi rovistando negli scatoloni, leggendo lettere, documenti preziosi ed emozionanti che vanno dal tempo di guerra, dall’Accademia d’Arte Drammatica degli anni ’40, al campo di prigionia, passando dal dopoguerra, fino a viaggi incredibili e tournèe indimenticabili. Abbiamo cercato di ricostruire e restituire la storia di un uomo multiforme e poliedrico, la sua incredibile vita e la sua prodigiosa carriera. I successi e gli insuccessi, le vittorie e le sconfitte, le gioie e i dolori. E crediamo di esserci riusciti. È più di una semplice mostra. La gente che la visita si emoziona, partecipa attivamente, fa continue scoperte e ne esce soddisfatta e arricchita.>>

 

 

7 – Infine, quali sono il Cinema, la Televisione ed il Teatro che lei ama di più?

 

<<Amo quello che mi emoziona, quello che mi parla alla pancia, quello che cattura la mia attenzione, quello che mi comunica qualcosa. Non mi capita spesso. Ma capita. Quando non capita mi chiedo sempre che cosa spinga altri a fare operazioni così modeste, senza anima, per qualche insulsa necessità di fare mostra di sé. Detto ciò, ognuno ha il diritto di fare quel che meglio crede, per carità. La maggior parte delle cose brutte che ho visto, piacevano anche molto a certo pubblico, quindi va bene così, non devono piacere solo a me.>>

 

Ringraziando Emanuele Salce per il tempo che ha voluto dedicare al Quotidiano dei Contribuenti malgrado i propri impegni, mi torna in mente una dichiarazione di Piero Angela che egli fece parlando del figlio; disse che ben presto la gente avrebbe esclamato riconoscendolo: “Lei è Piero, il padre di Alberto Angela!”. Penso che Luciano Salce, dal luogo in cui si trova e nel quale starà spendendo ancora il proprio talento, guardando il figlio starà dicendo a tutti “Sapete che io sono il padre di quel ragazzo laggiù, Emanuele Salce?”

…La sua soddisfazione è il nostro miglior premio…”