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Delega fiscale: riforma o deforma?

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Il presidente Draghi ha specificato che la legge delega sulla riforma fiscale è una legge generale che andrà riempita di contenuti (i decreti delegati), quasi un mandato in bianco al governo. Ma, pur nella sua vaghezza, la delega fiscale presenta elementi di criticità rispetto ai principi fondamentali dell’uguaglianza dell’onere a parità di reddito, della lotta all’evasione e della progressività

di Renato Costanzo Gatti

Il nostro sistema fiscale richiede una riforma che riporti un po’ di ordine e di coerenza nel ripartire l’onere delle spese pubbliche tra i cittadini; ordine e coerenza dovrebbero rispondere a tre criteri generali: uguaglianza dell’onere a parità di reddito, lotta all’evasione e progressività. Riporto da Vincenzo Visco:

(…) dovremmo innanzitutto concordare sul fatto che i contribuenti devono essere uguali di fronte alle leggi tributarie: a parità di condizioni personali e capacità contributiva le imposte pagate dovrebbero essere le stesse. Oggi in Italia non è così. E questo l’aspetto fondamentale della questione a cui fare riferimento nella nostra discussione.

Negli ultimi 20 anni e ancora oggi, sono state, e vengono, introdotte sistematicamente e continuamente norme e interventi settoriali, episodici, privi di coerenza e razionalità, prevedendo bonus, incentivi, detassazioni, aumenti o riduzioni di aliquote, esenzioni, regimi sostitutivi, in modo sostanzialmente arbitrario e con effetti molto seri sulla parità di trattamento dei contribuenti. Oggi in Italia esistono oltre 500 “spese fiscali” per una perdita di gettito di oltre 60 miliardi.(…)

Il secondo punto riguarda la lotta efficace all’evasione fiscale. L’evasione di massa è una caratteristica ben nota del nostro sistema. Occorre una “terapia d’urto” in grado di risolvere il problema in alcuni anni. (…)

La tassazione progressiva dei redditi dovrebbe essere alla base del nostro sistema fiscale.

La legge delega

I principali aspetti della delega del Parlamento al Governo riguardano l’obiettivo di ridurre il cuneo fiscale, semplificare l’IRES, abbandonare l’IRAP, revisionare le addizionali e riorganizzare in 5 anni in sistema del catasto. Il presidente Draghi ha specificato che la legge delega è una legge generale che andrà riempita di contenuti (i decreti delegati). La legge delega, in sé, offre spunti critici di incostituzionalità in quanto le indicazioni date dal parlamento con la delega sono vaghe e interpretabili in modo non preciso; quasi un mandato in bianco al governo finalizzato ad una futura tacita accettazione. Comunque la delega fiscale presenta un punto, stavolta esplicito, che contrasta due principi generali. L’introduzione del sistema duale, quello per cui i redditi da lavoro e pensione sono tassati con aliquote progressive mentre gli altri redditi (capitale, impresa, fabbricati, etc.) sono tassati con un sistema proporzionale (flat tax). Si violerebbe in tal modo il principio che a parità di reddito si pagano le stesse imposte e il principio di progressività dell’imposizione.

La legge delega poi ad una affermazione di principio sulla lotta all’evasione non fa seguire una precisa strategia fattuale, pare doversi arrendere a questa macroingiustizia anche se rimedi sono fattibili con efficacia, come per esempio si fece con la fatturazione elettronica.

Le prime voci dell’attuazione della riforma

I primi accenni a punti specifici di riforma, così come anticipatici dalla stampa, offrono spunto per ulteriori riflessioni:

  • Flat tax. Quella della flat tax è il caso classico per cui lo stesso reddito è tassato in modo diverso a seconda che sia reddito di lavoro e pensione o reddito da reddito per cui vale la forfettizzazione. E’ già oggi in vigore la norma per cui per i redditi delle partite iva con fatturato fino a 65.000€, si paga su un reddito derivantene l’aliquota del 15% ovvero nei primi cinque anni del 5%. Questa stortura fiscale, secondo quanto si legge, verrebbe aggravata prevedendo, per chi superi il limite dei 65.000€, per i primi due anni una aliquota rispettivamente del 20 e del 10% (la Lega chiede inoltre l’innalzamento del limite da 65.000 a 80.000€). Si noti che si diffonde la prassi di aprire, quando si presume di superare i 65.000€ di fatturato, una nuova partita iva che oltre ad evitare di pagare alla tassazione normale, permette di godere dell’aliquota del 5% per i primi 5 anni.

  • Alle modifiche della flat tax si aggiunge l’eliminazione dell’Irap per le società di persone e gli studi associati.

  • Estimi catastali. Gli estimi catastali in base ai quali sono determinate le imposte su terreni e fabbricati sono lacunosi e non aggiornati creando disparità di imposizione rispetto ad altri redditi. La legge delega prevede un aggiornamento e un allineamento ai valori degli estimi da attuarsi in tre quattro anni. Per il momento, dice Draghi, non ci sarebbe nessuna conseguenza fiscale conseguente all’adeguamento, ma se esso ci fosse, a parità di gettito, ridurrebbe l’onere alla stragrande maggioranza dei redditieri riportando a tassazione equa chi finora ha goduto di una situazione incredibilmente di favore. Su questo punto la reazione delle destre è tale da minacciare la vita del governo.

  • Flat tax sui redditi di capitale: oggi i redditi da capitale pagano una flat tax del 26% discriminando quindi gli imponibili fiscali in base alla fonte del reddito ed esentando tali redditi dalla progressività. Si noti che uno speculatore che con una operazione finanziaria guadagna milioni di € pagherebbe la stessa aliquota di un lavoratore con un reddito di 20,000€ Ma ciò non basta, si prospetta nella riforma la riduzione dell’aliquota dal 26 al 23% argomentando, con non si sa quale ragionamento, che occorre applicare l’aliquota più bassa tra quelle dell’Irpef dei lavoratori e pensionati.

  • Iperammortamenti e Ace: si tratta di confermare, nonostante l’obiettivo di equiparare reddito civilistico con reddito fiscale, gli iper e super ammortamenti a favore delle aziende che investono in beni strumentali ad alta tecnologia. Lo stesso vale per il rinnovo dell’agevolazione super Ace per incentivare la ricapitalizzazione delle imprese nel 2022. Interventi costosi per le casse pubbliche. finora sono stati convertiti crediti d’imposta per 156 milioni di euro

  • Ires e dividendi: gli utili da imprese pagano il 24% sul reddito e i percettori di dividendo pagano oggi il 26% sul netto percepito. In totale pagano il 24% + il 26% sul 76% (100-24) ovvero il 24 + 19.7= 43.7% cui aggiungere i’irap per un totale di circa il 50%. Aliquota considerevole tenuto conto del ruolo delle imprese produttive e paragonata al 26% pagato dagli speculatori finanziari. Inoltre il piccolo azionista paga una imposta molto più alta del lavoratore e ancor più alta rispetto al grande azionista.

Tutti questi preannunci non fanno prevedere nulla di buono circa l’applicazione di quei tre principi generali che abbiamo esposto in premessa.

Il macrofisco

C’è un argomento che tuttavia va sottolineato, che riguarda la struttura macroeconomica del fisco; dobbiamo, al proposito, citare un passo ancora di Vincenzo Visco, che afferma che:

I sistemi fiscali in vigore nei Paesi sviluppati si basano ancora su un “disegno” comune che risale al secondo dopoguerra. A quei tempi i redditi di lavoro (dipendente e autonomo) rappresentavano il 65-70% del reddito nazionale, e quindi sistemi tributari che facevano affidamento soprattutto sui contributi sociali e le imposte sul reddito apparivano adeguati, ed erano in grado di finanziare senza troppe difficoltà la spesa pubblica e, soprattutto in Europa, i sistemi di welfare. Oggi la situazione è drasticamente cambiata: i redditi da lavoro sono scesi dovunque sotto il 50% (in Italia 47%), e quindi i sistemi fiscali si trovano in difficoltà crescenti con un peso eccessivo sui redditi da lavoro rispetto agli altri: in Italia, per esempio il rapporto tra redditi di lavoro e altri redditi risulta di 3 a 1 rispetto ad una distribuzione del reddito di 47 a 53. La sfida che i sistemi fiscali dovranno affrontare nel prossimo futuro è quindi quella di come riequilibrare la situazione esistente spostando il carico dai redditi di lavoro verso altre fonti di prelievo.”
Poniamo allora che l’imposizione media sui redditi da lavoro e pensioni si aggiri sul 30%, mentre quella sugli altri redditi si aggiri sui livelli del 23%, ne deriva una perdita di gettito che si può calcolare nel 5%.