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Ci credereste? Wikipedia ha compiuto 20 anni

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AGI – La più grande enciclopedia del mondo compie vent’anni. È il 15 gennaio 2001 quando Wikipedia compare online per la prima volta. Viene battezzata in inglese, ma in pochi mesi ottiene grande popolarità, moltiplicando voci e lingue disponibili. Oggi, secondo i dati Alexa, Wikipedia.org è il 13esimo sito più visitato sul pianeta.

L’edizione in italiano è il quinto con più traffico del nostro Paese. E, per numero di voci, è ottava nel mondo. I lemmi (aggiornati a gennaio 2020) sono 1.665.857 (circa un quarto di quelli in lingua inglese, i più numerosi). Oltre alla costante opera di revisione, vengono create 5 mila nuove voci al mese. Ci sono 2.066.066 utenti registrati (solo un frammento del traffico complessivo), 9.516 attivi e 113 amministratori.

Dalle luci rosse all’enciclopedia

Wikipedia è la fusione tra la parola hawaiana “wiki” (che significa “rapido, svelto”) e la classica “enciclopedia”. A inventare il nome è stato lo sviluppatore Larry Sanger, ritenuto assieme a Jimmy Wales il padre di Wikipedia. Il primo viene da studi in filosofia, il secondo dal mondo finanziario, grazie al quale ha incassato abbastanza da fondare, nel 1996, una società dot-com: si chiamava Bomis ed era un portale che aggregava contenuti, divisi per argomenti. Su Bomis si trovava di tutto, ma avevano grande successo informazioni e link per un pubblico maschile: sport e donne molto svestite. Nella sezione Premium, c’erano anche contenuti erotici a pagamento.

È in questa società, illuminata dalle luci rosse, che nasce Wikipedia. Tra il portale popolato di starlette e la grande enciclopedia partecipata di oggi c’è però un passaggio intermedio: Nupedia. Creata all’interno di Bomis nel 1999, sempre da Wales e Sanger, è un’enciclopedia aperta ai contributi volontari degli utenti. Ha però un vincolo: è concepita con una struttura di revisione rigida, che passa solo dagli esperti dell’argomento. Si evolve con troppa lentezza. Ecco perché la parola “wiki”, “rapido”, scelta per la nuova creatura.

“L’altro” fondatore

Wikipedia viene pensata come una costola (inizialmente for profit) di Bomis. E per Sanger sarebbe dovuta essere solo uno strumento per migliorare Nupedia. A questo punto le idee dei due fondatori iniziano ad allontanarsi. Wales (ancora oggi alla guida della fondazione senza scopo di lucro nata nel 2003 per sostenere Wikipedia) spinge su procedure snelle e partecipazione. Sanger, che vorrebbe maggior rigore, abbandona il progetto già nel 2002. Le strade si separano tutt’altro che pacificamente, tanto che Wales ha più volte sottostimato il contributo del collega. Nel post di presentazione della Wikimedia Foundation (che non è sottoposto a revisione), Wales si definisce “fondatore” e cita Sanger solo come “assunto” in Nupedia. A smentirlo c’è proprio la sua creatura: Wikipedia indica Sanger come “co-fondatore”, oltre che come ideatore del nome Wikipedia.

La filosofia wiki e la nascita di Wales

Pensando alla filosofia di Wikipedia, non sorprende che le parole di Wales siano state superate dalle revisioni della comunità. Il modello si basa infatti su cinque pilastri: il progetto è “un’enciclopedia” (“non punta a contenere qualsivoglia tipo di contenuto originale ma una rielaborazione selettiva basata sulle fonti”), è “neutrale” (punta a riportare “in maniera equa i punti di vista rilevanti”), “libero” (“aperto” ma “non anarchico”, con contenuti “utilizzabili e ridistribuibili”), dotato di “un codice di condotta” (la “Wikiquette”, l’etichetta dell’enciclopedia) e “senza regole fisse”.

Ancor meglio dei pilastri, a spiegare bene quale sia l’anima di Wikipedia è un episodio legato al fondatore. Per anni si è dibattuto su quale fosse la sua vera data di nascita. Nei documenti ufficiali risulta l’8 agosto. Ma una fonte diretta (la madre di Wales) giura di aver partorito intorno alle 23.30 del 7 agosto. Wikipedia, alla fine, ha preferito il ricordo di un testimone (che più testimone non si può) all’anagrafe. Una decisione che solo in apparenza è un dettaglio: tutta l’enciclopedia digitale si fonda sull’attendibilità delle fonti e sul loro controllo. È la comunità a decidere, anche sulla data di nascita del fondatore.

Come e quanto incassa

Il successo è andato oltre ogni previsione: “È più grande di quanto avessi mai immaginato”, ha detto in un’intervista del 2013. Wikipedia non incassa dalla pubblicità ma campa solo grazie alle donazione degli utenti. Nell’anno fiscale 2019-2020, la raccolta è stata di 124 milioni di dollari, il 9,9% in più rispetto all’annata precedente. Si tratta quasi sempre di micro donazioni (in media 1,43 dollari), a conferma di un modello distribuito non solo nella creazione di contenuti ma anche nella base finanziaria.

Wales, il fondatore “povero”

E così, in mezzo ai mega-miliardari fondatori dei siti più frequentati al mondo, da Facebook a Google, da Amazon a Baidu, c’è un’anomalia: Jimmy Wales. Nel 2014 ha confermato al Guardian di avere un patrimonio intorno al milione di dollari. Non se la passa male, certo. Ma un milione (o quello che è diventato in questi sette anni, grazie alla sua impresa Fandom, ex Wikia) è davvero nulla rispetto al valore, nell’ordine dei miliardi di dollari, che Wikipedia avrebbe se fosse sul mercato. Si tratta però di una fanta-cifra, perché la struttura, fatta di volontari, crollerebbe se imponesse pubblicità o mettesse becco in modo interessato sui contenuti. “Se fossimo supportati dalla pubblicità – rispondeva Wales nel 2014 – ci interesseremmo alle voci che riguardano un milione di utenti negli Stati Uniti ma non di quelle che potrebbe interessare a un altro milione di lettori in India”. Con un approccio commerciale, infatti, sarebbe inevitabile favorire i Paesi che garantirebbero più introiti. Ed i rapporti di forza sarebbero chiari. Per dare un’idea: nel 2019-2020, buona parte dei contributi è arrivato da Nord America (73 milioni) ed Europa (35,3 milioni). Australia e Asia hanno messo insieme 10 milioni, mentre dal Sud America sono arrivati appena 39.586 dollari e dall’Africa 145.880.

Vedi: Ci credereste? Wikipedia ha compiuto 20 anni
Fonte: cultura agi


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