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Catalogo aggiornato dei grandi italiani

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Il filosofo tradotto nel mondo, lo scrittore, l’arbitro di eleganza, il regista. Il direttore d’orchestra e la pianista, il prete e l’attrice. Nomi nuovi, nuovi motivi di godimento per Camillo Langone che è alla ricerca del più grande italiano vivente

di Camillo Langone

Il poeta la cui opera è oggetto di un culto trasversale tra le generazioni. L’uomo che salvò l’euro e può salvare l’europa e dunque l’italia. Lo psicologo che ha fondato una comunità di recupero a Pavia e la suora che per anni è stata la responsabile del volontariato al Cottolengo di Torino L’ironia e il talento di chi crea una galleria di personaggi senza pari: “l’italiano come mi piacerebbe che fosse”. Il sacerdote responsabile di una piccola comunità di bambini bisognosi. Il grande italiano che va scoperto tra le persone semplici non famose ma che aiutano nel silenzio chi soffre
Sono enciclopedico e bulimico, fosse per me l’operazione “Il più grande italiano vivente” la farei durare anni, la penso come sant’agostino, “tutto ciò che finisce è troppo breve”, è troppo bello sentirsi raccontare i grandi italiani viventi, scoprire nomi nuovi o aspetti nuovi di personaggi noti… E poi sadicamente godo a gettare eccellenza, nobiltà, superiorità addosso agli odiatori della grandezza, definizione giusta per coloro che considerano la grandezza qualcosa di ormai impraticabile, appartenente solo al passato. Questa intanto è la seconda puntata.
GIORGIO AGAMBEN
E’ senza dubbio l’unico filosofo del nostro paese davvero conosciuto e tradotto in tutto il mondo. Con la sua opera ha totalmente rivoluzionato le idee sottostanti ai concetti di diritto, colpa, linguaggio, vita animale, critica letteraria. Homo Sacer, figura del diritto romano a cui ha dedicato migliaia di pagine, ha segnato una svolta nella nostra concezione di sacralità della vita orientando il pensiero verso tutto un altro modo di concepire Stato, cittadinanza, giustizia. (Leonardo Caffo)
GIORGIO ARMANI
Individuare il più grande italiano vivente non è stato affatto semplice. I grandi italiani sembrano essere tutti morti. E questo ci dice che siamo disposti a riconoscere la grandezza di una persona soltanto quando non è più parte di questo mondo. Ma è impossibile pensare che domani non ci saranno italiani che ne ricorderanno altri in vita oggi. Io dico Giorgio Armani. L’eleganza di Armani è eterna e basica. Comprensibile a tutti. Sempre attuale mai moderna. Non mette in imbarazzo. E soprattutto non si piega alla moda. Lui che lavora nella moda. (Fabio Dragoni)
ALESSANDRO BARICCO
Perché come diceva Francesco Acri del filosofare di Socrate, “quel trarre a sé le gambe per grattarle dov’era tuttavia la pressura della catena”, così anche Baricco si è occupato sempre e solo di argomenti veri. E lo ha fatto non da anonimo, da liquido. Ma da scrittore con una voce. Esempio di cosa voglia dire fare cultura e avere successo, invidiato e per questo invidiabile. Erano otto o nove anni che non usciva un suo romanzo. Quindi “Abel” è il più bel romanzo degli ultimi otto o nove anni. Ha dimostrato di essere il più grande italiano vivente quando, malato di leucemia, per il ricovero in ospedale si è portato dietro Il Circolo Pickwick di Dickens. (Riccardo Canaletti)
MARCO BELLOCCHIO
Qualcuno forse non ricorda quanto Marco Bellocchio abbia contribuito coi suoi film alla discussione che ha portato alla riforma Basaglia (1978). Anche quando nella sua opera la pazzia non è tema centrale (come ne I pugni in tasca, o in Matti da slegare), c’è comunque un’allegoria che la rappresenta: l’esclusione, la sopraffazione del più forte sul più debole, esattamente il sistema contro cui ha lottato Basaglia il quale considerava i manicomi luoghi di potere, di oppressione e di lotta di classe. Ecco la preoccupazione sociale, politica, artistica che Bellocchio non ha mai abbandonato. Persino Il traditore, su Buscetta latitante in Brasile, parla di segregazione. Pazzia, crimine, fede, politica: continua a esistere una forma di internamento, sebbene i manicomi non esistano più. Dunque Marco Bellocchio, oltre a essere il più grande italiano vivente, è l’artista più contemporaneo e rivoluzionario. Non è mai diventato vecchio. (Teresa Ciabatti)
MAURO CRIPPA
La vera grandezza si trova dietro le quinte dell’esposizione mediatica. Mauro Crippa, direttore generale dell’informazione e responsabile della direzione Comunicazione e Immagine per Mediaset, viene allo scoperto con un’analisi di portata epistemologica. Ha pubblicato per Piemme, insieme al filosofo Giuseppe Girgenti, il saggio Umano, poco umano – Esercizi spirituali contro l’intelligenza artificiale. Non si tratta di una filippica neoluddista in quest’epoca di autoreferenzialità digitale. Crippa è il profeta di un possibile o probabile caos provocato dalla cibernetica più invasiva. Per giunta in un paese con il gusto endemico dell’improvvisazione, del tutto privo di lucidità pianificatrice. E Mauro Crippa non si crogiola nella sua posizione apicale, ma ne trae l’esperienza sul campo necessaria a delineare con precisione documentata il pericolo apocalittico dell’intelligenza artificiale quale ennesima variante di una tecnologia estrema lasciata a briglia sciolta. (Enzo Verrengia)
MILO DE ANGELIS
Milo De Angelis è l’ultimo dei poeti cui non sia ancora caduta l’aureola (se lo vogliamo dire con Baudelaire) o l’aura (se invece vogliamo scomodare Benjamin). La sua poesia è oggetto di un culto trasversale tra le generazioni, Millimetri è un libro feticcio. “In noi giungerà l’universo, quel silenzio frontale dov’eravamo già stati” è il primo verso che viene in mente non solo a me, credo, ma a tutti quelli che lo hanno letto anche solo una volta. Milo è l’unico poeta chiamato da tutti solo per nome, la sua capacità di parlare di poesia è stupefacente, può inanellare serie sinonimiche per interi minuti. Milo ha detto una volta che per cambiare la vita di chi lo legge, un libro deve aver cambiato quella di chi lo ha scritto. Di sicuro non avviene sempre, con tutti i libri, nemmeno con tutti i suoi, ma con alcuni suoi sicuramente sì, ed è per questo che uno più grande di lui su due piedi non lo trovo, e forse non lo troverei nemmeno a pensarci di più. (Gilda Policastro)
MARIO DRAGHI
Salvò l’euro, può salvare l’europa e dunque l’italia. (Marina Valensise)
Dovendo fare un nome solo indicherei un uomo non giovane ma ancora lucidissimo e molto attivo, dalle grandi doti intellettuali, gestionali ma anche morali: Mario Draghi. (Ugo Volli)
LUDOVICO EINAUDI
L’unico vivente che sia riuscito a dare veste sonora a Virginia Woolf, con Le Onde, e a Cristina Campo e Simone Weil, con Primavera. E a eguagliare per intensità emotiva, sonorizzandone le inquietudini raminghe nelle mie letture, le fughe notturne d’annientamento di un altro grande italiano, ma non più purtroppo vivente, come Pier Vittorio Tondelli. (Andrea Venanzoni)
SIMONE FEDER
Ho riformulato tra me la domanda: QUALI SONO GLI ITALIANI VIVENTI AL CUI COSPETTO MI SENTO UNA CIMICE? Mi sono venuti alla mente diversi nomi. Mina, Mattarella, l’artista Emma Ciceri… Ma alla fine credo che il più grande italiano vivente sia Simone Feder. Psicologo, ha fondato la comunità di recupero “Casa del giovane” di Pavia e pressoché quotidianamente segue i giovani che vivono allo stato semiselvaggio nel famigerato bosco di Rogoredo, offrendo loro tutto: assistenza medica e psicologica, cibi e bevande calde, libri. Ha scritto un libro bellissimo, Alice e la regola del bosco. Lui è il mio italiano preferito. (Luca Doninelli)
SUOR GIULIANA GALLI
Mi è sempre stato difficile definire il più bravo, la più importante, il o la più grande. Ma se mi viene chiesto un nome del più grande o la più grande persona italiana vivente mi viene da pensare a suor Giuliana Galli che per molti anni è stata la responsabile del volontariato al Cottolengo di Torino. Una suora a cui un giorno ho chiesto: “Perché non è andata nel Terzo mondo a soccorrere i poveri, i malati ?”. Lei mi ha risposto: “Perché il Terzo mondo, i poveri, le persone diversamente abili sono anche qui a Torino a pochi passi dal Cottolengo”. Suor Giuliana è una donna profondamente religiosa e generosa che ha sempre cercato di creare dei ponti con le altre religioni, che ha saputo coniugare la spiritualità e una vita attiva e pragmatica inserita nella società. Non posso dimenticare l’affetto di suor Giuliana per mia madre, la sua presenza calma, il suo sorriso dolce e la sua determinazione ad aiutare sempre chi sta soffrendo. (Alain Elkann)
CORRADO GUZZANTI
Se volete passare utilmente il vostro tempo su Instagram, invece di smarrire il cervello nelle stupidaggini plastificate delle influencer, andate sul profilo di Corrado Guzzanti. Troverete una ricca antologia di battute geniali, di trovate sensazionali, prove di un umorismo strepitoso, sideralmente lontano dalla cattiveria posticcia, ringhiosa, carica di odio di gran parte del partito della satira conformista. L’ironia di Corrado Guzzanti è un bene raro e prezioso: non perdetevela. Se volete il Grande Romanzo Italiano, ecco, andate da lui, vi orienterete nei meandri dell’antropologia italiana scrutata e rappresentata con una tecnica sopraffina, e riderete fino ai crampi allo stomaco. Per far ridere ci vuole talento, far piangere è più facile. Il talento di Corrado Guzzanti, con la creazione di una galleria di personaggi senza pari, provoca in me la più sincera ammirazione: l’italiano come mi piacerebbe che fosse. (Pierluigi Battista)
DON SANDRO LAGOMARSINI
Il più degno di essere chiamato uomo è per me il responsabile di una piccola comunità di bambini bisognosi che si trova in Liguria: lui si chiama don Sandro Lagomarsini. Questi bambini li istruisce, li mantiene, gli dà da dormire, gli insegna a pubblicare. Pubblica un foglio, che esce quando può, e non è stampato ma ciclostilato. Gli scrittori vanno a trovarlo per tenere qualche lezione. Ci sono andato anch’io, ma purtroppo mi sono ammalato di tonsillite, che dà febbre alta. Non sono servito a niente anzi ho avuto bisogno di assistenza. Chiedo ancora scusa. Da lui ho imparato cosa vuol dire vivere per gli altri. Spero che venga premiato, non so come e da chi. Da lui si mangiava un pezzo di pizza, mezza o un quarto. Mai mangiato così bene. (Ferdinando Camon)
SOPHIA LOREN
Essendo l’aggettivo “grande” assai generico, mi sono imposto tre caratteristiche: 1) deve avere una vita alle spalle; 2) deve essere conosciuto nel mondo; 3) ci deve essere una consistente probabilità che tra, diciamo, cinquant’anni sia ancora presente alla memoria di molti. Siccome ho poco tempo, devo vedermela con i nomi che mi sono venuti in mente subito: Sinner, Renzo Piano, Sophia Loren, Mario Draghi. Sinner non ha ancora una vita alle spalle, ed è eliminato. Che tra cinquant’anni Draghi sia ancora presente alla memoria universale è dubbio. Nella finale tra Renzo Piano e Sophia Loren, scelgo la Loren. Popolarità indiscutibile e superiore a quella dell’architetto, icona universale di un’italianità senza tempo. (Giorgio Dell’arti)
RICCARDO MUTI
Se non fossero morti, citerei Veronesi o Berlusconi. Ora mi vengono in mente due personaggi eccezionali: Draghi e Muti, che non hanno commesso errori e si sono distinti a livello internazionale. Li ho conosciuti personalmente e mi sono accorto che hanno qualcosa di eccezionale. Inoltre le opere che hanno firmato sono la testimonianza del loro indiscutibile valore. Non aggiungo osservazioni ovvie. In ogni caso credo che Muti vinca il duello con Draghi. (Vittorio Feltri)
VINCENZO PROFETA
Fare arte nel XXI secolo non è facile. Farlo in Italia ancora meno. A Palermo poi sembra impossibile. Palermo è città buona per i commiati, si va lì per morire, lo sanno tutti. Ma è pure vero che i profeti arrivano sempre dalle periferie dell’impero. E lui la vocazione ce l’ha già nel nome: Vincenzo Profeta, artista visivo, nato quasi mezzo secolo fa nella città dei geni. Da quando dipinge ha smesso di invecchiare. Dice di discendere dai sumeri, o da qualche nume babilonese, sicuramente, anche se non sappiamo come, è in contatto con il divino. Le opere del suo collettivo, il Laboratorio Saccardi, sono un unico scherzo infinito, escamotage per farsi gioco del sistema dell’arte. Tra minchie, carretti, falsi d’autore, citazioni assurde, Profeta riesce ancora a dipingere con la stessa irresponsabilità dei bambini. Ingenuità da tutelare, nell’epoca dei know how, delle skills. L’italia è piena di grandi pittori viventi, quindi morenti. Profeta, nessuno lo ha visto invecchiare. (Lorenzo Vitelli)
BEATRICE RANA
Il bagliore di Beatrice si eleva come una nuvola di polvere d’oro sulle disgrazie di un paese per vecchi e vi si deposita sopra per impreziosirne le aride macerie canute. Da un lato all’altro del mondo, dalla Carnegie Hall di New York, ai migliori direttori d’orchestra, da Beethoven a Chopin, come nel suo ultimo album per la Warner, uscito l’8 marzo, data perfetta per celebrare una giovane, grande donna. Dobbiamo ringraziare Beatrice Rana, trentuno anni, salentina, forte come gli ulivi della sua terra, le cui radici porta dentro fin sui tasti del pianoforte, considerata la più importante pianista italiana al mondo. Lei, Italia che torna certezza nella storia, ci ricorda la capacità dell’arte di parlare una lingua realmente universale che si erge oltre ogni infantile e castrante ideologia, e di come essa sia maturazione civile e non un fondale sterile sui nostri giorni da impiegati replicanti, annullati nelle nostre dimensioni di profondità. Beatrice è grande, l’italia è grande. (Emanuele Ricucci)
ERMENEGILDO ROSSI
Oggi è difficile trovare una figura di uno statista o di un grande personaggio che sia icona d’italianità. Se fosse vivo ancora: Berlusconi. Avrei detto lui perché nel bene o nel male ha inciso sulla storia del nostro paese. Oggi un grande italiano va scoperto tra le persone semplici non famose ma che aiutano nel silenzio chi soffre. Ermenegildo Rossi, lo steward che sventò l’attacco terroristico sul volo Roma-parigi nel 2011 salvando 135 passeggeri. Non lo conosce nessuno e nessuno quasi lo ha ricordato ma non vedendo statisti in giro penso che l’uomo semplice, eroe coraggioso sia da contrapporre per grandezza all’uomo semplice, tiktoker o influencer. E’ il vuoto pneumatico dei tempi che invece avrebbero bisogno di nuove icone e guide. (Edoardo Sylos Labini)
LILIANA SEGRE
Liliana Segre è il più grande italiano vivente perché la sua vita è una testimonianza storica, che dunque va al di là del presente e si proietta verso il futuro. (Maurizio Ferraris)
LUIGI SERAFINI
Perché il genius loci non si può sfrattare: l’idea stessa che possa traslocare la galleria-studio che guarda dall’alto della storia e del 4° piano il Pantheon è qualcosa di profondamente blasfemo, come la spoliazione di un santuario. Specchio dello spirito di un’epoca tutta sua, Serafini è pittore, scultore, orafo, o, meglio, sciamano, rabdomante, psicogeografo, maestro di sguardo sul retrofuturo, in un multiverso morfoplasticoso e vegetale. Il più grande italiano vivente è il custode di un paesaggio d’altrove, il Codex Seraphinianus è l’opera più cosmopolita eppure “un monumento della civiltà artistica italiana nella scia della Bibbia di Borso D’este”(sgarbi). Nella casa che incombe sul Pantheon ci si sofferma sulle sue pagine diafane e reticenti, oppure si sta sospesi sull’altalena etrusca: in un dondolio tra mito, autonomia e arbitrarietà dei segni, tra rito e cultura, conoscenza e gioco. Lunga vita all’italiano vivente, e allora resistere (allo sfratto), resistere, esistere. (Ottavio Di Brizzi)
Luigi Serafini è un grande pittore in un’epoca in cui gli artisti spesso sono soltanto astute larve, simulacri di creatività. In lui la creazione s’intreccia con l’ironia, individuando l’unica posizione possibile in quel naufragio regolato che va sotto il nome di realtà contemporanea. Non a caso il suo Codex nasce da una costola dell’en – cyclopédiedi Diderot e d’alembert, in nome di una ragione che si allarga fino a comprendere anche gli scherzi e le turbe della fantasia. L’uso spregiudicato del colore nelle sue opere rivela la parentela tra l’opera d’arte e il giocattolo; come diceva Baudelaire l’arte è solo l’infanzia ritrovata con la volontà. (Giuseppe Scaraffia)
ELISABETTA SGARBI
Quello che ha creato Elisabetta Sgarbi è sotto gli occhi di tutti. Una realtà editoriale nuova che in pochi anni si è consolidata tra le più grandi. Un fermento culturale continuo, penso alla Milanesiana. Film, musica: la sua creatività si esplica in tanti modi, in linguaggi sempre nuovi anche quando hanno un nucleo antico. E poi, non saprei dire come fa, intercetta autori di valore poco prima che quelli vincano Pulitzer o Nobel. Non si è mai fermata, nemmeno nei momenti più difficili. Se ha un’idea, la porta avanti a costo di rimetterci. Direi allora che ha una visione, e in questo tempo è raro averne. Inoltre, concede grande libertà ai suoi autori e autrici. Per queste ragioni io credo che si avvicini molto a un’idea di grandezza: la grandezza di chi lascia un segno significativo in quello che fa. (Carmen Pellegrino)
La prima puntata di questo girotondo organizzato da Camillo Langone è stata pubblicata lunedì 4 marzo.

Fonte: Il Foglio