AGI – Il giuramento del governo Draghi non placa le polemiche nell’ala dura del Movimento 5 stelle. C’è chi chiede la ripetizione del voto sulla piattaforma Rousseau, chi annuncia un appoggio “condizionato” in Parlamento, chi critica la presenza di ministri di Forza Italia e chi accusa i vertici di aver fallito e tradito.
Un fiume in piena che provoca la discesa in campo di Beppe Grillo. Il garante in un post sul suo blog invita tutti a guardare lontano e ricorda che questo è il momento delle scelte: “O di qua, o di là. Scegliere le idee del secolo che è finito nel 1999 oppure quelle del secolo che finirà nel 2099”.
La prima a schierarsi contro le scelte del Movimento è stata Barbara Lezzi, senatrice tra le più intransigenti, che in mattinata ha inviato una mail al capo politico, Vito Crimi, al Comitato di garanzia e allo stesso Grillo per contestare il quesito sottoposto l’altro ieri agli iscritti e approvato con il circa il 60% dei voti.
La domanda per ottenere il via libera all’esecutivo, attacca, “non ha trovato riscontro nella formazione del nuovo Governo. Non c’è il super-ministero che avrebbe dovuto prevedere la fusione tra il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero dell’Ambiente”.
Per questo, sostiene, deve essere “immediatamente indetta una nuova consultazione con un quesito in cui sia chiara l’effettiva portata del ministero e che riporti la composizione del Governo”. Altrimenti, minaccia, “il voto alla fiducia deve essere no”.
Deluso è anche il deputato Giuseppe Brescia: il suo “sarà un appoggio condizionato. La squadra non convince semplicemente perché non è una squadra. Sono quote di rappresentanza di ogni partito che ha manifestato la volontà di sostenere Draghi”, spiega il presidente della commissione Affari costituzionali che chiede la difesa “delle importanti conquiste raggiunte in questi anni. Per quanto facciano impressione alcuni nomi, per quanto sia difficile digerire tutto quanto è successo per opera di veri e propri opportunisti-traditori-irresponsabili, noi non possiamo sottrarci alle nostre responsabilità. Sarebbe più facile, sarebbe più comodo ma non sarebbe giusto nei confronti del Paese”, dice.
“Amarezza” viene espressa dalla deputata Simona Suriano: “La lista dei ministri ci lascia fortemente delusi. Inconcepibile non vi sia nel governo nessun rappresentante del M5s siciliano né del Sud. Il Movimento rappresenta più di dieci milioni di elettori e avrebbe meritato ben altra considerazione. Se qualcuno pensa che il sostegno sia incondizionato – è l’affondo – ha inteso male”.
Tiene invece i toni bassi la deputata Angela Raffa: “Se prima di una votazione è accettabile un dibattito interno – osserva – adesso serve solo a distruggere il M5s e fare felici i Renzi ed i Calenda. A breve voteremo le modifiche allo Statuto ed eleggeremo il nuovo capo politico: ci saranno altre occasioni per confrontarsi. Ora dobbiamo difendere le buone leggi fatte durante il governo Conte”.
Alessandro Di Battista torna a contestare il governo: “Trovo immorale che politici che hanno speso tempo (e dunque denaro pubblico) non per occuparsi del Paese ma per risolvere le grane giudiziarie del loro leader, possano avere ancora ruoli così apicali”.
Il riferimento è a Renato Brunetta, Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini, “ministri nell’ultimo governo Berlusconi, un governo che ricordiamo soprattutto per le leggi ad-personam, ovvero il tentativo (in parte riuscito) di ‘deviare’ le Istituzioni per metterle al servizio di un leader politico”.
Malumori si registrano anche lontano da Roma. Il consigliere lombardo Dario Violi critica il Movimento con un video sui social. “Abbiamo una classe dirigente che non solo nella trattativa” per la formazione del governo, “ma anche nella gestione della trasformazione del Movimento 5 stelle ha fallito e ha tradito”, premette. “Mi fa paura essere parte di una forza politica dove non esiste la meritocrazia, dove da anni chi somma fallimenti pare inamovibile”, conclude. “Dobbiamo riprenderci il Movimento, mettendo al centro il merito e il merito non è chi riceve più like su Facebook”.
“Cappotto!”. È la parola che campeggia su una locandina che circola tra i social e che segna il filo rosso della delusione del M5s in Sicilia per l’assenza di ministri isolani nella squadra di Draghi. Quel cappotto si riferisce alle politiche del 2018: “28 seggi su 28”. Tanti ne ebbero i pentastellati al di qua dello stretto. Un successo strabiliante, ma che non è valso una sola poltrona di peso.
Lo stesso uomo forte del M5s nella regione, l’ex viceministro ai Trasporti, Giancarlo Cancelleri, che si attendeva probabilmente una promozione, è rimasto fuori. Insomma dal “28 seggi su 28”, a zero ministri. “Gente senza spina dorsale”, è la critica rivolta ai vertici del movimento.
“Adesso ci compenseranno con 4 vice ministri che non valgono nulla”. Altri sono più netti: “Il Movimento cinque stelle è morto”. “C’era da difendere i provvedimenti, la giustizia?… c’era da difendere ben altro”. Insomma, altro che cappotto… “direi complotto… verso noi con l’appoggio di tutti”. E nel giorno dei mal di pancia si inserisce anche il parlamentare Michele Giarrusso: “Ma non lo capite che tutto quello che volevano era la poltrona degli esteri per Giggino?”.
Fermento e molti malumori tra i Cinque Stelle pugliesi dopo la presentazione del Governo di Mario Draghi. Sui social e nelle chat si intrecciano le contestazioni rispetto a coloro che hanno votato si al quesito posto sulla piattaforma Rousseau per il sostegno al Governo tecnico-politico (44.177 si a fronte di 30.360 no), con quelle relative alla scelta dei componenti dell’Esecutivo.
Il leit motiv prevalente – rispetto a quest’ultimo tema – è la penalizzazione del Sud nella squadra di Governo, sintetizzato dall’assessora regionale al Welfare Rosa Barone: “Il mio Sud si è visto “sparire da una lista dei ministri a trazione settentrionale e questo spaventa”.
“Spaventa soprattutto per il futuro prossimo, per le difficoltà già presenti a più livelli e per quello che avverrà tra qualche mese, quando si tireranno le somme del danno sociale ed economico della pandemia”, ha aggiunto. E sul voto sulla piattaforma Rousseau ha ammesso: “Ho votato No a questo Governo, perché lo vedevo lontanissimo dal percorso di maturità che il movimento 5 stelle aveva di fronte a sé, ma anche lontano dalla nostra natura”.
In Puglia la posizione di Barbara Lezzi trova molti sostenitori tra i pugliesi che stanno esprimendo valutazioni molto negative sul Governo sia sulla pagina Facebook della stessa Lezzi che su quella del Movimento 5 Stelle regionale.
Meno dura, invece, la posizione della parlamentare Bruna Angela Piarulli, che sottolinea il divario tra il numero dei ministri provenienti dalle regioni del Nord (18) e i 5 del Sud, dicendosi “contenta per i nostri ministri”, ricordando che la Puglia ha perso tutti i suoi rappresentanti, “tra cui il premier Conte” e chiedendo che “uno degli obiettivi del Recovery fund resti il superamento del divario nord-sud”.
Possibilista sull’appoggio dei pentastellati al Governo anche Antonella Laricchia, già candidata alla presidenza della Regione Puglia e unica consigliera eletta a non avere accettato l’accordo dei grillini con il governatore Michele Emiliano per entrare nella giunta regionale.
“Restano le mie personali perplessità su questo Governo ma la possibilità di creare un accordo post voto era prevista durante la campagna elettorale delle politiche 2018 – ha chiarito – dunque accetto che Grillo, Conte, Di Maio e il 59% degli iscritti abbiano preferito andare a governare anche in queste difficili condizioni piuttosto che rimanere all’opposizione”.
Per Laricchia, dunque, la scelta del Movimento a livello nazionale non è un tradimento, come quello “che si sta consumando in Puglia nei confronti dei propri elettori”. Per questo torna a chiedere “a chi predicava in maniera miope che le alleanze di Roma andavano portate sui territori: dunque ora cosa accadrà, Lega e Forza Italia andranno a governare con Emiliano?”.
Vedi: Lezzi e Di Battista guidano il 'partito del no' a Draghi dentro il Movimento
Fonte: politica agi