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8 marzo: donne migranti, aborti clandestini e matrimoni forzati

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L’8 marzo le donne celebrano i diritti conquistati con decenni di battaglie, ma affiora anche l’inferno in cui vivono le donne migranti, per le quali quegli stessi diritti sono un traguardo ancira da raggiungere. “Alcune donne oggi qui presenti, che vivono a Palermo, la nostra città, non sono state in grado di esprimere in italiano il loro disagio. Manca completamente la figura del mediatore culturale, anche per denunciare le violenze subite. Poniamo questo tema alla Consulta delle Culture. E’ stata creata al Comune una commissione pari opportunità e politiche di genere ma non si organizzano tavoli per discutere veramente, e tanti dei problemi di parità riguardano le donne migranti”. Lo ha detto oggi la segretaria Cgil Palermo Bijou Nzirirane alla giornata di condivisione e riflessione con le comunità di donne migranti che il sindacato e il suo coordinamento donne hanno organizzato per l’8 marzo. Hanno partecipato donne ucraine, ivoriane, nigeriane, del Bangladesh, sudamericane, tunisine. Un incontro durante il quale si è parlato “di contratti poveri, di diritti negati, dell’attacco gravissimo alla legge sull’aborto”. “Oggi le donne che scelgono di non portare avanti una gravidanza non riescono ad avere accesso ai servizi nei consultori. E questo è uno dei problemi più diffusi tra le donne migranti. Nel 2024 stanno tornando gli aborti clandestini. Per le donne migranti sappiamo che in questa città è tutto più complicato, dalla ricerca di un alloggio, al diritto allo studio e a quello alle cure sanitarie”, ha detto la responsabile del coordinamento donne Enza Pisa. “Noi oggi ci siamo incontrati per continuare a vederci e stabilire quali vertenze possiamo costruire insieme per arrivare alla parità dei diritti. La lotta dell’8 marzo è fatta da noi donne, che dobbiamo essere consapevoli di questa parità e che la parità si raggiunge insieme – ha aggiunto Bijou Nzirirane – e l’assenza delle istituzioni verso le tematiche delle donne migranti è terribile. Le donne vittime di tratta, con figli molto piccoli, che subiscono la violenza maschile dei loro compagni, non riescono a denunciare perché mancano dei servizi concreti che le accompagnino a questa denuncia, mediatori culturali e professionisti formati per sentire i loro racconti e tradurre le loro denunce. Tante donne subiscono discriminazioni e anche situazioni di mobbing ma non denunciano per paura di perdere il lavoro. Ma sono realtà che esistono e noi lo sappiamo bene”. Come pure sono emerse durante il dibattito le difficoltà di chi vuole ricominciare una nuova vita, avendo lasciato un paese in guerra. “Tante laureate arrivano a Palermo e gli unici lavori che trovano sono lavori di cura domestica e tante volte vengono proposti lavori senza contratti. Ma è difficilissimo trovare lavoro qualificato. Gli unici contratti che si trovano alla fine sono quelli per badanti e bay sitter – ha proseguito Bijou Nzirirane – e in alcune comunità esistono ancora i matrimoni forzati e se ne parla poco. Giovani donne che non vengono lasciate libere di scegliere i loro marito o i loro compagni. Di solito sono ragazze all’ultimo anno di scuola. Ragazze che spariscono e poi tornano con mariti che stanno nei paesi d’origine che portano qui a Palermo con i ricongiungimenti. Noi cerchiamo di avvisare le scuole”.
Una donna di 35 anni, Janna, Ucraina, sposata con un palermitano, ha raccontato che “la prima difficoltà che incontrano le donne straniere è la questione della residenza anagrafica, così come è ancora è difficile ottenere il permesso di soggiorno se non si ha un lavoro. Tante donne sole con i bambini, giunte dall’Ucraina in guerra, hanno difficoltà a trovare lavoro e conciliare il tempo di vita e di lavoro, per mancanza di asili nido, di spazi giochi per i bambini. Noi donne, e mamme straniere, lavoriamo, studiamo, cresciamo figli e ci occupiamo della famiglia. Dobbiamo sempre avere voglia di dimostrare qualcosa in più: di avere voglia di lavorare. Non c’è nemmeno il tempo di dare un bacetto al figlio. Chi è venuta qui dall’Ucraina vive senza adeguate garanzie e sopporta oggettive difficoltà nel quotidiano”.
Una ragazza nigeriana ha dovuto lasciare il suo Paese in situazione di difficoltà per arrivare in Italia “ma – ha detto – ho avuto un’accoglienza positiva qui a Palermo, che mi ha dato la forza di continuare e mi ha aiutata ad andare avanti. Gli ostacoli esistono ma sono superabili se uno ci crede”. (AGI)
FAB