Type to search

IL REGIONALISMO DIFFERENZIATO E LA INSULARITA’ REGIONALE

Share

 

Neverland «L’isola che non c’è».

Ventanni dopo, anche il legislatore costituzionale certificava l’inesistenza delle isole, sopprimendo un comma dell’art. 119 della Costituzione, che prevedeva contributi speciali per valorizzare il Mezzogiorno e le isole (Sardegna e Sicilia, ma non solo). Si trattava di una norma di «diritto sociale territoriale» voluta dal Costituente per tutelare e incentivare quelle aree del Paese svantaggiate economicamente per storia e per collocazione geografica. Lo «sbianchettamento» della Costituzione passò sotto silenzio nell’illusione, sbagliata, di avere così risolto, in un colpo solo, sia la «questione meridionale» che l’isolamento delle isole. In luogo di una norma promozionale per il Mezzogiorno e le isole venne prevista e codificata una norma competitiva per un regionalismo differenziato, che oggi trova difficoltà applicative in virtù di una intrinseca criticità. prima di provare a mettere in competizione le regioni fra loro, bisognerebbe quantomeno provare a portarle a un tendenziale punto paritario di partenza, per poi vedere qual è la più virtuosa. 1 Il testo originario dell’art. 119 Cost., poi modificato con l. Cost. n. 3, 2001, recitava così: «Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica, che le coordinano con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni. Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali. Per provvedere scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali. La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica a portarle a un tendenziale punto paritario di partenza, per poi vedere qual è la più virtuosa.

Il riferimento esplicito al Mezzogiorno e alle isole era stato coscientemente voluto dal Costituente, il quale volle così costituzionalizzare il problema di come valorizzare l’assetto civile, economico e sociale di quei territori, che non rappresentano solo un’area geografica Paese ma anche, se non soprattutto, «una maniera di essere di alcuni milioni di abitanti». E quindi, specialmente per coloro che vivono nelle isole, anche un problema, o meglio un «fattore» identitario. All’Assemblea Costituente si aveva ben presente il dualismo socio-economico fra le diverse aree del Paese, e specialmente fra Settentrione e Meridione. Fu Meuccio Ruini, nella seduta dell’11 luglio 1947, a porre la questione e proporre la soluzione dell’assegnazione di «contributi speciali» a quei territori particolarmente deficitari, in termini di sviluppo socio-economico, a fini di una loro valorizzazione. Il Paese del regionalismo differenziato, e quindi la Spagna, ha riservato, in costituzione, un ruolo e una funzione strategica alle isole6. Le prevede e le codifica esplicitamente in ben quattro articoli della costituzione (artt. 141.4, 69.3, 138.1, 143.1), secondo una prospettiva che non è solo il riconoscimento morfologico del territorio circondato dalle acque ma piuttosto è la legittimazione costituzionale dello hecho insular. E cioè del «fattore insulare», che si declina come identità e specialità degli abitanti dell’isola, del loro modo di vivere e di lavorare come, e non meno, gli abitanti della penisola. In modo cioè che sia assicurata loro la libera circolazione dei beni, dei trasporti e delle persone e che sia incentivato l’esercizio dei loro diritti economici. Quindi, sono ben quattro articoli. L’Europa e diversi gli Stati europei codificano costituzionalmente isole e insularità. L’Italia, prima di tutte a farlo nel 1947, ha poi abbandonato questa prospettiva di valorizzazione costituzionale, lasciando le isole «travolte dalle acque in un insolito destino». Per questo, e non solo, va rivolta un’attenzione speciale alla proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare (presentata con centomila firme, raccolte nella sola Sardegna), depositata in Senato e prossima a essere discussa in Commissione affari costituzionali, di inserire un quinto comma all’articolo 119 della costituzione: «Lo Stato riconosce il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità e dispone le misure necessarie a garantire una effettività parità ed un reale godimento dei diritti individuali e inalienabili».

L’approvazione di una siffatta norma determinerebbe un effetto assai rilevante, e cioè tutte quelle leggi in contrasto o in violazione con la concezione di insularità, e la sua derivazione costituzionale, potrebbero essere oggetto di scrutinio di costituzionalità dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.

In particolare l’Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 19 febbraio 2020, ha approvato la legge-voto (ddl n. 199) recante “Inserimento nello statuto speciale della Regione siciliana dell’articolo 38-bis in materia di riconoscimento degli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità”, che adesso risulta già incardinato presso le commissioni affari costituzionali di Camera (p.d.l.c. n. 2445) e Senato (d.d.l. n. 1792) per la trattazione. La proposta di legge costituzionale di modifica dello Statuto prevede l’introduzione dell’art. 38-bis a norma del quale: “lo Stato riconosce gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità e garantisce le misure e gli interventi conseguenti per assicurare la piena fruizione dei diritti di cittadinanza dei siciliani”, in guisa da far divenire l’adozione di congrue misure di riequilibrio della condizione di insularità parametro di costituzionalità le politiche pubbliche statali.

Stima dei costi dell’insularità per la Sicilia (1) L’insularità quale condizione di svantaggio.

Le regioni insulari presentano delle caratteristiche e delle peculiarità permanenti che le distinguono dalle regioni continentali, siano esse più o meno periferiche. Ciò deriva dal fatto incontrovertibile che l’insularità, intesa come discontinuità territoriale, implica delle specificità di natura economica, trasportistica, ambientale, sociale e demografica che determinano un oggettivo svantaggio rispetto ai territori continentali. In ambito UE, l’insularità rappresenta peraltro un rilevante tema del dibattito politico, economico e sociale, anche per la numerosità e la dimensione di tale tipologia di territorio.

L’insularità è in primo luogo un fattore limitante delle opportunità di crescita, nella misura in cui “produce ritardi di sviluppo sociale ed economico e fa degli isolani cittadini con diritti ridotti e affievoliti rispetto ai cittadini della terraferma”. Si pensi solo all’annoso problema dei trasporti, che fa lievitare i prezzi dei servizi. Essere un’isola sconta uno svantaggio naturale che non mette in condizioni di pari opportunità con gli altri abitanti della penisola”. Nell’ambito dei lavori dell’’Intergruppo regionale per l’Insularità del Comitato europeo delle Regioni” si intercetta un’analisi avanzata degli obiettivi di policy da conseguire per assicurare agli abitanti delle isole eguaglianza sostanziale e parità di trattamento nel godimento effettivo dei diritti sociali.

Diverse analisi e alcune proposte sono state inoltre avanzate sul piano delle politiche, in talune sedi di dibattito. In termini generali, sono state ad esempio selezionate le dimensioni sottostanti allo svantaggio derivante dallo stato di isola, rispetto alle quali è possibile identificare alcune precipue caratteristiche22 che rendono possibile una diversa lettura del territorio:

  1. Isolamento e distanza geografica;
  2. Limitata dimensione dei mercati insulari;
  3. Difficoltà del trasporto stradale insulare;
  4. Impatto della mono-specializzazione dell’economia insulare;
  5. Vulnerabilità economica;
  6. Mancanza d’attrattività per la manodopera e per le imprese;
  7. Accesso limitato alle tecnologie di informazione e di comunicazione.

Occorre infine considerare che la condizione di insularità così configurata e il conseguente isolamento geografico consentono, in contrapposizione agli svantaggi evidenziati, una più efficace tutela degli ecosistemi e delle specificità ambientali e culturali, molto importanti non solo in chiave di tutela delle tradizioni culturali e del contesto ambientale, ma anche come elementi di sviluppo di specifici settori dell’economia, come ad esempio quello turistico.

Stima econometrica sul PIL pro capite

Come già descritto, questo esercizio si basa sul modello econometrico utilizzato dall’Istituto Bruno Leoni, avvalendosi di un panel di dati territoriali a livello regionale e in serie storica (2000-2018) su cui è stata costruita una procedura regressiva ad effetti fissi.

Nel presente lavoro si è scelto di presentare i risultati derivanti dall’applicazione originale del modello IBL, insieme ai risultati derivanti dall’applicazione di una variante del modello. Nel blocco originale delle equazioni, sono state cioè introdotti alcuni cambiamenti, al fine di conseguire una maggiore aderenza del modello alle peculiari caratteristiche del territorio rappresentato, aggiungendo una variabile esplicativa del quadro infrastrutturale (inserimento dei porti regionali), nonché modificando la parte che rappresenta le competenze (inserimento della quota di soggetti laureati).

Il modello IBL è il seguente:

GDP pcit = β0 + β1Distanza_continente + β2Tasso_interessi_attiviit + β3Risparmio_GDPit + β4Autostrade_supit + β5Ferrovie_supit + β6SpesaPubblica_GDPit + β7Analfabetiit + β8Numero_Aeroportiit + β9Interscambioit + β10Superficie_territorialeit + εit

Il modello Variante è il seguente:

GDP pcit = β0+ β1Distanza_continente + β2Tasso_interessi_attiviit + β3Risparmio_GDPit + β4Autostrade_supit + β5Ferrovie_supit + β6SpesaPubblica_GDPit + β7Analfabetiit + β8Aeroportiit + β9Interscambioit + β10Superficie_territorialeit + β11Portiit + β12Tasso istruzione terziaria +εit

Dove per entrambi i modello abbiamo: 1. GDP pc è il Prodotto interno lordo pro capite annuo della regione Sicilia. I dati sono di fonte Istat a livello regionale; 2. Distanza continente: è una variabile che misura la distanza rispetto al continente. Naturalmente la variabile assume valori positivi solo per le due Isole – Continente media raggio esprime la distanza come media tra la distanza chilometrica Cagliari-Roma e Sassari-Roma per la Sardegna (495 km) e Palermo-Reggio Calabria e Catania-Reggio Calabria per la Sicilia (183); 3. Tassi interessi attivi è il tasso di interesse attivo medio per le banche delle regioni. I dati sono di fonte Banca D’Italia; 4. Risparmio GDP è una proxy del risparmio delle regioni. In particolare è stato utilizzato il rapporto tra l’ammontare dei depositi bancari e il PIL regionale. I dati sono di fonte Banca d’Italia; 5. Autostrade superfice misura il rapporto tra i chilometri di rete autostradale e la superficie territoriale della regione. I dati sono di fonte Istat; Ferrovie superfice misura il rapporto tra i chilometri di rete ferroviaria e la superficie territoriale della regione. I dati sono di fonte Eurostat.

Stima dell’impatto dei costi di trasporto (2) Stima dei costi dell’insularità per la Sicilia.

La stima dei costi dell’insularità tramite modello MMS è stata organizzata in due “step”, di cui il primo step è volto a stimare i costi di trasporto imputabili all’insularità ricavata dal confronto tra il livello dei costi in Sicilia e quello in un’area benchmark, mentre il secondo è volto a stimare gli effetti dei maggiori costi di trasporto sull’economia della Sicilia applicando il MM, in modo da ottenere una misura del gap che l’insularità determina nei costi di trasporti e valutarne poi, di conseguenza, gli effetti sugli operatori economici e sui settori di attività. In letteratura, un tentativo di questo genere è stato già condotto per la Sardegna misurando l’accessibilità dell’isola in riferimento al sistema dei trasporti marittimi38, attraverso la specificazione di una serie di attributi che fanno riferimento ai parametri di lontananza (distanza reale), isolamento e discontinuità geografica (frequenza e tempi di attesa). L’indicatore sviluppato è stato quindi utilizzato per valutare l’accessibilità della Sardegna rispetto a una regione continentale, proponendo una metodologia per monetizzare lo svantaggio dovuto all’insularità. Considerando sia il trasporto marittimo di merci che quello di passeggeri, l’extracosto totale, comprensivo non solo del tempo totale di viaggio ma anche dei tempi di attesa, è stato stimato nel 2013 in 660,3 milioni di euro, pari al 2.1 per cento del PIL della Sardegna39. Possiamo osservare che il gap della Sicilia in termini di maggiori costi di trasporto la

rende la regione italiana con l’indice più elevato. Infatti, in base alla media semplice,

l’indice dei costi di trasporto della Sicilia è superiore a quello medio italiano del 50,7 per cento ed è superiore a quello del Sud (il Mezzogiorno continentale) del 29.8 per cento.

Inoltre, se si tiene conto anche della dimensione economica delle regioni di destinazione, gli indici dei costi di trasporto delle regioni italiane si modificano in maniera significativa,

riducendosi per le regioni del Nord Ovest (-10,5 per cento), per quelle del Nord Est (-6,4 per cento) e per quelle del Centro (-4,3 per cento).

Le regioni del Sud evidenziano una riduzione dei costi di trasporto Sulla base di queste elaborazioni preliminari si può utilizzare quest’ultima informazione come una stima43 del gap della Sicilia attribuibile all’insularità.

Nel presente lavoro si è cercato di fornire una stima preliminare dei possibili costi legati alla condizione di insularità della Sicilia, ricorrendo a due diversi approcci metodologici:

– un primo approccio basato sull’analisi dei principali elementi che determinano lo sviluppo di un territorio insulare individuati nei fattori “dimensione”, “distanza” e “vulnerabilità”. Questi fattori sono stati misurati attraverso alcune variabili proxy poste in serie storica e riferite agli ultimi venti anni per tutte le regioni italiane e a seguito dell’applicazione di un modello regressivo, è stata ottenuta una stima econometrica che quantifica il costo dell’insularità per la Sicilia in circa 6,54 miliardi di euro pari al 7,4 per cento del PIL regionale (a valori correnti dell’anno 2018).

– un secondo approccio, basato sulla determinazione dei maggiori costi di trasporti che penalizzano la regione e sul loro impatto sugli operatori economici e sui vari settori di attività, ha condotto, in termini contro fattuali, tramite l’applicazione al modello multisettoriale della Regione Siciliana (MMS), ad una stima dell’impatto che una riduzione dei prezzi del settore “Trasporti e magazzinaggio” può determinare sull’economia siciliana. Secondo questa procedura, l’effetto positivo di una riduzione tale da equiparare i costi di trasporto della Sicilia a quelli medi del Mezzogiorno continentale determina un aumento del PIL complessivo regionale (2018) pari al 6,8 per cento, quantificabile in circa 6,04 miliardi di euro.

In questa ottica stiamo proponendo un intervento che preveda la costituzione di una Compagnia aerea siciliana con il nostro motto: NON POSSIAMO PORTARE I BENI NATURALI, CULTURALI E ARCHEOLOGICI DELLA SICILIA NEL MONDO, CHE NON SI POSSONO TRASPORTARE, MA POSSIAMO TRASPORTARE LE PERSONE DEL MONDO IN SICILIA.

Nota (1 -2) sono state tratte dal Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici della Regione Siciliana (NVVIP) e dal Servizio Statistica ed Analisi Economica dell’Assessorato all’Economia della Regione Siciliana con il supporto dell’Istituto di Ricerca Prometeia.

Redazione