La legalizzazione dell’eutanasia nei Paesi Bassi


 

Il 28 novembre 2000 il Parlamento dei Paesi Bassi ha approvato, con 104 voti favorevoli e 40 contrari, una legge che legalizza l’eutanasia e il suicidio assistito: si tratta del primo Paese al mondo a compiere un passo del genere.

«Non per questo il quadro regolamentare imposto dal parlamento olandese è permissivo. In primo luogo i medici dovranno accertare che il paziente che chiede la morte assistita sia afflitto da sofferenze “insopportabili” causate da una patologia clinicamente diagnosticata. E allo stesso tempo dovranno accertare la volontà del richiedente. L’eutanasia verrà dunque concessa a fronte di una richiesta “spontanea, ben ponderata e permanente”. Due medici avranno poi il compito di certificare la situazione e di condurla verso una conclusione “appropriata”. Qualora invece gli assistiti non fossero più nelle condizioni fisiche e mentali di esprimere le loro decisioni, ma abbiano lasciato per scritto le loro risoluzioni, i medici saranno autorizzati a applicare l’eutanasia a loro discrezione. Delle commissioni regionali di controllo avranno infine il compito di accertare la fondatezza delle diagnosi oltre ogni ragionevole dubbio», ha riassunto molto efficacemente Cosimo Rossi, sul Manifesto del 29 novembre.

Inoltre, la legge non nasce dall’oggi al domani. Scrive Gabriele Romagnoli, su Repubblica del 28 novembre: «la matrice della scelta di Amsterdam è nell’esperienza pratica: da ormai vent’anni in Olanda l’eutanasia esiste, 2216 casi nel ’99… esistono una volontà di ottenerla da parte dei malati e di concederla da parte di medici e paramedici: spesso si incontrano».

REAZIONI CATTOLICHE

La legge olandese nasce quindi da anni di analisi e di riflessioni. Tutto questo, però, per la Chiesa Cattolica non conta nulla.

Da Roma il portavoce del Vaticano Joaquin Navarro Valls ha immediatamente protestato: il provvedimento è stato subito bollato come «record triste» perché «ancora una volta ci troviamo davanti a una legge dello Stato che si scontra con la legge naturale della coscienza umana».
[Sarebbe interessante sapere dove recuperare il testo di questa «legge naturale», in quanto il rappresentante dell’Opus Dei non ne fa alcun cenno]

Più contorto il pensiero del vescovo di Como, Alessandro Maggiolini: «condanno la filosofia che sta dietro il concetto di eutanasia, che ritengo logica invece dal punto di vista di chi non ha più nulla da chiedere alla vita»
[punto di vista che, secondo lui, evidentemente non deve essere preso in considerazione]

Ancora più pesanti ci vanno i giornalisti. Per Elio Maraone, la legge sarebbe un «orrore stemperato dentro un quadro burocratico non si sa se più agghiacciante… o ipocrita…» (da Avvenire del 29 novembre 2000).

Lo storico Giorgio Rumi, poi, sull’Osservatore Romano del 3 dicembre fa di ogni erba un fascio: «è la volontà di autodistruzione che si ammanta però delle rassicuranti fattezze di evasione esistenziale (droga), di compassionevole cessazione del dolore (eutanasia), di arbitrio assoluto circa la procreazione (aborto). La volontà di potenza, ben infrenata nella politica, potrebbe così dispiegarsi senza limiti all’interno dell’io: a ciascuno di noi sarebbe attribuito – faute de mieux – un’autorità assoluta sopra se stesso, con la possibilità di superare la coscienza e di togliersi l’esistenza, con una piena discrezionalità decisionale».
[Altro che libero arbitrio, quindi, l’essere umano deve avere una discrezionalità decisionale limitata: Rumi non si degna di spiegare da chi, forse perché è un vecchietto malato che parla polacco]

Commenta sconsolato il cardinale Ersilio Tonini, intervistato da Avvenire per il numero in edicola il 29 novembre: «Già 25 anni fa il governo era stato costretto a prendere atto del dilagare di una pratica introdotta con il silenzio dei tribunali. Duemila e più casi. All’anno».
[Un problema vero, quindi, a cui il governo dei Paesi Bassi ha dato una risposta. Quali soluzioni propone, invece, la Chiesa cattolica?].

TERRORISMO CATTOLICO

Dopo le reazioni soft, partono le risposte hard. La Chiesa lancia una campagna denigratoria in grande stile, usando toni terroristici.

Su Avvenire del 2 dicembre l’inviato speciale Maurizio Blondet si scatena con una serie di interviste degne di Dario Argento: «Ora molti temono l’ospedale. “Avevo un paziente canceroso, che controllava il dolore da mesi grazie a una “pompa a morfina”, con cui poteva somministrarsi l’analgesico da sé” – racconta il dottor Witsenburg -“Un giorno, la pompa si guasta… per sostituirla occorre il ricovero. Per un contrattempo, non sono in grado di accompagnare il paziente in clinica. Il giorno dopo, vado a trovarlo. Non c’è più. L’avevano “terminato” con morfina in dosi massicce. Protesto, e mi viene risposto: tanto doveva morire, no? Per me aveva sei mesi di vita almeno”… “A dirla tutta, le famiglie sanno che il vecchio deve morire, e preferiscono sia presto. Anche perché costa”, ha risposto l’infermiera Monique Claasen… L’algologo Peer Neelman cita casi di pazienti assoggettati a super-dosi di morfina a scopo letale, che sono rimasti in vita e hanno raccontato la loro esperienza sul limite della vita. “L’intossicazione a così alte dosi provoca allucinazioni terribili. E tutte riguardano l’inferno e la dannazione eterna”, dice. Fra una popolazione che a metà si dichiara atea, è il caso di chiedersi: si tratta solo di allucinazioni?».

[Quantomeno i racconti horror di Blondet confermano una cosa: per vedere il demonio è necessario essere drogati]

I non credenti sono il principale nemico: «dovrebbe impensierire di più, crediamo, la penetrazione progressiva di una cultura agnostica e scettica, quando non cinica e disumana, che con largo successo ha influenzato la società in senso efficientista, edonista, materialista», scriveva Elio Maraone, su Avvenire del 29 novembre. E guai a invocare la laicità dello Stato: i veri laici credono di essere loro, come conferma il cardinale olandese Adrian Simonis: «i protestanti ci rimproverano perfino di usare argomenti troppo laici».

Quali siano questi argomenti laici non è dato a capire, leggendo cosa scrive Giorgio Rumi sull’Osservatore Romano del 3 novembre: «l’ospedale poi, luogo in cui si esercita la forma più alta e complessa della carità, sarebbe ridotto a luogo di esecuzione esistenziale, con uno sconvolgimento di cui si fa fatica ad individuare i lineamenti…». Giudizi ponderati? Macché! Rumi ammette di scrivere «ignorando la normativa che sarà consacrata nel testo definitivo della legge».

Con queste premesse, due giorni dopo Maurizio Blondet riprende su Avvenire la sua missione per conto del Signore, a tinte sempre più fosche: «…la paziente respira normalmente, le condizioni generali sono migliorate. Il medico va a dormire. Il mattino dopo, non trova più la sua malata: un collega gliel’aveva “terminata” perché mancavano letti liberi…».
[Sarebbe interessante chiedere a Blondet come mai questi eroi raccontano questi episodi a lui e non alle autorità competenti: forse la vecchia arte cattolica di estirpare confessioni fantasiose gli è tornata utile…]

REAZIONI LAICHE

Di fronte al bombardamento cattolico, le reazioni laiche passano generalmente in secondo piano sui mezzi di informazione.

«Penso che se fossi olandese, oggi mi sentirei molto, ma molto orgoglioso di esserlo», ha dichiarato al Tg1 Indro Montanelli, «Un esercizio di libertà, com’è la scelta della propria morte, non è lesivo della dignità umana, casomai la esalta», ha dichiarato al Manifesto Miriam Mafai. Due giornalisti che, dall’alto della loro fama, dicono schiettamente quello che pensano.

Sì all’eutanasia anche dai due Premi Nobel Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini. Per il primo «è accettabile, completamente», mentre la seconda si è dichiarata «assolutamente favorevole per uso personale e non su terzi».

Gianni Vattimo, sulla Stampa del 2 dicembre, precisa invece i contorni filosofici del problema: «ciò che tutti temiamo di più della morte non è tanto il fatto di non esserci più né, forse, l’Inferno (un luogo sempre più vago anche nella predicazione cattolica); ma proprio l’eventualità di essere ridotti, prima di morire, a un peso intollerabile per noi stessi e per gli altri. Perché sarebbe volontà di Dio, o della natura, non permetterci di eliminare, o almeno ridurre di molto, questa paura?».

«L’Olanda non è un paese “confessionale” come l’Italia, vaticanodipendente. Profondamente segnata dalla cultura protestante, l’Olanda è oggi un paese in cui il pluralismo religioso e la multiculturalità coabitano positivamente. È semplicemente vergognosa l’operazione vaticana che tende a screditare una nazione che in fatto di diritti umani e di dignità della persona non ha proprio nulla da imparare né dal Vaticano né dall’Italia». Qualcuno potrebbe pensare che questa dichiarazione sia stata rilasciata da un intransigente anticlericale, invece sono frasi formulate dal pastore valdese Ermanno Genre (Agenzia NEV dell’1 dicembre).

Adriana Zarri, sul Manifesto del 2 dicembre, chiarisce il concetto di laicità sotteso alla legge: «di certo c’è che l’eutanasia permessa non obbliga nessuno a scegliere la morte, mentre l’eutanasia vietata obbliga tutti a subire la vita. Una legislazione proibizionista obbliga, una legislazione permissiva lascia liberi: permette, appunto, non costringe».

Sembra semplice, quindi. Ma sono opinioni diffuse?

Sempre Gianni Vattimo, sul Manifesto del 30 novembre 2000, aveva scritto: «ho l’impressione che la cultura laica di questi anni sia espressa bene dalla commozione di Amato di fronte al papa. Non capisco neppure il perché». Magari sappiamo anche il perché: ce lo spiega uno dei pochi politici espressisi a favore della legge olandese, il Verde Mauro Paissan: «in Olanda si è arrivati alla legge dopo anni di dibattito. Quello che stupisce è che in Italia si imponga una rimozione del problema».

UNA LEGGE ANCHE IN ITALIA?

«Il no all’eutanasia, in Europa come in America, è ancora e soprattutto di fonte religiosa»: chiarisce subito Gabriele Romagnoli, su Repubblica del 28 novembre.

Lo si capisce ancora meglio leggendo il solito Giorgio Rumi, sul Corriere della Sera del 2 dicembre: «è una questione etica, in cui bisogna cercare un accordo, non passare o bocciare l’eutanasia con un voto».
[Una nuova forma di democrazia, quindi, i cittadini e i parlamentari non devono dire la loro, le leggi non servono più, basta un accordo, magari sottoscritto nei palazzi del Laterano, come accadeva nel 1929…]

Nonostante la situazione pessima, non mancano gli ottimisti: Lucio Colletti, sul Corriere della Sera del 29 novembre, afferma che «l’Italia seguirà l’Olanda anche se è un Paese cattolico, del resto ha già votato a favore del divorzio e dell’aborto. E di questo mi rallegro». Anche l’ex ministra Laura Balbo sulle stesse colonne sostiene che «…da questo punto di vista l’Europa ci serve molto, perché se comincia un Paese c’è comunque un effetto eco»…

La realtà è un po’ diversa. Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit, intervistato su Repubblica il 28 novembre, alla domanda su cosa si aspetta dal governo italiano, risponde: «Almeno di essere ricevuto. Per ben due volte non sono stato ricevuto dal ministro Veronesi perché troppo impegnato… mi sembra invece di leggere nel suo atteggiamento un freno allo sviluppo e alla discussione del nostro documento» e il fatto che il ministro abbia più volte espresso pubblicamente il suo favore verso l’eutanasia la dice lunga.

Luigi Pintor è decisamente pessimista: «noi saremo l’ultimo paese al mondo a seguire l’esempio olandese perché il Papa romano, anticipato già dai giornali del clero, scaglierà i suoi anatemi e ne farà occasione di scontro ideologico e politico e magari elettorale… Da quella cattedra non vengono mai parole di verità, neppure quando (questa è un’autocritica) riconosce le sue colpe passate. Eppure è a causa di questo magistero che saremo l’ultimo paese a seguire l’esempio olandese. Loro sono protestanti» (dal Manifesto del 30 novembre). «Siamo condannati all’ipocrisia» ha concluso in un convegno Indro Montanelli, «bisogna insegnare ai medici a dimenticare la pillola sul tavolini da notte del paziente, all’infermiere ad allontanarsi al momento opportuno, al magistrato a non incriminarli. Questo è il massimo raggiungibile, se vogliamo essere realisti».

A ulteriore riprova della validità della sua tesi, Montanelli viene rampognato da don Leonardo Zega, sulla Stampa del 20 dicembre: «Montanelli si dichiara non credente, ma sa certamente che la morte più prevista, voluta e accettata fu quella di Cristo in croce. E non fu affatto “dignitosa”».
[Ecco spiegata la contrarietà vaticana all’eutanasia: la Chiesa interpreta la sofferenza dei malati terminali come una partecipazione alla morte di Gesù. Forse, se si degnasse di raccogliere l’opinione dei malati stessi, il nome di Cristo lo sentirebbe pronunciato solo in forma di bestemmia.

 

fonte@ uaar.iT