Il pm Permunian: "Ecco perché la condanna di Lucano non è esagerata"


AGI – “Umanamente, mi dispiace molto. Vivo un conflitto interiore, come persona e come magistrato”, confessa in un’intervista a Repubblica Michele Permunian, di Cavarzere (Venezia), il pubblico ministero dell’inchiesta su Mimmo Lucano, e “comprendo il peso di una pena del genere: quando ho chiesto 7 anni e 11 mesi, sapevo che c’era il rischio di una condanna più alta“.

Poi il pm spiega: “A Lucano sono stati contestati più di 22 reati. Il problema non sono i finti matrimoni. Qui ci sono varie forme di peculato, truffa aggravata a danno dell’Unione europea. E poi è stata riconosciuta l’associazione a delinquere con altre 4 persone. E’ un processo molto tecnico ma l’opinione pubblica non vuole capire. Quei 13 anni vengono percepiti come assurdi e sproporzionati ma non c’è volontà di conoscere le carte”. 

Permunian dice anche che “avevo fatto anche una “requisitoria-b”, in cui arrivavo a un conteggio finale di 15 anni, ma preferivo fosse il tribunale a pronunciarsi. Prudenzialmente mi sono tenuto basso. La pena ora sembra molto alta ma se si leggono il capo d’imputazione e i reati contestati, si scopre che non lo e'” perche’ – spiega ancora – “se l’impianto accusatorio fosse caduto, la pena sarebbe stata al massimo di 4 o 5 anni. Ma nel caso di Lucano le accuse più gravi hanno retto. Si sono create quindi le condizioni per applicare il profilo della continuazione, l’articolo 81 del codice penale”.

Quanto alla responsabilità dell’epilogo, il magistrato dichiara: “All’inizio lo sentivo molto e anche ora non nascondo che mi dispiace. Ma il mio lavoro è anche questo. Devo essere autonomo e indipendente. Fortunatamente ci sono più gradi di giudizio. Se ho sbagliato, emergerà“.

La sentenza su Mimmo Lucano? “Anch’io ero incredulo, quasi attonito, ma continuerò a impegnarmi al suo fianco in appello per arrivare a ribaltare l’esito“, confessa e promette in un’intervista a la Repubblica l’avvocato Giuliano Pisapia, che aveva deciso di lasciare la toga e di cancellarsi dall’albo degli avvocati per “i troppi impegni, a cominciare dal Parlamento europeo” mentre poi “il 4 gennaio 2021 mi e’ stato chiesto di difendere Mimmo Lucano nel processo iniziato nel 2019”.

Pisapia definisce la sentenza “inaspettata e ingiusta per almeno tre motivi processuali. Lucano ha ammesso di aver fatto errori di carattere amministrativo, che pero’ eventualmente riguardano il Tar o la Corte dei conti e non hanno rilevanza penale” quindi “insieme all’avvocato Andrea Dacqua, abbiamo dimostrato che da sindaco non ha preso un euro” tanto che “lo stesso pm ha modificato l’accusa da ‘vantaggio economico personale’ a ‘vantaggio di carattere politico’. Ma, anche in questo caso – precisa l’avvocato Pisapia – abbiamo dimostrato come Lucano, che ha rinunciato a essere candidato nel 2018 alle Politiche e nel 2019 alle Europee, ha seguito solo i suoi valori, gli stessi della Costituzione”. E precisa: “Perché un fatto sia reato ci vuole anche la consapevolezza di commettere un illecito. Ma le leggi sull’accoglienza sono complesse e mutevoli con diverse interpretazioni”.

Pisapia conclude poi l’intervista facendo un parallelismo: “Nel processo di San Patrignano, Vincenzo Muccioli fu dichiarato non punibile in appello e in Cassazione per il reato di sequestro di persona e violenza proprio per lo ‘stato di necessità’. Ecco, là c’erano violenze, qui la dolcezza di un uomo che agiva per solidarietà” e “Mimmo voleva salvare chi ospitava”. 

Source: agi