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Zenone. Metodo dialettico contro gli avversari di Parmenide

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di Gianni De Iuliis

I principali avversari della dottrina di Parmenide erano coloro che ritenevano che la sostanza delle cose, l’archè, fosse non unico, ma molteplice, in particolare i Pitagorici e i fisici pluralisti. Inoltre era contro coloro che ritenevano possibile il divenire, in particolare Eraclito.

Il metodo utilizzato da Zenone (Elea 489 a.C. – 431 a.C.) è dialettico: ammette cioè la tesi dell’avversario per poi confutarla e dimostrarne l’assurdità. Ammette cioè ipoteticamente il mutamento, o il movimento o la molteplicità, per poi dimostrarne l’assurdità.

Tutta la sua filosofia era indirizzata alla difesa delle tesi del suo maestro contro gli avversari che ritenevano che se la realtà fosse una, si cadrebbe in molteplici contraddizioni. Al contrario Zenone afferma proprio il contrario: se ammettiamo che la realtà non è una, cadremmo in numerose contraddizioni.

Quindi Zenone riduce all’assurdo le dottrine che ammettono la molteplicità e il mutamento al fine di difendere Parmenide.

Le tesi di Zenone sono chiamate paradossi. Il termine deriva dal greco dal greco parà (contro) e doxa (opinione). È una proposizione formulata in apparente contraddizione con l’esperienza comune o con i principi elementari della logica, ma che all’esame critico si dimostra valida. In senso logico-linguistico indica sia un ragionamento che appare invalido, ma che deve essere accettato, sia un ragionamento che appare corretto, ma che porta a una contraddizione.

(41. Continua)