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Toscanini e il concerto della liberazione

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Di Pia Brugnatelli

Arturo Toscanini fu uno dei direttori d’orchestra più celebri della storia e dal 1898 al 1908 fu direttore artistico del Teatro alla Scala di Milano. Durante gli anni del fascismo spiccò come voce critica contro il regime, rifiutando ad esempio di dirigere la prima di Turandot di Giacomo Puccini se Benito Mussolini fosse stato presente in sala, o di suonare l’inno fascista Giovinezza in occasione di un concerto ufficiale tenutosi a Bologna nel 1931. Fu proprio per questo motivo che il 14 maggio un gruppo di fascisti si riunì davanti al teatro comunale di Bologna per assalirlo: Toscanini riuscì a sfuggire a quella «masnada inqualificabile» (come la definì in un telegramma di denuncia inviato quella notte al duce, che non ebbe mai risposta) e due giorni dopo abbandonò l’Italia, trasferendosi negli Stati Uniti. Negli anni successivi troncò i rapporti anche con la Germania nazista e scelse piuttosto di tenere dei concerti in Palestina, a sostegno della causa ebraica, o in favore dell’esercito americano e della Croce rossa, nel corso della Seconda guerra mondiale. Rimise piede in Italia soltanto nel 1946, a guerra conclusa: fu richiamato dal Teatro alla Scala per dirigere il concerto di riapertura del teatro, bombardato nel 1943, che divenne anche noto come il concerto della liberazione. L’11 maggio 1946 il teatro milanese pieno all’inverosimile celebrò la fine della guerra e del regime con il ritorno dell’amato direttore e dei musicisti e coristi ebrei che erano stati cacciati per via delle leggi razziali.

Fonte: Storica National Geografich

 


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