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Sale tensione Usa-Iran, in bilico i negoziati

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A meno di tre giorni dall’atteso avvio del sesto round di colloqui tra Teheran e Washington in Oman, aumenta la tensione sul futuro del programma nucleare iraniano mentre si riaccendo i timori di un possibile attacco israeliano.
In spregio alle richieste degli Stati Uniti, la Repubblica islamica ha promesso di aumentare significativamente la sua produzione di uranio arricchito dopo che l’organismo di controllo nucleare delle Nazioni Unite ha accusato l’Iran di inadempienza ai propri obblighi, spingendo Israele ad affermare che il mondo deve rispondere “con decisione”. Stati Uniti, Israele e altri Paesi occidentali hanno ripetutamente accusato Teheran di voler dotarsi di un’arma nucleare, un’accusa che l’Iran ha categoricamente negato.
In vista dei prossimi colloqui in Oman, domenica, il ministero della Difesa della Repubblica islamica ha minacciato di colpire le basi statunitensi nella regione se i negoziati fallissero e scoppiasse un conflitto. L’arricchimento dell’uranio è il tema su cui si concentrano le divergenze tra le parti: l’Iran lo difende come un diritto “non negoziabile” nell’ambito del suo programma nucleare civile, mentre gli Stati Uniti (come anche Israele) lo definiscono una “linea rossa”.
Come atteso da giorni, il consiglio direttivo dell’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (Aiea) ha adottato una risoluzione che condanna la “mancata conformità” dell’Iran ai suoi obblighi nucleari ai sensi del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). La risoluzione potrebbe gettare le basi affinché, a ottobre, i Paesi europei possano invocare il meccanismo dello “snapback”, previsto dall’accordo nucleare del 2015 (Jcpoa), ripristinando così le sanzioni Onu in risposta alle denunciate violazioni iraniane.
Dopo l’annuncio dell’aumento della produzione di uranio arricchito, l’Unione Europea ha invitato Teheran a “mostrare moderazione”, mentre la Francia ha accusato Teheran di un’escalation “deliberata”.
Il rappresentante permanente della Repubblica islamica alle Nazioni Unite, Amir Saeid Iravani, ha dichiarato che il suo Paese prenderà in considerazione “risposte proporzionate” qualora venisse attivato il meccanismo di snapback, incluso “l’avvio del processo di ritiro” dal Tnp.
La risoluzione dell’Aiea ha scatenato le ire anche del numero uno dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran (Aeoi), Mohammad Eslami, che l’ha definita “estremista” e adottata “sotto l’influenza” israeliana; ha poi insistito sul fatto che l’Iran ha rispettato i suoi impegni nei confronti dell’Agenzia delle Nazioni Unite, ma ha avviato il disimpegno dall’accordo nucleare del 2015, dopo il ritiro unilaterale degli Usa di Donald Trump nel 2018. L’Aeoi e il ministero degli Esteri hanno così annunciato “l’apertura di un nuovo centro di arricchimento in un luogo sicuro”.
L’Iran, inoltre, “sostituirà tutte le centrifughe di prima generazione con macchine avanzate di sesta generazione” presso l’impianto di arricchimento dell’uranio di Fordow, a sud di Teheran, ha dichiarato il portavoce dell’organizzazione Behrouz Kamalvandi, specificando che “la produzione “aumenterà significativamente”. L’Iran attualmente arricchisce l’uranio al 60%, ben al di sopra del limite del 3,67% stabilito dal Jcpoa, sebbene ancora al di sotto del 90% necessario per una testata nucleare.
Da aprile, Stati Uniti e Iran hanno tenuto, tra Muscat e Roma, cinque round di negoziati per definire un nuovo accordo sul nucleare, che sostituisca quello del 2015. Questa settimana, Trump si è detto “meno fiducioso” sulla possibilità di raggiungere un’intesa e con una mossa insolita ha ordinato la riduzione del personale dell’ambasciata di Baghdad e il trasferimento volontario dei familiari del personale di stanza nelle basi militari di diversi Stati arabi del Golfo.
Israele ha ripetutamente avvertito che potrebbe attaccare i siti nucleari iraniani, promettendo di impedire al suo acerrimo nemico di acquisire la bomba atomica. Alcuni media statunitensi, tra cui la Nbc e il New York Times, hanno affermato che Israele sta valutando la possibilità di intraprendere un’azione militare contro l’Iran, probabilmente senza il supporto degli Usa. L’Iran ha avvertito che è pronto a colpire le basi statunitensi nella regione, in risposta alle minacce americane di un’azione militare in caso di fallimento dei colloqui mediati dall’Oman. (AGI)