“Se vogliono mandare a casa il governo parliamo di salari, bollette, pensioni. Se il centrosinistra vuole tornare a vincere le elezioni non può cacciare i riformisti. Chi pensa di vincere solo valorizzando l’estremismo di sinistra alla fine aiuta Giorgia Meloni a fare il bis”. Matteo Renzi inquadra così un confronto politico in cui comincia a prendere spazio anche la battaglia sui referendum. Sempre in un’intervista al Corriere della Sera, il leader Iv osserva allora che se Maurizio Landini “ha ragione sul fatto che il governo non vuole parlare” del tema, il segretario Cgil “ha sbagliato a fare una campagna ideologica, prendendo a pretesto il Jobs Act”, una riforma, sottolinea l’ex premier, “di dieci anni fa che non c’entra nulla con la precarietà”.
“La Cgil attacca me guardando al passato anziché attaccare Meloni parlando del futuro. Sarebbe meglio parlare dei veri problemi di oggi che non sono i licenziamenti ma gli stipendi troppo bassi”, ribadisce Renzi che avverte: “Questi referendum non cancellano il Jobs Act, sono solo il simbolo di una guerra ideologica”. Detto questo, per il leader Iv il quorum non si raggiungerà e “non cambierà nulla e tutti, dopo una settimana, si dimenticheranno di questa prova, ma io la prendo sul serio e faccio campagna per far capire che il Jobs Act non può essere imputato della precarietà”. “Nel 2015 – rivendica – quella stagione di riforme è stata utile al Paese. Non mi stupiscono Landini e Schlein che erano contro già allora, mi sconvolge l’ipocrisia dei presunti riformisti del Pd che non hanno il coraggio di difendere il Jobs Act perché hanno paura di non essere ricandidati”. (AGI)
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