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Quali sono i Paesi dotati di armi nucleari

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Sono ancora oltre 15.000 le testate atomiche negli arsenali delle nove nazioni al mondo a esserne dotate, con Russia e Stati Uniti che contano da soli per il 93% del totale

AGI – Sono ancora oltre 15.000 le testate nucleari negli arsenali delle nove nazioni al mondo a esserne dotate, con Russia e Stati Uniti che contano da soli per il 93% del totale. A fare i conti è il Nuclear Notebook della Federation of American Scientists (Fas), pubblicato nell’edizione 2016 del Bulletin of the Atomic Scientists.

“Nonostante gli enormi progressi nel ridurre gli arsenali nucleari della Guerra Fredda, la riserva complessiva di testate atomiche resta a un livello molto elevato: circa 15.350 testate agli inizi del 2016”, sottolinea il rapporto, “di queste più di 10 mila si trovano nelle scorte militari (le altre sono in attesa di smantellamento), 4.200 delle quali schierate con le forze operative“.

Di queste 4.200, ben 1.800 sono pronte a essere lanciate con un breve preavviso. Il numero esatto delle bombe nucleari in possesso di ogni paese è un segreto di Stato. Gli scienziati della Fas spiegano di elaborare le loro stime sulla base delle informazioni disponibili al pubblico (piuttosto esaurienti nel caso di Usa e Russia), di un’analisi attenta delle serie storiche e di occasionali indiscrezioni.

Preoccupazioni dall’Asia

A preoccupare sono però Cina, Pakistan, India e Nord Corea, quattro paesi che continuano ad accrescere il loro potenziale distruttivo. E tre di loro non hanno nemmeno mai firmato il trattato. Che la prospettiva di un mondo senza armi nucleari sia utopica lo rivela anche la continua opera di modernizzazione dell’arsenale portata avanti dai nove paesi con l’atomica anche da coloro che stanno riducendo il numero delle testate. Insomma, meno bombe ma piu’ efficienti e moderne. E il fantasma di Hiroshima è destinato ad aggirarsi per il mondo ancora a lungo.

Usa: 6.970 testate

Tra i firmatari dell’accordo di non proliferazione, siglato nel 1968 insieme a Russia e Regno Unito, gli Stati Uniti sono stati il primo paese al mondo a effettuare un test nucleare (Trinity alle 5 e 30 del mattino del 16 luglio 1945) e il primo e l’ultimo a utilizzarlo sul nemico in guerra, distruggendo le città di Hiroshima e Nagasaki il mese successivo. La Russia si doterà però della stessa tecnologia quattro anni dopo, lanciando una corsa agli armamenti che porteranno Washington a costruire circa 70 mila testate, più di tutte quelle prodotte da tutti gli altri stati messi insieme. Gli Usa sono poi stati, nel 1952, i primi a testare una bomba all’idrogeno: Ivy Mike. Negli arsenali americani giacciono al momento 4.500 testate, 1.500 delle quali in attesa di dismissione. Le testate pronte al lancio sono invece circa 2.300, alcune delle quali schierate nelle basi militari stanziate in paesi stranieri, tra i quali l’Italia. Il conto totale è quindi di poco meno di 7 mila testate, a fronte del picco di 31.175 registrato nel 1966.

Russia: 7300 testate

Il primo esperimento (Rds-1) è del 1949. Non riuscendo a giungere prima degli americani, i russi possono quantomeno vantarsi di aver fatto detonare l’ordigno più devastante a memoria d’uomo: la cosiddetta ‘Tsar Bomba’, che fu fatta esplodere nel 1955 a una potenza di 50 megatoni, la metà di quella effettiva, alla quale sarebbe stato generato troppo pulviscolo nucleare. L’Unione Sovietica ha costruito in totale 55 mila testate dall’inizio del suo programma, mantenendone un massimo di 45 mila nel 1986. Al momento gli arsenali russi sono i più forniti del mondo, con 7.300 testate: 2800 pronte al lancio e 4.500 stoccate (con 1.790 in attesa di dismissione).

GB: 215 testate

Terzo paese al mondo a dotarsi di armi nucleari dopo Usa e Russia, il Regno Unito aveva in realtà collaborato con Washington al ‘Progetto Manhattan’, che diede vita all’ordigno che segnò le sorti del secondo conflitto mondiale. La sempre maggiore segretezza delle operazioni statunitensi spinse però Londra a sviluppare un suo programma, avviato nel 1952 con il primo test, a cui farà seguito nel 1957 l’Operazione Grapple, con la detonazione della prima bomba all’idrogeno britannica. Nel 2007 è stato avviato un piano di ammodernamento dell’arsenale destinato a concludersi nel 2024.

Francia: 300 testate

La Francia è entrata nel club nucleare solo nel 1960, con il test nucleare ‘Gerboise Bleue’. Come nel caso di Londra, la motivazione stava nella volontà di mantenere un rango di potenza mondiale nonostante il drastico ridimensionamento geopolitico sancito dalla crisi di Suez. Teatro dei 179 esperimenti nucleari effettuati dalla Francia dal 1966 al 1996 fu l’apollo polinesiano di Mururoa, salito all’onore delle cronache soprattutto nel ’95 quando, appena un mese dopo l’insediamento, il presidente Jacques Chirac dispose il riavvio dei test dopo la moratoria imposta dal predecessore Miterrand. Con 300 testate, la ‘force de frappe’ transalpina rimarrebbe comunque la terza al mondo. Parigi ha firmato il trattato di non proliferazione nel 1992.

Cina: 260 testate

Ultimo degli attuali membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a dotarsi della bomba nucleare, Pechino può comunque vantare un record: il minor arco di tempo in assoluto dal primo test nucleare, avvenuto nel 1964, alla prima bomba a idrogeno, appena 32 mesi dopo. Difficilissimo calcolare l’ammontare dell’arsenale, stimato sui 260 ordigni. Secondo alcuni esperti, però, il materiale sviluppato dal Dragone potrebbe avergli garantito uno stock di 400 testate. Anche per la Cina la firma del trattato di non proliferazione è arrivata solo nel 1992.

India 120: testate

L’India fu il primo paese a debuttare con un test nucleare in seguito al varo dell’accordo di non proliferazione, al quale Nuova Delhi non ha mai aderito. Il primo ordigno, ‘Smiling Buddha’, era stato fatto detonare nel 1974 e definito “esperimento pacifico”, suscitando l’ira di quei paesi, come il Canada, che avevano fornito all’India tecnologie nucleari alle condizioni che fossero utilizzate solo a scopo civile.

L’India aveva fortemente criticato il trattato, considerandolo un tentativo di mantenere gli equilibri precoloniali, e negli scorsi hanno ha subito forti pressioni occidentali per ridurre le proprie ambizioni nucleari, obiettivo difficile data la contemporanea corsa agli armamenti del rivale regionale Pakistan. L’arsenale indiano conterrebbe circa 120 testate.

Pakistan: 130 testate

Come l’India, il Pakistan non ha mai aderito al Trattato di non proliferazione. Del resto, se Nuova Delhi aveva la bomba, anche Islamabad doveva dotarsene, anche “al costo di dover mangiare erba”, come proclamò all’epoca il presidente Zulfiqar Ali Bhutto. Sebbene l’avvio del programma risalirebbe addirittura alla fine degli anni ’70, i primi test risalgono però solo al 1998, con la detonazione di sei ordigni tra le colline di Ras Kho, uno in più di quelli fatti esplodere dall’India poche settimane prima. L’arsenale pakistano sarebbe leggermente superiore a quello dell’arcirivale, attestandosi intorno alle 130 testate. Secondo alcuni analisti, entro il 2020 il Pakistan dovrebbe avere abbastanza materiale fissile per salire a 200.

Israele: 80 testate

Israele non ha mai né smentito né confermato ufficialmente il possesso di armi nucleari, che viene però dato per scontato dall’intera comunità internazionale, anche perché le bombe atomiche di Tel Aviv sono un elemento chiave degli attuali equilibri geopolitici del Medio Oriente. La maggior parte delle informazioni in merito giungono da fonti di intelligence Usa, secondo le quali lo stato ebraico ha arricchito abbastanza plutonio da produrre dalle 100 alle 200 testate ma ne possiederebbe circa ottanta. Israele è tra i cinque soli paesi al mondo a non aver aderito al trattato di non proliferazione insieme a India, Pakistan, Nord Corea e Sud Sudan.

Nordcorea: 8 testate

Pyongyang al momento non potrebbe contare su più di 8 testate nucleari ma, secondo gli esperti, avrebbe già materiale sufficiente per raddoppiare l’arsenale. Non vi è, ad ogni modo, alcuna certezza sulla presenza di altre testate stoccate dall’esecutivo nordcoreano. Il paese asiatico aveva aderito nel 1985 al trattato di non proliferazione per poi sfilarsi definitivamente nel 2001, rifiutando le ispezioni chieste sulla base dei sospetti che stesse sviluppando la bomba.