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Papa: Floribert primo beato Comunità S.Egidio, “uomo giusto”

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“Membro responsabile della Comunità di S. Egidio”, Floribert Bwana Chui è stato proclamato beato con una solenne celebrazione nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura a Roma, come annunciato da Papa Leone XIV all’Angelus di mezzogiorno in piazza San Pietro, quando lo ha descritto come “un giovane martire congolese, ucciso a ventisei anni perché, in quanto cristiano, si opponeva all’ingiustizia e difendeva i piccoli e i poveri”. “La sua testimonianza dia coraggio e speranza ai giovani della Repubblica Democratica del Congo e di tutta l’Africa!”, ha invocato Papa Prevost. Il rito è stato presieduto dal prefetto del Dicastero per i Santi, card. Marcello Semeraro che nell’omelia ha ricordato il “caro prezzo” pagato dal giovane funzionario delle dogane congolesi per impedire che fosse introdotto nel paese cibo avariato e probabilmente velenoso. “Poteva lasciarlo entrare, nessuno se ne sarebbe accorto, ma non si è lasciato inghiottire dalla palude del male, ha respinto la busta che gli veniva allungata scegliendo di perseguire il bene e respingere la corruzione”, ha ricostruito il card. Semeraro. Floribert lavorava come ispettore doganale e venne ucciso il 7 luglio 2007 per non aver ceduto alla corruzione preferendo, a costo della vita, difendere la salute della popolazione. Il 20 gennaio 2024, Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che ne riconosce il martirio in odium fidei, aprendo così la strada alla sua beatificazione, che lo ha reso il primo beato legato alla Comunità di Sant’Egidio. Il suo esempio è stato ricordato come segno di coerenza evangelica, giustizia e coraggio civile. giu. – “Floribert a soli ventisei anni, venne ucciso a Goma per aver bloccato il passaggio di generi alimentari deteriorati (destinati ai profughi congolesi), che avrebbero danneggiato la salute della gente”, ricordò Papa Francesco il 2 febbraio 2023 davanti a migliaia di giovani nello stadio di Kinshasa, esaltando il sacrificio di Floribert come esempio di resistenza morale e libertà interiore contro la dittatura del denaro. Nato il 13 giugno 1981 a Goma, nell’Est della Repubblica Democratica del Congo, una città tristemente nota per essere uno degli epicentri del lungo conflitto che insanguina la regione dei Grandi Laghi africani, durante il suo percorso universitario verso la professione forense, Floribert conosce la Comunità di Sant’Egidio, che in Congo è attiva nell’assistenza ai poveri, alla promozione della pace e nell’educazione dei ragazzi di strada, i “maibobo”. Si dedica alla Scuola della Pace e ai bambini abbandonati, salvandoli a decine da loro triste destino: morire di fame o arruolarsi nelle milizie terroristiche che infestano le regioni est del Paese. La sua scelta di stare accanto agli ultimi non è stata solo assistenziale: Floribert aiutava quei ragazzi a immaginare un futuro, studiare, diventare protagonisti del proprio paese.Dopo un periodo di formazione a Kinshasa presso l’Office Congolais de Controle, l’agenzia statale che certifica la qualità delle merci, riceve un incarico a Goma. Avrebbe potuto rimanere nella capitale, più sicura e ricca di opportunità, ma preferisce tornare nella sua città natale, dove vivono i suoi affetti, i suoi amici, e soprattutto i ragazzi di strada a cui ha dedicato la vita. Il suo lavoro è controllare che le merci, in particolare i generi alimentari, rispettino gli standard minimi di qualità. In una zona dove tutto può essere comprato – dagli agenti doganali alle forniture per i profughi – la sua presenza onesta diventa subito scomoda. Nel luglio 2007 si trova a dover bloccare un ingente carico di derrate alimentari avariate (per un valore stimato da 1 milione di dollari) destinate al consumo della popolazione più povera, tra cui migliaia di sfollati. Implicati nello sporco e criminale affare commercianti indiani e alte cariche del governo di Kabila a Kinshasa. Questo network di delinquenti senza scrupoli cerca prima di corromperlo con somme crescenti: mille, duemila dollari, arrivando a proporgli 20.000 dollari secondo alcune testimonianze raccolte a Goma. Una somma difficile da rifiutare che in Congo rappresenta una svolta nella vita che permette di passare dalla povertà alla ricchezza. Ma lui dice no. Non per ingenuità, ma per coscienza cristiana. Sa bene che quel cibo può avvelenare bambini e adulti già provati dalla guerra. Sa che il sistema doganale è marcio, che nessuno gli farà scudo. Ma sceglie comunque la via della verità.Confida a suor Jeanne-Cécile Nyamungu, medico all’ospedale di Goma e sua amica: “Il denaro sparirà presto. E invece, le persone che dovessero consumare quei prodotti, cosa sarebbe di loro? Se accetto questo denaro, vivo nel Cristo? Vivo per Cristo? Come cristiano non posso permettere che si sacrifichi la vita della gente. È meglio morire piuttosto che accettare quei soldi”. Nella Basilica di San Paolo hanno concelebrato con il card. Semeraro due altri porporati: James Michael Harvey, arciprete della Basilica papale, e Fridolin Ambongo Besungu · Arcivescovo metropolita di Kinshasa, che ha guidato un affollato pellegrinaggio della chiesa congolese. (AGI)
RM13/SPR