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Omicidi e roghi, la Russia dei misteri

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I social ucraini rilanciano le immagini degli impianti distrutti accreditando l’idea che sia in corso un sabotaggio anti Mosca Dal Cremlino, nonostante la propaganda, non lo hanno escluso.

Di Marco Imarisio

Un rogo in quella che viene considerata come la Cape Canaveral russa non può passare inosservato. Non di questi tempi. Soprattutto se arriva dopo altri due incendi sospetti avvenuti nei giorni scorsi, uno all’Istituto di ricerca per la difesa aerospaziale a Tver e un altro all’impianto chimico Dmitrievsky a Kineshma. Sono tutti luoghi strategici, per la loro stessa natura.
Ma l’incidente di ieri nel polo industriale di Korolyov, alle porte di Mosca, che ospita numerosi stabilimenti legati alla produzione di energia e componentistica aerospaziale, tra cui il Centro scientifico russo dedicato allo sviluppo di razzi e veicoli spaziali, e RKK Energija, ovvero la società che si occupa di attività correlate al volo spaziale, ha un notevole valore simbolico. E infatti le immagini dei capannoni e degli uffici in fiamme sono state mostrate con una certa soddisfazione da diversi canali social ucraini, che le hanno considerate come la prova definitiva di una azione di sabotaggio antirussa. Anche fonti vicine al Cremlino non hanno escluso questa ipotesi, e il riserbo con il quale viene trattata la vicenda dai media di Stato, che nella loro opera di propaganda tendono a non dare mai notizie di natura negativa, lascia aperta la porta a ogni possibile interpretazione.
Invece l’Istituto di ricerca delle truppe della Difesa aerospaziale di Tver praticamente distrutto dall’incendio, nei mesi scorsi è stato al centro di uno scandalo finito in un’inchiesta condotta dal Comitato investigativo russo sulla cui base è stata aperta una causa penale nei confronti dell’intera dirigenza dell’ente con a capo l’ormai ex direttore generale Sergey Yagolnikov. I vertici dell’istituto con il benestare del dirigente assumevano «anime morte», cioè persone che lavoravano alle ricerche solo sulla carta ma per loro si erogavano invece stipendi veri. Così i truffatori avrebbero intascato quasi 300 milioni di rubli (quasi 4 milioni di euro).

Nei palazzi del potere
L’aria dell’Est non è più serena da tempo. E quella intorno ai palazzi del potere moscovita è quasi irrespirabile, piena com’è di misteri, di contrasti non dichiarati, e di paura. Anche due tragedie in apparenza dovute a motivi personali, come quelle dei due piccoli oligarchi, che hanno sterminato le loro famiglie togliendosi poi la vita, alimentano sospetti di ogni genere.
Gennadij Gudkov, ex deputato della Duma e colonnello dell’Fsb, da tempo all’opposizione, è stato lesto a commentarle con una abbondante dose di teoria del complotto. «Siamo tutti consapevoli che il regime si sta occupando della eliminazione dei propri oppositori e nemici. E allora perché non dovrebbe fare i conti con coloro che sono considerati traditori fuggiti dal sistema. Molte di queste morti sospette assomigliano infatti a una spietata resa dei conti». Come se fossero un messaggio, questa è la sorte che tocca a chi fugge dalla Russia. Questo intendeva dire Gudkov, questo pensano alcuni dissidenti, senza peraltro avere il coraggio di dirlo apertamente.

Le tragedie
Tutto il mondo li sta chiamando oligarchi, ma è una definizione che calzava molto larga per Sergey Protosenya e Vladislav Avayev. Il primo, trovato morto insieme alla moglie e alla figlia tredicenne nella sua villa di Lloret de Mar in Spagna, era in realtà un manager della società Novatek, la quarta società russa nel settore idrocarburi, responsabile della contabilità aziendale. Uno dei comproprietari è Gennadij Timchenko, amico personale di Vladimir Putin. Anche per questo, sussurrano i maligni, Novatek ha ricevuto un privilegio importante, l’esonero dall’obbligo di vendere i suoi prodotti solo in rubli. Protosenya aveva 56 anni e un patrimonio stimato in quattrocento milioni di dollari. Secondo la Polizia spagnola, avrebbe soppresso i suoi cari a colpi d’ascia, e poi si è suicidato.

L’uomo dei rubli
Avayev ha ucciso la moglie Elena, secondo i giornali moscoviti perché sospettava di un suo adulterio, e poi la figlia tredicenne Maria, che soffriva dalla nascita di paralisi cerebrale infantile. Era un personaggio molto conosciuto nella capitale. È stato vicepresidente della banca Gazprombank e prima ancora vicedirettore di un dipartimento della Tesoreria del Cremlino. Negli ultimi tempi era co-proprietario della società Carbonics di Kaliningrad che produce impianti ossei, insieme alla figlia del vicecapo della Rostec Nikolaj Volobuyev, società di spicco nel complesso militare-industriale e guidata da Sergey Chemezov, amico di lunga data di Vladimir Putin. Gazprombank è ritenuta uno degli istituti di fiducia dei parenti e degli amici del presidente, e il mese scorso è stata per le esportazioni del metano in rubli. Tutta la valuta ricavata dalla vendita del gas va a finire sui suoi conti.

I sospetti
Alcuni media indipendenti, come il giornale online Baza, hanno fatto notare che queste non sono le uniche morti sospette. All’inizio dell’anno, è stato trovato senza vita nel bagno di casa il corpo del sessantenne Leonid Shulman, capo del servizio trasporti di Gazprom Invest. Accanto c’era un messaggio in cui l’uomo si lamentava di forti dolori alla gamba destra, che si era rotto di recente. La morte è avvenuta nella cittadina Leninskij della regione di San Pietroburgo, la stessa dove a febbraio è morto all’improvviso Aleksandr Tyuliakov, vicedirettore generale del Centro pagamenti di Gazprom, responsabile della sicurezza aziendale. Prima della sua chiusura, avvenuta a seguito della nuova legge sulla censura, Novaya Gazeta scriveva riferendosi alle fonti dell’istruttoria che il cadavere aveva un cappio al collo, e accanto c’era una nota scritta, il cui contenuto non è stato reso pubblico. Gudkov conclude così la sua spericolata analisi: «Per i servizi segreti è importante evitare la fuga di topi dalla nave in una quantità troppo grossa perché questi topi sono a conoscenza di molte cose e potrebbero cominciare a parlare». Tanti morti, tanti misteri. Ma intorno al Cremlino, non sono mai mancati, né gli uni né gli altri. Non solo in questi mesi.

Fonte: Corriere della Sera