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Zenone. Storia degli effetti

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di Gianni De Iuliis

Le argomentazioni zenoniane sono state analizzate non solo da Aristotele, che non risparmiò critiche aspre ma le cui confutazioni non sono mai apparse risolutive, ma anche da filosofi della scienza nostri contemporanei come Grünbaum, i quali hanno affrontato le aporie del discepolo di Parmenide avvertendone la sconcertante modernità. Aristotele lo definì inventore della dialettica; Bertrand Russell giudicò i suoi paradossi «smisuratamente sottili e profondi».
Il matematico Umberto Bartocci invita a riflettere sulla circostanza che i paradossi di Zenone (Elea 489 a.C. – 431 a.C.) sul movimento vanno considerati sempre attuali e non risolubili, in quanto puntano l’attenzione sulle dicotomie reale/pensato e spazio(continuo)/tempo(discreto).
I paradossi zenoniani sono stati utili per sviluppare molti concetti alla base della matematica e della fisica moderne. Persino nella meccanica quantistica riecheggia il nome di Zenone nel cosiddetto Quantum Zeno effect (effetto Zenone quantistico) che, riprendendo metaforicamente il paradosso della freccia, afferma che un sistema, che decadrebbe spontaneamente, è inibito o addirittura non decade affatto se sottoposto a una serie infinita di osservazioni (o misure).
(Nella foto: il parco archeologico di Elea, antica polis della Magna Grecia, poi divenuta la Velia romana, nel Parco nazionale del Cilento, in provincia di Salerno)
(46. Continua)