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Yemen, la guerra dimenticata

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Sono passati ormai più di sette anni dell’inizio delle ostilità nell’area mediorientale, territorio strategico per eccellenza, incastonato tra l’Oman e l’Arabia Saudita, teatro di un violento conflitto che vede contrapposti le milizie della minoranza sciita degli Houthi che governa il nord del paese e l’esercito del legittimo governo in esilio. Una carneficina che non sembra volere terminare, una violenza inaudita evidenziata da innumerevoli testimonianze

di Giuseppe Accardi

Nel tempo dell’emergenza normalizzata, della narrazione mediatica unilateralmente direzionata, il tema della guerra torna a riecheggiare solennemente nell’immaginario collettivo, alimentando le fiamme della paura che rischiavano di estinguersi con la “fine” della pandemia da Covid 19.
Ma se l’attenzione del cittadino italiano è totalmente indirizzata sul conflitto Russo-Ucraino, volgendo lo sguardo all’orizzonte possiamo osservare che lungi dall’essere qualcosa di realmente localizzato nel tempo e nello spazio, la guerra è parte integrante della natura dell’uomo.
L’evoluzione della civiltà nel corso della storia è la dimostrazione di questo processo, che nonostante il progresso e il benessere non accenna ad arrestarsi.
In ogni angolo del globo infatti sconvolgimenti, conflitti, dissidi e aggressioni accompagnano la nostra quotidianità, facendoci sentire del tutto impotenti di fronte avvenimenti che ci circondano.
Molti di questi episodi, scelti ad hoc ed amplificati, vengono impiegati dalla propaganda di massa con il fine di somministrarli alla popolazione per sensibilizzarla o per dirottarne l’attenzione verso ciò che si vuole tenere di volta in volta sotto la luce dei riflettori. Altri episodi simili, invece, passano sullo sfondo inosservati, silenti, finendo presto nel dimenticatoio e assumendo meno importanza agli occhi degli impotenti osservatori.
È il caso della guerra nello Yemen, da tutti o quasi dimenticata ma che numeri alla mano sta mostrando il lato più terribile e crudele.
Sono passati ormai più di 7 anni dell’inizio delle ostilità nell’area mediorientale, territorio strategico per eccellenza, incastonato tra l’Oman e l’Arabia Saudita, nonché teatro di un violento conflitto che vede contrapposti le milizie della minoranza sciita degli Houthi che governa il nord del paese e l’esercito del legittimo governo in esilio.
Già all’indomani dell’insurrezione e della presa del potere da parte degli Houthi nel 2014, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita hanno subito dato man forte cooperando con alcuni alleati nella regione invasa, per mantenere la legittimità del governo del presidente Hadi, costretto a dimettersi e ad abbandonare la capitale.
A dispetto delle dichiarazioni rilasciate in sede Onu, dai vari rappresentanti di Arabia Saudita ed Emirati e delle smentite che in più occasioni sono arrivate da entrambe le parti, gli obbiettivi presi di mira fin da subito, sono risultati essere soprattutto civili innocenti, che hanno perso la vita negli innumerevoli attacchi missilistici ad ospedali, infrastrutture edifici, portati avanti dall’aeronautica Saudita e dalla marina degli Emirati negli scorsi anni.
Una carneficina che non sembra volere terminare, una violenza inaudita evidenziata da innumerevoli testimonianze che raccontano di come l’utilizzo di armi non convenzionali e non ammesse come le bombe a grappolo ed altri ordigni proibiti, sta avendo gravi ripercussioni soprattutto per donne e bambini, presi di mira nei centri urbani e nelle zone residenziali.
Come se non bastasse la chiusura dei canali di connessione per l’approvvigionamento medico e alimentare sta mettendo a dura prova l’intera popolazione e i superstiti, costretti a sopravvivere tra povertà, malnutrizione e malattie legate alla mancanza di strutture ospedaliere e alla scarsa igiene come il Tifo o il Colera.
Una situazione intollerabile che mette a repentaglio la vita di milioni di persone e che è stata sottolineata nei mesi scorsi anche dal capo umanitario dell’Onu Griffiths di fronte alle potenze del Consiglio di Sicurezza, distratte dalla guerra in Ucraina e che rischiano di lasciar morire l’intera popolazione Yemenita.
Per questo Griffiths ha ricordato l’importanza di una cooperazione internazionale che possa sostenere con aiuti la popolazione sofferente, inoltre ha ribadito che la sovranità nazionale e l’integrità di un popolo non possa essere messa in discussione in alcun caso e che non è possibile l’ utilizzo di due pesi e due misure a seconda del territorio d’origine e di appartenenza.