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Von Der Leyen sta per scoprire le carte sul Recovery Fund

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Un piano per la ripresa dell’economia europea ‘scioccata’ dalla gigantesca crisi del coronavirus, all’interno di un bilancio pluriennale che dal 2021 disegnerà il volto finanziario e politico dell’Europa per i prossimi sette anni. La presidente della Commissione europea presenterà nella giornata di mercoledì la proposta dell’esecutivo europeo sul Recovery Instrument integrato nel Quadro finanziario pluriennale dell’Unione, con l’intenzione di dare una risposta massiccia alla più devastante recessione economica della storia europea.

Una partita tecnica molto complessa che sul piano politico rimane ancora aperta e che inizierà a giocarsi davvero solo dopo che palazzo Berlaymont avrà messo tutte le sue carte sul tavolo. Il piano von der Leyen infatti dovrà essere approvato all’unanimità dai 27 e dovrà avere il via libera del parlamento europeo. Un accordo tra gli Stati membri (che già a febbraio non avevano trovato l’intesa sul bilancio) al momento è lontano ed è difficile che si riesca a chiudere al vertice europeo del 18 giugno.

La ‘potenza di fuoco’ del Recovery Instrument non è stata ancora nota e sarà svelata soltanto mercoledì mattina da von der Leyen, ma è assai probabile che la cifra complessiva si aggiri attorno ai mille miliardi di euro da investire, in un mix di contributi a favore delle aree e dei settori più colpiti dalla crisi e di prestiti agevolati a tassi bassi e scadenze temporalmente molto lunghe.

Nella proposta sul bilancio dovrebbe essere più chiaro inoltre quante risorse fresche saranno aggiunte al bilancio e anche, come chiede l’Italia, se i finanziamenti potranno essere utilizzati già quest’anno, visto che il Quadro pluriennale entrerà di fatto in vigore solo nel 2021. Con il Recovery Fund il bilancio 2021-27 dell’Unione Europea sarà “adattato alla nuova realtà economica e avrà una potenza di fuoco aggiuntiva per finanziare investimenti massicci”, ha detto il vicepresidente della Commissione, Maros Sefcovic dopo una riunione con i ministri per gli Affari europei dell’Ue.

Ma lo stesso Sefcovic ha parlato di “negoziati complessi” e ha lasciato chiaramente intendere che le posizioni dei paesi membri restano ancora distanti anche su come e se anticipare una parte dei finanziamenti: “Abbiamo bisogno di un accordo politico rapido. Per lanciare i nuovi programmi non c’è tempo da perdere. Abbiamo bisogno di un accordo a giugno sui programmi”, ha aggiunto definendo la proposta della Commissione “la più ambiziosa mai messa sul tavolo”.

Quello che sembra chiaro dalle parole che la stessa von der Leyen e diversi commissari hanno anticipato nelle settimane scorse, è che il piano verrà finanziato a debito ma non graverà sui bilanci dei Paesi, ma sarà garantito dalla Commissione europea, che emetterà obbligazioni e raccoglierà sul mercato finanziamenti ai Paesi sotto forma di trasferimenti e prestiti a scadenza molto lunga e tassi molto bassi.

Il Recovery Instrument, quarto pilastro che si aggiunge alle tre ‘gambe’ della risposta europea alla crisi, ovvero Mes, fondo Sure e piano Bei, si baserà su tre pilastri: un primo pilastro con cui finanziare direttamente investimenti all’interno delle regole del semestre europeo; un secondo pilastro che punta a facilitare gli investimenti privati in settori strategici che vanno dal 5G alle rinnovabili, con delle particolari attenzioni ai settori più delicati come l’industria farmaceutica (Margrethe Vestager ha anche annunciato nei giorni scorsi uno strumento che aiutera’ a ricapitalizzare le imprese colpite dal lockdown), un terzo pilastro sarà dedicato a rafforzare le ‘riserve’ europee che all’inzio della crisi si sono rivelate insufficienti sul piano sanitario e medico e punterà a migliorare il meccanismo di protezione civile della Ue (il programma RescUe) e la ricerca attraverso finanziamenti al programma Horizon.

La partita che inizia ora è complessa e molto politica e si giocherà sia sul modo in cui il Recovery Isntrument sarà strutturato e finanziato sia sulla composizione del bilancio pluriennale.

Da una parte i paesi del Sud, i più colpiti dalla crisi, a partire da Italia e Spagna, chiedono sovvenzioni e in tempi brevi per rispondere al devastante tsunami scatenato dalla pandemia, dall’altro i cosiddetti ‘frugali’, Austria, Olanda, Danimarca e Svezia escludono ogni possibilità di mutualizzare il debito e chiedono che ai paesi colpiti vengano concessi solo prestiti in cambio di riforme.

In mezzo il blocco di paesi dell’Est, beneficiari netti di fondi europei, che si batteranno affinché dal bilancio non vengano tagliate risorse all’agricoltura o alla coesione a scapito di altre voci. Sullo sfondo la potenza politica della proposta francotedesca: Parigi e Berlino, con la presa di posizione della Merkel che ha di fatto depotenziato l’asse dei frugali, propongono un fondo da 500 miliardi di euro, la meta’ dei quali composta solo di trasferimenti.

Il Parlamento europeo, a larghissima maggioranza, ha approvato la settimana scorsa una risoluzione con cui chiede un fondo da 2 mila miliardi. Domani arriveranno le cifre della commissione, ma il piano von der Leyen sarà solo il fischio d’inizio di una partita ancora difficile da giocare. 

Vedi: Von Der Leyen sta per scoprire le carte sul Recovery Fund
Fonte: estero agi


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