Type to search

Un flop i Referendum 2022. Affluenza al 20,7% e quorum non raggiunto.

Share

di redazione

Il quorum non è stato raggiunto e la soglia minima da raggiungere era del 50%.
Il risultato ha evidenziato un successo del SI in tutti e cinque i referendum sulla giustizia: legge Severino, separazione delle carriere, custodia cautelare, elezione dei togati del Csm e con sigli giudiziari. Di questi, su due dei cinque quesiti la vittoria del sì non è schiacciante come si poteva immaginare. Sull’abolizione della legge Severino il no raggiunge quota 45 per cento. Sui nuovi limiti alla carcerazione preventiva il 43 per cento. Larga, invece, la maggioranza dei sì sugli altri quesiti: 75% di sì alla separazione delle funzioni dei magistrati; 73% sul diritto di voto agli avvocati nella valutazione dei magistrati; 73% anche per l’abolizione delle firme per le candidature al Csm.
Dal 1946 a oggi sono stati 67 i referendum abrogativi: alcuni, come quello sul divorzio (1970) e sull’aborto (1981) hanno segnato lo spartiacque dei diritti nel nostro Paese e hanno avuto percentuali altissime di affluenza. Il 79,4% l’aborto e l’87,7% il divorzio.
In controtendenza l’ultimo referendum (17 aprile 2016) sulle trivelle, raggiunse appena il 31,18% di votanti. Nel 2009, i tre referendum proposti: ’assegnazione del premio di maggioranza alla lista più votata anziché alla coalizione; stesso meccanismo anche per il Senato; impossibilità per una stessa persona di candidarsi in più circoscrizioni, l’affluenza raggiunse il 23% degli aventi diritto al voto.
I promotori hanno già espresso tutta la loro delusione e lanciano i loro strali contro il silenzio mediatico. Al coro dei delusi si unisce anche la giunta dell’Unione delle Camere Penali, che lamenta, però, l’esclusione come categoria nella stesura della proposta referendaria. Il caso Palermo, con la defezione di tanti presidenti di seggio e scrutinatori, anima il dibattito politico.
Soddisfazione da parte di coloro che avevano invitato all’astensione, attestati su una contrapposizione politica verso i promotori referendari, e la definiscono una sconfitta senza appello.
La possibilità che il quorum, sui cambiamenti in materia di magistratura e di amministrazione della Giustizia non sarebbe stato raggiunto, era nell’aria. A nulla sono valsi gli appelli a Sergio Mattarella e a Mario Draghi, chiedendogli di fare un appello al voto.
L’art. 75 della Costituzione prevede il referendum abrogativo, che stabilisce che 500.000 cittadini o 5 Consigli regionali, possono proporre all’intero corpo elettorale “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”. Il referendum, quindi, è uno strumento democratico importante di partecipazione politica per i cittadini che credono nella Costituzione e nella democrazia, che ci è stato dato dai padri costituenti perché avessimo a disposizione una seconda scheda, accanto al voto politico, per decidere.
Purtroppo, quanto successo ieri, anche se non è una novità, ben 39 su 67 abrogativi i referendum non hanno raggiunto il quorum. Ne prenda atto la rappresentanza politica, incapace di legiferare, il ricorso frequente a questo istituto lo sta depotenziando.
Nonostante questa defezione al voto, la Costituzione italiana rimane sempre la più bella del mondo, ma occorre un urgente restyling.