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Turismo religioso. Il cammino per Santiago

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di Ettore Minniti

Ho appena finito di vedere il film ‘Il Cammino per Santiago’, tratto dal libro ‘Off the Roas’ di Jeack Hitt. Racconta di un oftalmologo americano, partito per recuperare il corpo del figlio deceduto sui Pirenei durante una tormentata mentre stava percorrendo il cammino di Santiago, si mette egli stesso in pellegrinaggio, cospargendo le sue ceneri nelle varie tappe.

Fare il cammino di Santiago ha radice profonde e antiche. Oggi sono in molti a farlo e per svariati motivi. È un camino fondamentalmente spirituale che in antichità veniva fatto per chiedere una grazia oppure perdono. Attualmente invece viene fatto anche per motivi sportiviperché in tanti amano fare trekking e tanti altri sono mossi da motivi spirituali, i più svariati.

Abbiamo intervistato due ‘camminatori’ speciali e determinati che in questo momento sono in viaggio verso Santiago: Emanuele Alcaro, 54 anni, da Catanzaro, e Massimo Pecoraro, 52 anni, da Palermo.

Cosa vuol dire fare il cammino di Santiago ai giorni nostri?

Emanuele: “le motivazioni sono diverse da pellegrino a pellegrino anche se il fine ultimo è arrivare a Santiago, essere soddisfatti di ciò che si è fatto e acquisire ancor di più la consapevolezza che si può vivere la vita senza pregiudizi e senza esasperata diffidenza”.

quale è stato il vostro d’animo prima della partenza?

Massimo: “il nostro stato d’animo, sia quello mio che quello di Emanuele, era di apprensione per l’impresa che stavamo per compiere e di felicità e grande motivazione per l’avventura che dovevamo vivere”.

Cosa ti aspetti da questo viaggio mistico?

Emanuele: “entrambi non ci aspettiamo nulla di particolare se non che la gente inizi a prendere coscienza del beneficio che si ha camminando e nel confrontarsi con altri pellegrini di altre nazionalità”.

Come vi sentite oggi, in prossimità di Santiago, dopo aver percorso km 720 e tanti altri ancora ne dovete fare?

Massimo: “oggi ci sentiamo pieni di gioia e grande consapevolezza del nostro fisico e della nostra mente, visto che ad oggi che siamo arrivati ad aver percorso oltre 750 km di cui 125 negli ultimi 3 giorni nei quali abbiamo voluto mettere alla prova il nostro corpo e la nostra resistenza fisica oltre al nostro convincimento spirituale”.

Vi eravate preparati fisicamente al cammino prima di partire?

Emanuele: “si, entrambi in zone diverse, percorrendo giornalmente almeno 15 km”.

Perché un viaggio in compagnia e non in solitudine?

Massimo: “in compagnia perché lo abbiamo programmato così da due anni, ma in realtà sei spesso da solo con te stesso durante le tappe”.

Di cosa conversate durante il cammino?

Emanuele: “di tutto. Spaziamo dagli argomenti personali e privati che rinsaldano una amicizia di vecchia data, ad argomenti di lavoro (che per entrambi è lo stesso) e di gossip per scherzare e ridere durante i momenti più duri”.

Da dove siete partiti?

Massimo: “da Siviglia il 14 Di Aprile, anche se il Cammino della Via della Plata inizia a Cadice”.

Quante tappe avete programmato?

Emanuele: “ne avevamo programmato 40 tappe ma stiamo riuscendo a chiudere il cammino fino a Finisterra in 37 tappe”.

Cosa hai portato di caro nel tuo zaino?

Massimo: “nello zaino porti le cose necessarie ed indispensabili cercando di non superare un certo peso, mentre le cose care le porti nel cuore e nella mente”.

Un evento che ti ha particolarmente colpito durante questo cammino?

Emanuele: “gli eventi particolari sono tutti, ogni giorno da quando parti a quando arrivi, come ad esempio l’aver superato un monte denominato “Calvario” oppure le cene fatte con altri pellegrini di diversa etnia e nazionalità conversando amichevolmente e fraternamente o la visita urgente da un podologo per in problema al piede risolto e per il quale lo stesso dottore non ha richiesto nulla in cambio se non una preghiera appena arrivati in Cattedrale”.

Cosa chiederai a San Giacomo quando entrerai nella Basilica?

Massimo: “ognuno di noi ha ricevuto da ogni amico o conoscente la richiesta di una preghiera per lui e la sua famiglia ed è quello che faremo per tutte le persone a noi care”.

Consiglieresti ad amici e parenti questa avventura mistica?

Emanuele: “consiglio il cammino da fare a tutti, perché solo così si può apprezzare il tutto e soprattutto si può venire a contatto con sé stessi. Non consiglio questo che abbiamo fatto noi perché prevede un cammino di 1200 km, che sono tanti, ma ci sono tante soluzioni che possono soddisfare ogni persona”.

Raggiungere Compostela non è la fine, ma la fine di un viaggio che inizia un altro Cammino.