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TRA I FERRAGNEZ E DRAGHI LA POLITICA RISCHIA DI SPARIRE

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Il processo di disintermediazione tra Stato e società civile, dovuto alla crescente burocratizzazione e all’uso dei mass media per comunicare direttamente con i cittadini, potrebbe compiersi giungendo ad un nuovo tipo di democrazia, se la politica non avrà un sussulto di dignità e continuerà a “pettinare le bambole”

di Mauro De Virgilio

Le notizie sul fronte dello scenario politico, in questi giorni, sono due: da un lato, vi è il 55% degli italiani che desidererebbe che il governo Draghi restasse in carica sino al 2023, confermando così l’ex presidente della BCE come l’uomo più popolare del Paese, che scalza la stella ormai calante di Matteo Salvini e blocca la timida ascesa di Giuseppe Conte; dall’altro, vi è l’attacco frontale dei due influencer più seguiti del Paese, Chiara Ferragni e il marito Federico Lucia (in arte Fedez) verso tutta la politica, incapace di approvare il DDL Zan, e in particolare contro il senatore Matteo Renzi e il suo piccolo partito personale, Italia Viva, che pugnala alle spalle – ancora una volta – la sua vecchia maggioranza, dicendosi favorevole a modifiche sostanziali della legge contro l’omofobia, da lui votato alla Camera.

In tutto questo, si avverte un grande assente: la politica. Non la Politica nel senso più alto del termine, ma la dialettica parlamentare e partitica, che ha caratterizzato il nostro Paese sin dal 1945. I partiti sono anestetizzati da un governo di tecnici che, posto lì dalla Presidenza della Repubblica proprio per ovviare all’inconcludenza e alla litigiosità del sistema politico italiano, sta decidendo del futuro del nostro Paese senza che la politica parli: non perché non possa parlare, ma perché non vuole parlare, troppo impegnata nei giochetti di partito, tra candidature e garanti.

Vi è, poi, la coppia di influencer che cavalca l’onda del momento e aumenta monetizzazioni e visualizzazioni sostenendo i diritti civili e scavalcando destra e sinistra (che, almeno su temi come questi, dovrebbe assicurare un consenso unanime), sostenendo – molto demagogicamente – che tutta la politica è spazzatura, e che è ora di dare una svecchiata al sistema: tutti argomenti del populismo e del cesarismo, che preannunciano una prossima discesa in campo del partito Ferragnez.

Ma perché, allora, i cittadini danno così tanta fiducia agli sforzi apprezzabilissimi di un tecnico che non apre bocca neppure sulle questioni più importanti e a una coppia di abili pubblicitari che apre bocca su tutto? Perché la politica non parla, e se parla ha parole talmente prive di significato e fondamento da risultare addirittura ridicole. I Giuseppe Conte, gli Enrico Letta e i Matteo Salvini potrebbero essere gli ultimi leader di partiti politici così definiti.

A opinione di chi scrive, siamo alle soglie di un mutamento politologico di dimensioni immani per il nostro Paese: la scomparsa non della democrazia in sé, ma della democrazia partitica e parlamentare. Da un lato vi sarà il deep State fatto di tecnici, competenti ma mediaticamente invisibili, dall’altro il magico mondo degli influencer, mediaticamente onnipotenti ma mancanti delle competenze necessarie per governare un Paese.

Il processo di disintermediazione tra Stato e società civile, dovuto alla crescente burocratizzazione e all’uso dei mass media per comunicare direttamente con i cittadini, avviato nel 1994 con Forza Italia, potrebbe giungere a conclusione, ma solo se la politica non avrà un sussulto di dignità e non sarà pronta a discutere le proprie idee, qualunque esse siano, e a difenderle con competenze giuridiche e amministrative. Altrimenti, se continua, per usare le parole di un politico esperto e sagace quale Pier Luigi Bersani, a “pettinare le bambole”, rischia di svanire nel nulla, nella derisione o, peggio, nel silenzio.