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“The Fabelmans”

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Nascita di una passione. Note a margine dell’autobiografia  adolescenziale di Steven  Spielberg

 

di Franco La Magna

 

Cosa spinge un uomo, un artista (Steven Spielberg), a mettere a nudo sé stesso a beneficio di una platea cinematografica, nel caso specifico davvero planetaria, per raccontarne passioni, frustrazioni, intimi segreti familiari, vita passata? “The Fabelmans” (2022), autobiopic del prolifico regista di Cincinnati invade i territori della psicanalisi, mettendo in scena una narrazione-seduta di autoanalisi, vero e proprio psicodramma,  inaspettatamente morigerata confessione agli spettatori non soltanto della “traumatica” nascita della passione per il cinema (inutile citarne l’incredibile filmografia, dall’esordio di “Duel” fino a quest’ultima autobiografia, carriera onusta tutta di strabilianti successi), quindi dei primi turbamenti sentimentali, delle angherie subite in quanto ebreo, delle proprie, inconfessate e sofferte, vicende familiari. Per intendere a fondo “The Fabelmans” (dal 22 dicembre nelle sale siciliane) si deve andare oltre il cronachistico resoconto degli episodi fetish dell’infanzia e dell’adolescenza, per certificarne il bisogno d’interpretare gl’inizi della propria esistenza – della quale ora, in vecchiaia, si avverte l’assoluta precarietà – e fissarne l’essenza in qualcosa di meno provvisorio, che ci sopravviva, nel tentativo di fare lo sgambetto alla transitorietà, allo scorrere inesorabile del tempo, all’oscura voragine della fine. E questo legittimo ripiego su sé stesso ne spiega il racconto tutto personale, quasi privo di riferimenti storici, in una America a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, rimasta volutamente sullo sfondo come elegante cornice, quasi per espungerne le drammatiche turbolenze, che inevitabilmente ne avrebbero distratto l’attenzione dello spettatore dal segreto racconto di formazione, ora fissato in una forma definitiva. L’innato bisogno dell’uomo di raggiungere l’immortalità, di spiegare e spiegarsi, una ricerca del senso ultimo della vita e di testimoniarne il vissuto, non poteva non manifestarsi nel regista degl’indimenticabili “E.T.”, “Jurassic Park”, “Indiana Jones”, “Schindler’s List”, “Salvate il sodato Ryan”, che con il cinema, il più grande spettacolo del mondo, posto ormai da tempo su un piedistallo privilegiato insieme ai pochi uomini della “settima arte” entrati nell’empireo consacrato della grande immortalità.

Note Tecniche

Diretto e scritto da Steven Spielberg e dal drammaturgo Tony Kushner, premio Pulitzer e storico collaboratore del regista, candidato all’Oscar per le sue sceneggiature di “Lincoln” e “Munich”; prodotto da Kristie Macosko Krieger (“West Side Story”, “The Post”), Steven Spielberg, Tony Kushner, Carla Raij e Josh McLaglen; personaggi e interpreti: Sammy Fabelman-Steve Spielberg (Gabriel LaBelle); la madre Michelle Williams (4 volte candidata all’Oscar), il padre Paul Dano; Seth Rogen-Bennie Loewy, amico di Burt e “zio onorario” dei figli, Boris (Judd Hirsch); musica John Williams, cinque volte premio Oscar; costumi Mark Bridges; scenografia  Rick Carter, due volte vincitore dell’Oscar; montaggio Michael Kahn ACE e Sarah Broshar, tre volte vincitrice dell’Oscar; direttore della fotografia Janusz Kaminski, due volte vincitore dell’Oscar.