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Teatro in televisione POPOLIZIO E L “ENEIDE”

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In una delle più recenti e interessanti proposte di Rai Culture e Rai Play, Massimo Popolizio (il massimo attore in esercizio di scuola ronconiana: recitazione ferma, possente, intarsiata sillaba dopo sillaba, mai declamatoria, epica ma non retorica) si confronta con il Libro II dell’opera virgiliana, considerato un capolavoro assoluto per la sua struttura e per la sua forza tragica

a cura di Angelo Pizzuto

In una delle più recenti e interessanti proposte di Rai Culture e Rai Play, Massimo Popolizio (il massimo attore in esercizio di scuola ronconiana: recitazione ferma, possente, intarsiata sillaba dopo sillaba, mai declamatoria, epica ma non retorica) si confronta con il Libro II dell’Eneide virgiliana, considerato un capolavoro assoluto per la sua struttura e per la sua forza tragica, nello spettacolo “La caduta di Troia”, registrato al Teatro India di Roma nel dicembre 2020, con la regia televisiva di Marco Odetto. Produzione Compagnia Orsini.

Il tema è quello dell’inganno: l’immenso cavallo, dono dei Greci, viene trasportato nelle mura di Troia, ma si trasformerà per i troiani in una macchina di morte e distruzione. L’inganno del cavallo con cui i Greci espugnano, dopo dieci anni di assedio, la città di Troia, apre il secondo libro dell’Eneide, e segna l’inizio di un lungo cammino.

Enea vive la violenza della guerra, la fuga per mare, la ricerca di una nuova terra, la stessa disperazione di milioni di persone che oggi iniziano un lungo viaggio per la sopravvivenza. Ripercorrendo la tradizione orale dell’epos latino Popolizio, si confronta (passione e raziocinio) con le parole di Virgilio che se fosssero uno storyboard, una sceneggiatura ante litteram:

Attraverso quelle parole – dice l’interprete – tento di creare vere e proprie immagini, di far vedere ciò che è scritto”.


Le musiche di Stefano Saletti, ed eseguite da Stefano Saletti e Barbara Eramo, sono arricchite dalla presenza del musicista iraniano Pejman Tadayon che suona il kemence, il daf e il ney, antichi ed evocativi strumenti della tradizione persiana. Le lingue cantate sono il ladino, l’aramaico, l’ebraico e il sabir, antica lingua dei naviganti e dei pescatori del Mediterraneo –celebrata, aggiungiamo noi, in un libro di Giuseppe Quatriglio edito da Sellerio vent’anni fa (esistono ristampe?)

Saletti usa strumenti come l’oud, il bouzouki e il bodhran per risaltare le atmosfere animate da Massimo Popolizio e dalla voce limpida di Barbara Eramo che si muove tra melismi e scale di derivazione mediorientale. Una vera e propria “partitura” che fa di questa pièce un’operina a sé, dove la voce di Popolizio si fa corpo e materia. Il suono è a cura di Giovanni Grasso.