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Sudamericana – La newsletter sull’America Latina a cura di Camilla Desideri

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Ballottaggio a sorpresa Al primo turno delle elezioni presidenziali colombiane che si è svolto il 29 maggio Gustavo Petro, il candidato della coalizione di sinistra Pacto histórico, ha ottenuto il 40,3 per cento dei voti, seguito dal populista di destra Rodolfo Hernández, un ingegnere milionario di 77 anni che si è presentato con il Movimiento liga de gobernantes anticorrupción e ha preso il 28 per cento. Il grande sconfitto dello scrutinio, scrive El Espectador, è il candidato di destra Federico Gutiérrez detto Fico, i cui cinque milioni di voti però saranno fondamentali per l’esito del secondo turno, previsto il prossimo 19 giugno. “Quello che comincia ora”, sottolinea il quotidiano colombiano, “è il gioco delle alleanze, in cui Hernández ha tutto da guadagnare. L’ex sindaco di Bucaramanga infatti si è presentato con un programma incentrato sulla lotta alla corruzione (anche se a luglio è chiamato a rispondere a un’accusa di corruzione), vendendosi come un candidato indipendente e contro il sistema, tanto che alcuni lo hanno definito ‘il Trump della Colombia’”.

Per il cambiamento Di certo, secondo El País, “i colombiani hanno votato contro la classe politica che ha sempre governato il paese: hanno scelto il cambiamento a scapito della continuità e hanno chiuso la porta alla destra rappresentata dall’ex presidente Álvaro Uribe, che si sta già muovendo in fretta per sostenere Hernández. È stato lui la vera sorpresa del primo turno: invisibile nei sondaggi fino a poche settimane prima del voto, ha guadagnato sostegno soprattutto grazie ai social network e senza mai partecipare a nessuno dei dibattiti con gli altri candidati alla presidenza”. I due candidati che si affronteranno al ballottaggio hanno sicuramente molte differenze, ma anche degli elementi in comune: primo tra tutti un discorso incentrato sul cambiamento e su critiche strutturali allo status quo. Entrambi hanno fatto proprio il malessere della società colombiana, duramente colpita dalle conseguenze della pandemia, inascoltato dall’attuale governo.

Con più di otto milioni di voti, Petro ha confermato che il suo progetto politico (è la terza volta che l’ex sindaco di Bogotá si candida alla presidenza) continua a sedurre ampi settori della società colombiana anche se per lui il bilancio dello scrutinio è agrodolce: se da una parte ha più che raddoppiato i voti ottenuti al primo turno del 2018, quando perse con l’attuale presidente Iván Duque (destra), dall’altra il risultato è stato molto al di sotto delle aspettative. Petro sperava di vincere senza andare al ballottaggio, una partita aperta e rischiosa, dove probabilmente si gioca la sua ultima possibilità di arrivare alla guida del paese. Anche se la politica colombiana vive di accelerazioni costanti, l’ascesa inaspettata di Hernández, il suo discorso antisistema (con dichiarazioni pesanti sulle donne e sui migranti) e l’invito di Fico a votare per lui rischiano di portare la Colombia verso un governo populista e radicale.

Ci sono però due buone notizie, scrive il quotidiano El Tiempo in un editoriale: nonostante una campagna elettorale molto tesa con episodi gravi di violenza, la giornata del 29 maggio si è svolta senza incidenti. Inoltre, chiunque vincerà il ballottaggio, la Colombia avrà una donna afrodiscendente come vicepresidente: Francia Márquez nel caso di Petro o Marelen Castillo se sarà eletto Hernández.

Per approfondire:

Quattro fattori da tenere in considerazione per capire cosa succederà al ballottaggio, dal Nuevo Siglo. Un’analisi della gestione di Rodolfo Hernández come sindaco di Bucaramanga, carica che ha occupato dal 2016 al 2019, sul Tiempo. Un ritratto dei due candidati. Chi sono Francia Márquez e Marelen Castillo, le due candidate alla vicepresidenza. Di Márquez avevamo pubblicato un ritratto nel numero 1414 di Internazionale.

Attualità

Archeologia Un gruppo di ricercatori guidato dall’archeologo tedesco Heiko Prümers ha annunciato l’esistenza di una struttura urbana nell’Amazzonia già prima dell’arrivo dei colonizzatori europei nel continente americano. Gli studiosi hanno dimostrato che negli Llanos de Mojos, in Bolivia, c’era un tipo di urbanistica a bassa densità, con alcuni edifici architettonici monumentali collegati tra loro da strade. La scoperta, pubblicata il 25 maggio sulla rivista Nature, smentisce l’idea a lungo dominante tra gli archeologi secondo cui in passato nella foresta tropicale non c’erano società complesse. Lo studio riunisce mappe che rivelano la struttura tridimensionale di piramidi, piattaforme e tumuli costruiti con la terra, senza l’uso di pietre. Le costruzioni furono realizzate dai Casarabe, che abitarono nella regione tra il 500 e il 1400 dC. Gli insediamenti furono abbandonati prima dell’arrivo degli spagnoli, per ragioni sconosciute. Da allora le strutture sono state erose e ricoperte dalla vegetazione, ma sono ancora in piedi e una parte è stata visitata dagli archeologi. L’esistenza di questi centri urbani è stata rivelata grazie a una tecnologia chiamata Laser imaging detection and ranging (Lidar), che scansiona il paesaggio per descriverne la topografia ignorando la copertura vegetale.

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Brasile Il 26 maggio la polizia stradale federale ha annunciato l’apertura di un’inchiesta sulla morte di Genivaldo de Jesus Santos, un nero di 38 anni fermato il 25 maggio da alcuni agenti a Umbaúba, nello stato nordorientale del Sergipe, mentre era alla guida della sua moto. Un video mostra due agenti che cercano di chiudere l’uomo nel portabagagli di un’auto della polizia da cui esce il fumo di una granata lacrimogena. L’autopsia ha confermato che De Jesus Santos è morto per asfissia. In un editoriale intitolato “Crudeltà e inettitudine” la Folha de S.Paulo definisce “preoccupante” il dilettantismo degli agenti, sottolineando che la polizia stradale ha acquisito più poteri da quando Jair Bolsonaro è presidente, e partecipa anche a indagini e operazioni antidroga che non sarebbero di sua competenza. Per esempio quella che si è svolta insieme alla polizia militare il 24 maggio nella favela di Vila Cruzeiro a Rio de Janeiro, che ha provocato la morte di ventitré persone. Il colonnello Luiz Henrique Marinho Pires ha precisato che lo scopo dell’operazione era “localizzare e arrestare” alcuni narcotrafficanti. Nel maggio 2021 ventotto persone erano morte in un’operazione della polizia nella vicina favela di Jacarezinho.

Ambiente I lavori tra Cancún e Tulum, nel sud del Messico, per costruire un tratto del Tren Maya, il progetto infrastruttruale fiore all’occhiello del governo del presidente Andrés Manuel López Obrador (centrosinistra), saranno sospesi per ordine di un giudice federale fino a quando non sarà determinato l’impatto ambientale dell’opera. La decisione, resa nota il 30 maggio, è una vittoria per la popolazione locale e gli attivisti per l’ambiente secondo cui la ferrovia, che dovrebbe essere lunga almeno 1.500 chilometri e passare per cinque stati, danneggerebbe in maniera irreversibile il complesso sistema di grotte e fiumi sotterranei della zona e rovinerebbe ampi tratti di selva tropicale ancora intatta.

Argentina Il governo il 10 maggio ha annunciato l’introduzione di un visto di sei mesi, rinnovabile una sola volta, per facilitare l’arrivo dei cosiddetti nomadi digitali, persone che grazie alle nuove tecnologie possono lavorare a distanza e quindi non sono legate a una sede fissa. La loro meta principale dovrebbe essere Buenos Aires, che ha lanciato un progetto simile già nel dicembre 2020 con “l’obiettivo di attirare almeno 22mila persone entro il 2023”. La capitale argentina offre a questi lavoratori un “kit di benvenuto” che comprende, tra l’altro, un abbonamento per i trasporti pubblici, una scheda sim e convenzioni con diversi alberghi. Secondo il governo, la maggior parte delle persone che arriveranno nel paese con questa formula hanno tra i 20 e 40 anni e sono in possesso di un diploma universitario. Inoltre si stima che consumino più degli altri visitatori: per un soggiorno medio dovrebbero spendere circa seimila euro. Aprendo le porte ai nomadi digitali il governo di Alberto Fernández spera di generare dinamismo nel settore commerciale e turistico e di favorire la circolazione di valute straniere, in particolare euro e dollari.

Haiti

La rivolta degli schiavi ad Haiti nel 1791. (Pictorial Press Ltd/Alamy)

È noto che il 1 gennaio 1804 gli haitiani proclamarono la loro indipendenza dopo una rivolta della popolazione nera e in schiavitù contro i colonizzatori francesi. “Pochi, però, conoscono quello che successe vent’anni dopo, nel 1825, quando due navi da guerra francesi si presentarono sull’isola e diedero un ultimatum: gli haitiani dovevano pagare ingenti somme di denaro o prepararsi a una nuova guerra”, scrive il New York Times. La Francia chiedeva un risarcimento al popolo che aveva ridotto in schiavitù: 150 milioni di franchi francesi da consegnare in cinque pagamenti annuali, molto di più di quanto l’isola poteva permettersi. Così Parigi fece pressioni su Haiti affinché chiedesse un prestito ad alcune banche francesi e cominciasse a restituire la somma. È quello che è stato chiamato “doppio debito”.

Il 22 maggio il quotidiano statunitense ha pubblicato in prima pagina una lunga inchiesta su Haiti, il risultato di più di un anno di ricerche, consultazioni di documenti e materiale di archivio, interviste con storici ed economisti di fama mondiale. Il lavoro dei giornalisti del New York Times, disponibile anche in spagnolo, francese e creolo, e ripreso dal quotidiano haitiano Le Nouvelliste, si proponeva di rispondere a una domanda di fondo: “Cosa sarebbe successo se fin dalla sua nascita la repubblica di Haiti non fosse stata saccheggiata dalle potenze straniere e dalle banche internazionali? Quanti soldi avrebbe avuto a disposizione per costruire il tessuto sociale del paese? Che prezzo ha pagato Haiti per la sua libertà?”. Anche se una parte dei contenuti apparsi sul New York Times era nota da tempo agli storici e ai giornalisti che si occupano delle vicende di Haiti, il valore e la portata di una pubblicazione del genere non può essere sottovalutata, come d’altronde l’importanza di alcune affermazioni, per esempio l’ammissione che “gran parte dei problemi del paese sono stati causati dall’esterno”, un riferimento alle ingerenze della Francia e degli Stati Uniti nelle vicende dell’isola. Su Internazionale questa settimana pubblichiamo le conclusioni dell’inchiesta.

Città del Messico

La famosa palma situata lungo il paseo de la Reforma a Città del Messico, che dà il nome alla Glorieta de la palma (una rotonda) ed è considerata un simbolo della capitale, sarà trasferita in un vivaio dell’Estado de México per essere curata da un fungo che la sta danneggiando. Ve ne avevo parlato qui e vi avevo anche raccontato della cerimonia di saluto e della consultazione popolare organizzata dall’amministrazione comunale per decidere quale albero piantare al suo posto. I messicani si sono espressi e hanno stabilito con poco più di 77mila voti che la palma sarà sostituita da un cipresso di Montezuma (il nome scientifico è Taxodium mucronatum Ten), un albero che si crede fosse usato nei rituali dalle popolazioni preispaniche. L’esemplare, che ha vent’anni ed è alto dodici metri, è arrivato nella capitale messicana alla fine di maggio. Sarà piantato il 5 giugno, giornata mondiale dell’ambiente, dopo un viaggio di vari giorni per più di ottocento chilometri, come racconta quest’articolo del País. L’albero era partito da un vivaio nello stato di Nuevo León, nel nordest del paese, insieme ad altri due cipressi della stessa altezza, venti di tre metri e altri cento più piccoli.

Trasferimento dei cipressi di Montezuma verso Città del Messico, 25 maggio 2022. (Gobierno del Ciudad de México)

Consigli

Quando nel 2011 uscì l’album Nó na orelha (Nodo all’orecchio), il nome di Criolo emerse dall’ambiente del rap di São Paulo e s’impose a livello nazionale come uno degli artisti più ispirati e poliedrici in circolazione. Il brano Não existe amor em SP diventò una sorta di simbolo della città, ma anche un’amara metafora politica del Brasile. Nato nel 1975, figlio di un operaio e di un’insegnante emigrati dal nordest in un quartiere popolare della metropoli paulistana, Kleber Cavalcante Gomes, in arte Criolo (una parola che nella lingua popolare è dispregiativa e indica la persona meticcia, nera, ma per lui è sinonimo di orgoglio e affermazione), è da anni uno degli artisti di punta della musica brasiliana. Ma anche produttore, attore e compositore. Ora esce il suo sesto album, Sobre viver (un gioco di parole tra Sul vivere e Sopravvivere), che ha un deciso carattere politico e uno sguardo sociale. Basta pensare al brano Pretos ganhando dinheiro incomoda demais (Neri che guadagnano fanno arrabbiare), ma anche all’apertura affidata a Diario do Kaos, che ospita il duo Tropkillaz. Nel disco ci sono altri ospiti, come la cantante capoverdiana Mayra Andrade in Ogun Ogun (divinità della religione afro-brasiliana). Nella musica di Criolo restano forti i legami con la cultura africana, così come l’attenzione all’uso poetico del verso, anche quando la parola è d’impegno, è contundente, come insegna Caetano Veloso. È il consiglio di ascolto di Alberto Riva, giornalista e scrittore.
  Il 31 maggio a Valencia, in Spagna, sono stati assegnati i premi Ortega y Gasset, il maggiore riconoscimento giornalistico in spagnolo. Nella categoria “Multimedia” ha vinto un lavoro del sito nicaraguense Divergentes intitolato El reto tra la masacre. Memoria, verdad, justicia y no repetición sulle violazioni dei diritti umani commesse in Nicaragua e sull’autoritarismo del governo di Daniel Ortega e della moglie e vicepresidente Rosario Murillo. La giuria ha sottolineato che nell’inchiesta c’è tutto quello che serve al buon giornalismo: informazioni, punti di vista diversi, numerose voci e testimonianze, analisi esaustive. Il lavoro dei giornalisti di Divergentes è uno strumento prezioso per capire cosa succede nel paese centroamericano.
  Melma rosa (pubblicato in Italia da Sur con la traduzione di Massimiliano Bonatto) della scrittrice uruguaiana Fernanda Trías è un sorprendente e profetico romanzo che, mescolando fantascienza speculativa e scrittura intimista, cerca di raccontare come si evolvono i rapporti affettivi e familiari sullo sfondo di una lenta ma inesorabile catastrofe. Melma rosa ha vinto il premio Sor Juana Inés de la Cruz nel 2021. Il giornalista di Internazionale Daniele Cassandro intervisterà l’autrice domenica 5 giugno nel Cortile del museo Garda nell’ambito del Festival della lettura di Ivrea.

Fonte: internazionale