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Silvia rapita in Kenya, XXVII giorno. Il missionario nelle mani della Jihad

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Il rapimento di Silvia Romano, avvenuto in Kenya il 20 novembre è arrivato al ventisettesimo giorno. Intorno alla vicenda c’è uno stretto riserbo e, tuttavia, la ricerca della giovane cooperante italiana prosegue incessantemente. Accanto alle forze di polizia e alle forze speciali keniane ci sono anche i servizi segreti italiani, come ha voluto sottolineare venerdì scorso il ministero degli Interni italiano sostenendo, attraverso una nota, che “chi di dovere è al lavoro per riportare Silvia in Italia sana e salva”. Di più, oggi, non si sa.

Il 17 dicembre, inoltre, è il giorno che segna il terzo mese esatto dal rapimento di un altro italiano, padre Pier Luigi Maccalli, missionario sequestrato in Niger da un gruppo jihadista locale, appartenente alla Società per le Missioni Africane (Sma). Pochi giorni dopo il sequestro i leader della comunità musulmana del Niger hanno lanciato un appello per la liberazione del missionario italiano. Di lui si sa che è “vivo e sta bene”, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Fides.

"Vivo e sta bene"

Padre Gigi Maccalli, è stato rapito il 17 settembre in Niger, è vivo e sta bene: a sostenerlo è il vescovo della diocesi di Niamey, monsignor Djalwana Laurent Lompo, che lo ha comunicato al superiore del missionario, padre Désiré Salako. Il prelato non ha però potuto dare, "per motivi di sicurezza", dettagli più particolareggiati. Padre Maccalli è stato sequestrato da presunti jihadisti attivi nell’area dove padre Gigi svolge la sua missione. Da qualche mese, quest’area si trova in stato di urgenza a causa proprio della presenza di terroristi provenienti dal Mali e il Burkina Faso. Le forze governative, anche nel mese scorso, hanno attaccato i gruppi jihadisti, proprio nella zona dove è stato sequestrato il missionario italiano.

Monsignor Lompo, tuttavia, non ha potuto spiegare "su quali elementi fonda questa affermazione" secondo cui padre Maccalli è vivo e in buona salute. Lo ha riferito padre Salako, colui che per primo ha avuto la notizia del rapimento del confratello e da allora segue l'evoluzione di questa vicenda tenendo i contatti con le autorità del Niger. Ed è stato appunto padre Salako, di nazionalità beninese, superiore del distretto della Società per le Missioni africane di Benin-Niger, territorio di cui fa parte la missione di padre Maccalli, a riportare le informazioni avute dal vescovo della diocesi di Niamey.

Fiducia

“La prima preoccupazione delle autorità del Niger, ma anche dell'ambasciata italiana a Niamey, è l'incolumità di padre Gigi, e ogni azione che verrà intrapresa non metterà in pericolo la sua vita, ha commentato padre Marco Prada della Sma, riportato dall’agenzia Fides. "È desiderio di tutti che questa vicenda si concluda in modo pacifico, senza inutili violenze. Per questo è necessario avere pazienza. Il tempo che passa, l'apparente silenzio, la mancanza di notizie, non devono essere interpretati come segno di inattività. Al contrario, è il clima più fruttuoso perché le parti in causa possano entrare in contatto con discrezione e fiducia reciproca". Non c’è nessuna notizia certa di dove si trovi padre Maccalli e su quali passi si stanno compiendo per la sua liberazione ma, tuttavia, non manca, da parte della Sma, la fiducia che si stia facendo di tutto per la sua liberazione. E, questo, forse, è ciò che sta accadendo anche in Kenya per il sequestro di Silvia Romano.

 

Vedi: Silvia rapita in Kenya, XXVII giorno. Il missionario nelle mani della Jihad
Fonte: estero agi


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