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Scuola: serve ancora l’esame di Stato?

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Le modalità, sempre cangianti, degli esami di Stato rappresentato per ogni esecutivo un totem per marcare le proprie differenze ideologiche e politiche rispetto a quello precedente. Nella peggiore delle ipotesi un costo. Ma se l’esame diventa solo un costo inutile per lo Stato o un indicatore ideologico dell’esecutivo in carica, allora forse ha smarrito la sua essenza

di Gianni De Iuliis

Esami di Stato 2021: la vera notizia è che i cambiamenti questa tornata sono minimi, formali e poco significativi rispetto all’anno precedente.

Perché negli ultimi tempi, emergenza sanitaria a parte, abbiamo assistito a continui cambiamenti dell’Esame di Stato?

Vediamo se la storia ci aiuta a rispondere a questa domanda che quasi ogni anno la comunità scolastica, sempre più destabilizzata, si pone disperatamente.

Gli Esami di Stato, all’epoca Esami di maturità, furono introdotti con la Riforma Gentile nel 1923. Nel 1940 furono semplificati dalla Riforma Bottai a causa della guerra. Nel 1952 la Riforma Gonella ripristinò l’Esame gentiliano fino al 1969. Dopo le agitazioni studentesche sessantottine ci fu la Riforma Sullo, che durò fino alla fine della cosiddetta Prima Repubblica. Quindi dal 1923 al 1993, in settanta anni di Esami di maturità/Stato, ci furono sostanzialmente due tipologie: quella gentiliana per circa quarantacinque anni e quella di Sullo per circa venticinque anni.

Con la Seconda Repubblica inizia un processo di destabilizzazione. Dal 1994 al 2021 si contano almeno nove riforme dell’Esame, una ogni tre anni. Citiamo velocemente, senza entrare nel merito, la Riforma D’Onofrio (governo di centro-destra), Berlinguer (governo di centro-sinistra), Moratti (governo di centro-destra), Fioroni (governo di centro- sinistra), Gelmini (governo di centro-destra), Profumo (governo tecnico), Fedeli (governo di centro- sinistra), Azzolina (governo di centro- sinistra), Bianchi (governo tecnico).

In genere i governi di centro-destra hanno riformato tenendo conto soprattutto degli aspetti finanziari ed economici, cercando quindi di limitare i costi dell’Esame per le casse pubbliche; quelli di centro-sinistra hanno riformato soprattutto gli aspetti didattici.

La storia ci offre una prima risposta. Nei settanta anni che vanno dal primo governo fascista all’ultimo governo della prima Repubblica si è avuto una relativa stabilità. Nei ventisette anni della seconda Repubblica abbiamo patito una riforma ogni tre anni. Considerando l’alternanza di governo che ha contraddistinto gli anni della seconda Repubblica, possiamo affermare che spesso l’Esame di Stato ha rappresentato per ogni esecutivo un totem per marcare le proprie differenze ideologiche e politiche rispetto a quello precedente. Nella peggiore delle ipotesi un costo.

Ma se l’Esame diventa solo un costo inutile per lo Stato o un indicatore ideologico dell’esecutivo in carica, allora forse ha smarrito la sua essenza. È diventato un feticcio per la cultura di massa, buono per essere citato in qualche film, in qualche canzonetta. Talvolta a uso e consumo d’intellettuali, sociologi, psicologici per le loro analisi sul mondo giovanile, sul ricambio generazionale e blablabla.

La legge 10 dicembre 1997, n. 425, sostiene che l’Esame ha come fine «l’analisi e la verifica della preparazione di ciascun candidato in relazione agli obiettivi generali e specifici propri di ciascun indirizzo di studi». Forse si sta finalmente comprendendo che è ontologicamente assurdo un ente che in poche ore deve giudicare un percorso scolastico di tredici anni. Forse l’Esame ha solo un significato burocratico che garantisce i diplomati che non proseguono gli studi, i quali non riceverebbero un’effettiva certificazione.

Ma allora bisogna fare lo sforzo di garantire una certificazione senza esame, con un voto che sarebbe una sommatoria dei risultati scolastici conseguiti dallo studente nei suoi tredici anni di carriera scolastica. Si potrebbe utilizzare il sistema dei crediti per arrivare fino al punteggio di 100, magari con una gradualità: 25 crediti per la scuola elementare, 25 per la media e 50 per la superiore.

Ci sarebbe un enorme risparmio economico per lo Stato e si potrebbe allungare il tempo scuola, senza l’impiccio di un Esame.

Ma anche noi stiamo proponendo una Riforma dell’Esame… Con i crismi della definitività?