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Samsung, il rito delle scuse in pubblico per l'erede dell'impero

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Ha chiesto scusa, in pubblico, l’erede dell’impero Samsung: per lo scandalo corruzione di cui è stato al centro e per i 50 anni di antisindacalismo a tratti ‘ferocè che hanno mantenuto il Gruppo ‘union free’.

“La nostra tecnologia e i nostri prodotti sono acclamati come di prima classe, ma lo sguardo del pubblico verso Samsung rimane critico”, ha detto Lee, la voce piano, deglutendo di tanto in tanto. “è colpa mia. Mi scuso”.

E Lee si è inchinato tre volte davanti ai flash delle macchine fotografiche in un ufficio della Samsung Electronics a Seul.

Il vicepresidente di Samsung Electronics, Lee Jae-yong, 51 anni, nel 2017 fu condannato a cinque anni per corruzione, appropriazione indebita e altri reati connessi allo scandalo che ha fatto cadere la presidente sudcoreana Park Geun-hye, condannata a 24 anni.

Scarcerato dopo un anno ora è di nuovo sotto processo. Lee Jae-yong ha anche annunciato la fine della linea di successione nell’azienda e che dunque non permetterà ai suoi figli di sostituirlo: “Ci ho pensato a lungo”, ha detto.

“Farò in modo che non ci siano più controversie sulla successione del management. Non intraprenderò mai azioni che vadano contro la legge”.

Le pubbliche scuse, un rito molto serio nell’uso coreano, erano state chieste dal Comitato di conformità di Samsung, organismo di vigilanza sulla trasparenza dell’azienda. Lee è stato al timone dell’esteso gruppo Samsung da quando suo padre e presidente del gruppo, Lee Kun-hee (oggi 78 enne), fu colto da un attacco di cuore nel 2014 che gli ha impedito di tornare al lavoro.

Lo scandalo ha messo in luce l’esistenza dei legami opachi tra le grandi imprese e la politica in Corea del Sud: l’ex presidente è stata destituita perché accusata di aver preso tangenti dai pezzi grossi delle multinazionali in cambio di un trattamento preferenziale.

L’accusa all’erede Samsung in particolare era incentrata sui milioni di dollari che il gruppo pagò alla confidente della presidente Park, Choi Soon-sil, per ottenere favori dal governo, tra cui la garanzia di una transizione senza intoppi per la successione di Lee al padre malato. Samsung Electronics è la filiale di punta del gruppo, che è di gran lunga il più grande dei conglomerati a controllo familiare, che dominano il business nella dodicesima economia più grande del mondo.

Il suo fatturato complessivo equivale a un quinto del Pil della Corea del Sud ed è fondamentale per la salute economica sudcoreana.

Il presidente Lee Kun-hee è l’uomo più ricco della Corea del Sud e il sessantacinquesimo fra le 100 persone più ricche del mondo con un patrimonio stimato in 15,7 miliardi di dollari, mentre Lee Jae-yong ha un patrimonio netto di 5,7 miliardi di dollari. In marzo, il Comitato di conformità (istituito su ordine del tribunale) aveva affermato che molti fatti “deplorevoli” del Gruppo Samsung erano legati al piano per favorire la successione di Lee e gli avevano raccomandato le scuse pubbliche; il Comitato gli aveva anche consigliato di affrontare la politica aziendale di “niente sindacato”.

Il gruppo infatti per quasi 50 anni ha continuato in una gestione familiare e soprattutto senza che i sindacati ci mettessero il naso, a volte mettendo in atto tattiche ‘feroci’, secondo i critici, almeno fino al novembre scorso. “Mi scuso sinceramente con tutti coloro che sono rimasti feriti da questioni che riguardano la politica sindacale della Samsung”, ha aggiunto Lee. L’azienda d’ora in poi garantirà i diritti dei lavoratori e agirà in conformità con le norme sul lavoro, ha assicurato.

Vedi: Samsung, il rito delle scuse in pubblico per l'erede dell'impero
Fonte: estero agi


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