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Russia: i pro e i contro del default artificiale

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Il default tecnico rende più difficile per la Russia emettere nuovo debito per finanziarsi sui mercati internazionali. Ma ad essere penalizzati sono gli investitori occidentali, mentre Mosca mantiene nella propria disponibilità risorse finanziarie da utilizzate per finanziare la guerra all’Ucraina

di redazione

In conseguenza del blocco dei movimenti finanziari imposto dagli USA e dall’Unione europea, la Russia non è stata in grado di rimborsare i sottoscrittori del suo debito. Alla mezzanotte di domenica 26 giugno, ora di New York, è scaduto il “termine di grazia”, vale a dire la proroga di un mese concessa a Mosca per i mancati pagamenti degli interessi sui bond e le cedole in dollari ed euro scaduti nello scorso mese di maggio.

Quindi, malgrado non manchino di certo a Mosca le risorse per pagare, il paese è entrato ufficialmente in quello che è stato definito “default artificiale”, causato dalle sanzioni occidentali. Un eventuale pagamento in rubli, anziché in dollari, delle somme dovute – come si sono affrettate a precisare le agenzie di rating americane Fitch, Standard & Poor’s e Moody’s, non servirebbe ad evitare  l’ufficializzazione del default.

Si tratta, in pratica, di un inasprimento delle sanzioni, perché finora la Russia è stata autorizzata a movimentare il denaro occorrente per pagare gli obbligazionisti esteri. Ma adesso dalla casa bianca è venuto l’input per il blocco totale.

Si è determinato così il primo fallimento sul debito estero della Russia dopo quello che si verificò nel 1918, al tempo della rivoluzione bolscevica, e dopo il default parziale del 1998, in occasione della crisi delle cosiddette “tigri asiatiche”.

Mosca da un lato minimizza, con le dichiarazioni del suo ministro dell’economia, gli effetti del “default artificiale”, del resto atteso da molte settimane, dall’altro lato annuncia di voler ricorrere ai competenti tribunali internazionali invocando l’illegittimità della dichiarazione di default.

Il Cremlino ribadisce infatti di avere sia la volontà che i soldi per pagare i suoi debiti, ma di essere impossibilitata a farlo a causa delle misure adottate dai paesi occidentali per ritorsione in seguito all’invasione dell’Ucraina.

Non tutti gli esperti ritengono che la dichiarazione di default sia stata una scelta saggia. Infatti ad essere penalizzati, in ultima analisi, sono gli investitori occidentali, mentre per la Russia  l’effetto pratico è di mantenere nella propria disponibilità risorse finanziarie che potranno essere utilizzate, invece che per pagare il debito, per sostentare la guerra all’Ucraina.

In realtà il default tecnico rende più difficile per la Russia emettere nuovo debito per finanziarsi sui mercati internazionali. Ma al momento Mosca non ha questa necessità, dal momento che soltanto in questi primi mesi di guerra ha incassato non meno di 90 miliardi, fra dollari ed euro, dalle esportazioni di gas, petrolio e carbone.

Altra conseguenza di rilievo è l’apprezzamento del rublo nei confronti di tutte le altre valute, grazie alle entrate garantite dall’esportazione di materie prime, mentre le sanzioni pesano sui surplus della bilancia commerciale.  Sia gli squilibri della bilancia commerciale che lo stesso rafforzamento eccessivo del rublo potranno avere effetti negativi per la Russia, ed è questo il motivo per cui la banca centrale più volte è intervenuta per contenere il costo del denaro. Tra l’altro sono state rimosse le limitazioni sui movimenti di capitale che, all’inizio della guerra, avevano spinto le famiglie russe a ritirare i loro risparmi dalle banche.