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QUOTE LATTE PESANO SULLE TASSE. E I CONTRIBUENTI FANNO CAUSA A BOSSI Roma – Federcontribuenti avvia un atto giudiziario presso il Tribunale di Milano: “un’azione collettiva visto che ad essere colpiti sono tutti i contribuenti italiani”

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Roma – Bruxelles minaccia di multare ancora una volta l’Italia per aver prorogato il pagamento delle multe delle quote latte e i contribuenti italiani fanno causa a Umberto Bossi e a tutti i parlamentari che hanno approvato l’emendamento in questione. Federcontribuenti, la federazione nazionale dei contribuenti dello Stato e delle autonomie locali presenterà, al Tribunale di Milano e presso tutte le sedi opportune, un atto giudiziario per la richiesta di risarcimento dei danni che subiranno le casse pubbliche con l’applicazione delle sanzioni dell’Ue dopo il mancato rispetto delle quote latte e dei termini di pagamento delle multe. Entro la settimana prossima – spiegano al VELINO dalla federazione – un atto giudiziario accompagnato dalla firma di almeno 500 cittadini provenienti da tutte le regioni italiane. Perché l’intenzione è quella di fare “un’azione collettiva visto che ad essere colpiti sono tutti i contribuenti italiani”. La proroga dei termini voluta da Umberto Bossi e da altri deputati ha comportato – spiegano ancora dall’associazione – il ridimensionamento dei fondi destinati per la lotta ai tumori. “Fortemente penalizzante nei confronti dei cittadini italiani la multa comunitaria oltre che diseducativo legittimare comportamenti contra legem attuate da una minoranza di allevatori che non ha rispettato la legge italiana e la direttiva comunitaria sulle quote latte”, dichiara il numero uno di Federcontribuenti, Carmelo Finocchiaro. “La nostra iniziativa non è contro la libertà dei parlamentari di proporre leggi e di emendare norme, ma contro la consapevole scelta in contrasto con i trattati comunitari sugli aiuti di Stato”. “Dai nostri calcoli stimiamo che la proroga del pagamento delle multe costerà al contribuente italiano circa cento euro a testa”, spiega al VELINO l’avvocato di Federcontribuenti Mario Umberto Morini. “L’atto è quasi pronto e contiamo di presentarlo entro la settimana prossima”.

Se si tirano le somme le quote latte sono costate finora e costeranno ancora ai contribuenti circa il 20 per cento della manovra di Monti per “salvare” l’Italia. Il debito esigibile ammonta oggi a oltre 700 milioni di euro ma il prelievo supplementare totale imputato all’Italia dal 1984 al 2010 – da quando l’allora ministro dell’Agricoltura Filippo Maria Pandolfi barattò il latte con l’acciaio – ammonta infatti a 4,4 miliardi di euro. Di questi il prelievo imputato nella prima fase e pagato interamente dalle casse dello Stato con l’accordo Ecofin del 1994 ammonta a 1,9 miliardi di euro. Accordo che chiuse – con il ministro Giulio Tremonti come negoziatore – la fase relativa alle campagne comprese tra il 1984-85 e il 1992-93. In sostanza facendo ricadere il debito delle quote sui contribuenti italiani sotto forma di maggiore pressione fiscale. Ancora in discussione la rimanente parte, vale a dire i 2,5 miliardi di euro relativi alle campagne comprese tra 1995-96 e 2009-2010. Di questi i produttori cosiddetti “splafonatori” hanno pagato e si sono impegnati a pagare circa 400 milioni di euro – anche attraverso la rateizzazione del 2003 condotta dall’allora ministro Gianni Alemanno – mentre il prelievo a loro imputato e non ancora versato corrisponde a 2,1 miliardi di euro. Soldi che sono già stati sottratti da Bruxelles all’Italia sottoforma di trattenute sui trasferimenti della Pac.

I produttori che si trovano oggi a dover pagare le multe – relative alle campagne 1995-96 e 2009-2010 – si dividono in due categorie: i produttori con debito non esigibile per effetto di ricorsi – al Tar – ancora in atto, il cui debito ammonta a 1,3 miliardi di euro; e i produttori con debito esigibile (senza ricorsi o con ricorsi chiusi a sfavore per i produttori) il cui debito ammonta a circa 780 milioni di euro. Di questi ultimi – stando ai dati che si evincono dalla circolare Agea del 17 dicembre 2010 – erano stati “coperti”, attraverso la rateizzazione di Zaia, circa 43 milioni di euro. Il debito esigibile rimanente – 740 milioni circa – se non dovessero essere saldati dai produttori multati, ricadrebbero inevitabilmente sui contribuenti italiani sottoforma di pressione fiscale. Stando ai dati Istat 2010, nel secondo trimestre, il numero di occupati (in termini destagionalizzati) risulta pari a 22.915.000 unità. Vale a dire il 57,5 per cento della popolazione attiva compresa tra i 15 e i 64 anni.

In base ai dati delle dichiarazioni Irpef 2009 (anno d’imposta 2008) – avevano già fatto sapere al VELINO dal dipartimento delle Finanze – sono 41.802.902 i soggetti che hanno assolto l’obbligo dichiarativo in via diretta, attraverso i diversi modelli dichiarativi (Unico, 730) o indiretta come soggetti sottoposti a ritenute da parte del soggetto che eroga loro i redditi (Mod. 770). A questi soggetti vanno aggiunti 412.859 contribuenti che pagano l’imposta sostitutiva collegata al regime dei contribuenti minimi. Se si divide il debito esigibile accumulato dalle multe non pagate (780 mln) per i soggetti che secondo il Dipartimento delle Finanze hanno assolto l’obbligo dichiarativo, emerge che ogni lavoratore si troverebbe a dover pagare di tasca propria circa 20 euro. Se infine gli splafonatori non dovessero saldare il conto e si volessero tirare le somme confrontando il totale del prelievo imputato da Bruxelles nel corso degli anni – vale a dire i 4,4 miliardi di euro già citati da cui devono essere sottratti i 440 saldati – e il numero di coloro che secondo il Dipartimento delle Finanze hanno “assolto l’obbligo dichiarativo”, emerge che ogni italiano che paga le tasse si ritroverà ad aver “contribuito” alla causa degli splafonatori, volente o nolente, circa 95 euro.   (ilVelino/AGV)

(Edoardo Spera) 13 Febbraio 2012 18:28

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