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Quelli della mafia buona, che naturalmente non esiste.

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di Antonino Gulisano

 “La Maraventano ha affermato che ‘la nostra mafia ormai non ha più quella sensibilità e quel coraggio che aveva prima. Dove sono? Non esiste più. Perché noi la stiamo completamente eliminando… Perché nessuno ha più il coraggio di difendere il proprio territorio’. La mafia non ha mai avuto sensibilità, coraggio e neppure, tantomeno, ha difeso un territorio che deve la propria distruzione a questo cancro che ha reso schiava la nostra bella isola.

L’ex senatrice leghista Angela Maraventano, che si difende: “Frase dettata dalla rabbia”.

E’ stata una frase infelice dettata dalla rabbia e dal momento terribile che sta vivendo il nostro paese ma io mi sono sempre battuta contro tutte le mafie, a cominciare da quella nigeriana”. Così l’ex senatrice della Lega ed ex vice sindaco di Lampedusa Angela Maraventano commenta all’ANSA le polemiche seguite al suo intervento choc a Catania, dal palco della manifestazione a sostegno di Matteo Salvini, sul fatto che “non esiste più la mafia ‘sensibile e coraggiosa’ di un tempo”. “Ho voluto solo scuotere le coscienze della gente – aggiunge – sul fatto che stiamo assistendo a una ‘invasione’ da parte dei migranti, con un governo complice. Ma tutto questo non vuol dire certamente che sono a favore della mafia, per me parla la mia storia”.

Una persona che ha rappresentato lo Stato come possa riproporre la trita favoletta della mafia buona? In questi anni abbiamo pianto decine di donne e uomini delle istituzioni, magistrati, giornalisti, sindacalisti, cittadini comuni uccisi da una criminalità organizzata che ha saputo solo seminare morte, sopraffazione e ingiustizia.

I familiari delle vittime di mafia rispondono con questo concetto: “Parli della ‘sua’ di mafia, quella che difendeva il territorio e mostrava coraggio e sensibilità e che certamente non ci appartiene, non è ‘nostra’. Quella che noi abbiamo conosciuto, purtroppo, è quella delle stragi, dell’uccisione di servitori dello Stato, del racket, dei traffici di droga e della morte di migliaia di innocenti, compresi i nostri famigliari”

 In tempi passati ho partecipato ad un incontro tra conoscenti con un politico catanese di alto rango e mi colpì un concetto o una battuta: parlando di mafia e di mafiosi disse che aveva ammirazione per l’autorità e il carisma di nitto santapaola. Questa battuta o concetto mi fece sobbalzare e pensare.

Nel nuovo panorama della strategia della Mafia, e tutte le organizzazioni criminali, hanno cambiato strumenti e obiettivi. Non serve più uccidere con le armi, ma c’è un’arma più potente: l’economia finanziaria e la compressione della democrazia per assoggettare o condizionare la politica. La mafia è un sistema di potere in antitesi con un potere legittimo e democratico quello dello Stato. Un tempo si è combattuto con le armi a fuoco e contro i rappresentanti dello Stato, oggi si usano le armi della finanza e della delegittimazione della Democrazia rappresentativa.

Parlando dell’Antimafia, ripropongo una riflessione che feci sul libro: il Padrino dell’Antimafia di Attilio Bolzoni. Ho avuto chiari due concetti: la mafia non si combatte con le fiaccolate o con le marcie, ma con un processo scientifico di contrasto con cultura e strumenti alternativi, così come la mafia è un sistema di potere scientifico. Volendo mutuare la filosofia di Hegel nella sua “Fenomelogia dello spirito” pone il problema del riconoscimento dell’Io come autocoscienza è la lotta a morte si accende proprio quando ciascun uomo o ciascun Io pretende di essere riconosciuto senza però voler riconoscere a sua volta l’altro. Il desiderio di riconoscimento porta con sé l’eventualità del conflitto: gli esseri umani possono rifiutarsi di riconoscere l’altro. Possono cioè restare indifferenti alla pressante richiesta di riconoscimento da parte.  «Io sono qui, tu sei lì».  È allora che metto seriamente a rischio la mia vita, pur di essere riconosciuto: «o mi   riconosci   o   ti   uccido»; oppure, «affinché   sorga   in   te   il   desiderio   di riconoscimento (quello stesso desiderio che nutro io nel mio intimo) sono disposto a mettere in pericolo la mia e la tua vita». 

La mafia ha questa sua condizione di riconoscimento nel conflitto della sua autocoscienza si pone in antitesi divenendo antimafia per affermare la propria coscienza del riconoscimento e ritrova la sintesi divenendo autocoscienza come mafia in un livello superiore come sistema scientifico. Questo è il teorema Montante come punta di un Isberg. Due ultime considerazioni. Dagli studi su J. Rawls e Amartia Sen: nella Teoria della Giustizia su due piani diversi son d’accordo nel sostenere che non sempre la Legalità converge con la Giustizia.


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