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Quel principio di crisi congelato dall'epidemia

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Ora la priorità è il coronavirus. Non è un caso che venerdì sia arrivato il monito del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “L’unità, la solidarietà e la fiducia nella scienza sono l’antidoto contro la paura”. E che il governo abbia accelerato sul nuovo dl, anche se quello più importante arriverà la prossima settimana e conterrà misure che vanno negoziate, dal punto di vista degli stanziamenti previsti, con l’Unione europea.

Insomma, continuare a parlare di ipotetici governi di scopo o di esecutivi di emergenza nazionale è fuorviante, occorre – il leit motiv nel governo e in tutta la maggioranza – pensare a come contrastare il diffondersi del disagio e coordinarsi con le regioni (in quelle non considerate ‘zone rosse’ dovrebbero riaprire le scuole). Ed ecco il motivo per cui nel Pd, nel Movimento 5 stelle ma anche in Italia viva si sottolinea che i venti di crisi difficilmente potranno tornare a soffiare prima di giugno.

La partita delle regionali

Prima, oltre alla necessità di rispondere all’emergenza sanitaria, ci sarà il referendum (l’obiettivo dell’esecutivo è al momento quello di confermare la data del 29 marzo) e poi le regionali. I partiti, anche se non hanno ancora presentato le liste, sono già in campagna elettorale e stanno definendo gli ultimi accordi. La prossima settimana nel centrodestra si dovrebbe accelerare per arrivare ad uno schema definitivo. Mentre Italia viva, riferiscono fonti parlamentari, sta trattando con il Pd per un’intesa che probabilmente non riguarderà le sole regioni di Veneto e Puglia.

In Liguria (c’e’ stato tra l’altro anche un incontro tra il vicesegretario del Pd, Orlando, e il reggente M5s, Crimi), in Campania e nelle Marche l’obiettivo è quello di trovare un’unità e presentare candidati alternativi a quelli del centrodestra. In Toscana i renziani già hanno l’accordo con il Pd con Giani e oggi sono scesi in campo per rafforzare la candidatura di Gualtieri alle suppletive di Roma.

Una rottura difficile da consumare

Certo, i nodi sul tavolo con Conte, non sono sciolti e dopo il coronavirus Italia viva tornerà a pressare il presidente del Consiglio ma tra i fedelissimi di Renzi c’è la convinzione che rompere sarà difficile, soprattutto ora che il Paese sta affrontando l’emergenza sanitaria e considerato anche il fatto che Fratelli d’Italia minaccia di presentare una mozione di sfiducia al governo e che la Lega intende mettere una data di scadenza ad un eventuale esecutivo di scopo.

Perfino la ‘grana’ Scalfarotto, con il sottosegretario agli Esteri che ha minacciato le dimissioni perché Di Maio non ha rispettato, a suo dire, i patti sulle deleghe, è stata per ora archiviata. In realtà da venerdì la tensione è risalita tra il Pd e il Movimento 5 stelle. Complice un intervento in Aula della pentastellata Scutellà che mentre si discuteva del dl intercettazioni ha rispolverato ‘Mafia capitale’ citando Buzzi e di fatto criticando il Pd.

Raccontano che alcuni ‘big’ dem, tra questi Fassino e Minniti, siano stati i più reattivi ad esprimere il loro dissenso. Ma tutto il gruppo parlamentare non ha nascosto l’irritazione per la dichiarazione di voto dell’esponente M5s. Altre fonti spiegano che l’ala ‘dialogante’ del Movimento 5 stelle sia intervenuta per rimarcare la distanza ed esprimere il proprio dispiacere per l’accaduto. Tuttavia per alcune ore nella chat dei deputati del Pd sono stati in tanti a rimarcare la necessità di una svolta sul fronte giustizia. “Questa è l’ultima volta – osserva per esempio una fonte dem – che siamo disposti a perdonare. Basta con questo atteggiamento giustizialista e con questa deriva identitaria”.

L’intervento della deputata M5s era in diretta tv e il sospetto tra qualche dem è che sia arrivato su input della comunicazione o di chi – nel mirino Di Battista o Casaleggio – voglia far saltare il banco. La Lega ha cercato di approfittare della situazione chiedendo il voto segreto, ma le assenze (soprattutto in FI, da qui il richiamo ai deputati della capogruppo Gelmini) hanno comunque fatto registrare uno scarto ampio tra maggioranza e opposizione. Con i renziani che per ora hanno abbassato i toni, in attesa di riprendere la battaglia sulla giustizia quando finirà l’emergenza coronavirus. Ad evitare il peggio è stato poi Sgarbi che con il suo attacco alla deputata dem Occhionero ha fatto sì che i rosso-gialli, nonostante i mal di pancia all’interno del Pd, si compattassero.

Sulla riforma della prescrizione si ritornerà a battagliare a fine marzo, quando in Aula è calendarizzata la proposta di legge Costa che punta a stoppare la riforma Bonafede. I dem chiederanno ora al ministro Bonafede di spingere affinché il ddl sulla riforma del processo penale che ha ottenuto il sì del Cdm e che contiene il cosiddetto ‘Lodo Conte bis’ venga incardinato in Commissione Giustizia di Montecitorio il prima possibile in modo da arrivare ad un primo via libera dell’Aula prima dell’estate. Ma, considerata la difficile situazione – sanitaria ed economica – anche un big di Italia viva sottolinea che, al di là delle critiche al premier Conte, le tensioni difficilmente potranno portare ad uno strappo.

Salvini però ancora punta a sostituire il presidente del Consiglio e – dicono i suoi – non mollerà la presa, contando sul sopporto delle categorie produttive che intende incontrare martedì a Roma.​

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Fonte: politica agi


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