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Quando si potrà andare a votare?

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Elezioni regionali, comunali e referendum sul taglio dei parlamentari in autunno. Manca ancora il via libera ufficiale del governo, ma è questa la strada che si va delineando, nel pieno dell’emergenza coronavirus e con un Paese di fatto bloccato dalle misure restrittive messe in campo per frenare il diffondersi del contagio. E resta in piedi l’ipotesi del voto in un’unica giornata, un election day in cui accorpare il referendum costituzionale al primo turno (o ai ballottaggi) delle elezioni locali.

La data, sia delle elezioni che della consultazione popolare, non è stata decisa e sarà scelta in accordo con le forze politiche, opposizioni comprese, e enti locali, nonché sentiti i comitati referendari, dopo un confronto che, però, non rientra al momento tra le priorità di palazzo Chigi. Prima, è la linea, bisogna affrontare le misure più urgenti, da quelle sanitarie a quelle economiche. Solo dopo, viene spiegato da fonti governative, si ragionerà con le parti interessate sulla data del rinvio delle urne. Che, comunque, si apriranno non prima del tardo autunno.

Le possibili date

Tra le ipotesi più probabili, anche per una questione di calendario e di prescrizioni di legge, nonché per consentire la campagna elettorale dopo la ripresa delle attività post ferie estive, il periodo più probabile sarebbe il mese di novembre.

Tra i partiti si ipotizzano già alcune date: domenica 8 e domenica 22 novembre per il secondo turno dove previsto (o anche domenica 15 e i ballottaggi il 29 novembre, o ancora domenica 25 ottobre e domenica 8 novembre per i ballottaggi). E tra le opposizioni c’è chi parla già di “ulteriore blindatura della legislatura” e, quindi, del governo. Ma nessuno, al momento, si spinge oltre, con parole che rischierebbero di rompere la ‘tregua’ da unità nazionale.

Difficile garantire la campagna elettorale

Ma che non fosse fattibile confermare le elezioni di primavera in 7 Regioni e in oltre mille comuni, tra cui anche capoluoghi di provincia, era ormai un dato di fatto, vista l’emergenza e l’impossibilità di fare previsioni sulla fine del rischio contagio. E, di fatti, il governo stesso osserva – nella relazione introduttiva che accompagna la norma sul rinvio, in forma di bozza, e che potrebbe approdare sul tavolo di una delle prossime riunioni del Consiglio dei ministri – che in questo momento “è difficile garantire l’ordinario e uniforme svolgimento della campagna elettorale su tutto il territorio nazionale”.

Quindi, nello specifico, si punta a prevedere la fissazione del referendum a 240 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza che lo ha ammesso. Si prorogano poi gli organi elettivi regionali di Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia (dove il voto era previsto quest’anno), stabilendo la scadenza del mandato in cinque anni e tre mesi. Si interviene sulla ‘forchetta temporale’ per elezioni dei consigli comunali, previste per il turno annuale ordinario, limitatamente al 2020, fissandola in una domenica compresa tra il 15 ottobre e il 15 dicembre 2020.

Confronto con forze politiche ed enti locali

Da palazzo Chigi spiegano subito che si tratta di una bozza, una semplice ipotesi. Nulla è stato deciso. Una cosa è certa, però: nessun rinvio del referendum al 2021, precisa palazzo Chigi, come qualcuno aveva paventato. L’ultima data utile per la celebrazione del referendum cadrebbe il 22 novembre 2020, si sottolinea. Quanto alla durata degli organi regionali – precisano ancora fonti di palazzo Chigi – potrebbe essere eccezionalmente estesa a 5 anni e tre mesi per le Regioni che scadrebbero a maggio (con una proroga di tre mesi rispetto alla scadenza ordinaria).

La durata degli organi regionali, in effetti, è di competenza statale e dunque spetta allo Stato intervenire in materia. Spetterà poi alle Regioni l’indizione delle elezioni sulla base della rispettiva legislazione che, se necessario, potranno provvedere a modificare, viene sottolineato ancora. E, comunque, viene assicurato, “qualsiasi scelta sarà assunta solo dopo avere consultato le forze politiche di maggioranza e di opposizione, nonché coinvolgendo le stesse regioni, nel pieno rispetto delle loro prerogative costituzionali”.

Il rinvio delle elezioni locali è una “ipotesi ragionevole”, commenta il costituzionalista dem Stefano Ceccanti. Che osserva: “Per le comunali la finestra 15 ottobre-15 dicembre sembra ragionevole perché consente alle forze politiche di presentare liste nella prima parte di settembre evitando agosto. Idem per la durata degli organi elettivi regionali, portata a cinque anni e tre mesi, in modo da rendere possibile l’abbinamento con le comunali; la stessa cosa per la possibilità di indire il referendum confermativo spostata fino a fine settembre, in modo da rendere possibile anche per esso lo svolgimento in autunno”, conclude Ceccanti.

Contrari all’election day i comitati ‘noi NO’: “Ci batteremo con ogni strumento che l’ordinamento ci mette a disposizione”.

Vedi: Quando si potrà andare a votare?
Fonte: politica agi


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